Ha usato toni morbidi e ha tenuto aperte (quasi) tutte le ipotesi che circolano sul matrimonio tra Unicredit e Mps. Nella conferenza stampa il sindaco di Siena Luigi De Mossi si è mostrato consapevole del ruolo non centrale che possono svolgere oggi le istituzioni senesi e la stessa Regione Toscana, ma è stato fin troppo remissivo e vago. È fondamentale che il Comune agisca come capofila di tutti i soggetti e di tutte le forze coinvolte in una vicenda al tempo stesso nazionale e europea, locale e sociale. Nessuno pretende che il primo cittadino agisca in solitudine e faccia miracoli ma è doveroso che si formi una rappresentanza larga in grado di far valere le sue ragioni. Come ci si può limitare a confessare che il sindaco chiederà un incontro al Ministero , ma non sa se gli sarà accordato?
Le questioni sul tavolo sono molte e non possono essere accantonate o ignorate badando solo alle esigenze di Unicredit e a logiche finanziarie. La più spinosa è certo quella degli esuberi ed è da risolvere con misura tutelando al massimo i diritti del personale. Si parla per Mps di circa 6000 prepensionamenti su base volontaria (modello banche venete). Al di là della cifra da precisare viene in primo piano un tema strategico: la riconversione su scala regionale di un’economia che si è troppo adagiata su rendite e consuetudini ritenute scontate. Fino a che punto la Toscana ha saputo nella sua interezza cogliere le opportunità del PNRR? E il Comune di Siena quale visione ha del futuro della città , dell’avvenire della Grande Siena esaltata a parole? Alle domande del mitizzato “territorio” come si intende rispondere? Un’ attitudine puramente difensiva non serve. E neppure progetti sporadici e dispersi. Anche per battersi contro la scomparsa, magari graduale, della presenza secolare del Monte non basta invocare la sopravvivenza simbolica del marchio. Occorre che l’antica banca conservi e aggiorni sue specifiche modalità operative su scala pure nazionale. Cioè che si inserisca in un contesto che non ne annulli l’identità . L’architettura da immaginare non sarà facile ma neppure è inconcepibile. Del resto già si discute su eredità e scopi confacenti al tradizionale insediamento di Rocca Salimbeni. Il Monte non può essere un supermercato dal quale comprare la merce che fa comodo. Ha ragione qui il sindaco quando dice che chiedere una congrua proroga dell’uscita del Tesoro alle autorità europee ha senso se essa è accompagnata da un piano industriale vigoroso e efficace. Se no sarebbe prolungare un’agonia . Se una convicente prospettiva sarà definita, i sacrifici che direttamente e/o indirettamente ricadranno sui cittadini saranno accettati. È positivo che in primo piano sia venuta l’idea (ancora da verificare ) di un’aggregazione al posto di un Monte stand alone ma per celebrare gli sponsali c’ è ancora molto da approfondire. E nulla è da escludere in via pregiudiziale. I realismo di cui c’è bisogno non può sorvolare su impegni anche etici. Non è il momento di individuare responsabilità e errori di valutazione rimettendosi a tracciare (semplificando per motivi elettoralistici) una storia tormentata. Ma prima di impiegare l’equivocabile e secco termine di “fusione” è onesto andarci piano. E inventare una realtà nella quale non si ignorino, o si dissolvano, conquiste raggiunte con passione e risultati da non consegnare agli archivi.
(questo articolo con il consenso dell’autore è ripreso dal “Corriere Fiorentino” del 3 agosto 2021
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