Firenze com’è: l’immagine è quella di una città schiacciata dal peso di un turismo senza qualità che produce degrado nel centro storico e mancanza di sicurezza per i residenti, sfregiandone l’immagine e offuscando le realtà positive che sono attive nella città.
Le prossime elezioni comunali appaiono importanti non solo sul piano locale ma come test nazionale, e condizionate dalla scelta del nuovo candidato delle forze che governano ininterrottamente la città da trent’anni: Su questi temi abbiamo rivolto alcune domande a Carlo Lancia, fiorentino, per trenta anni direttore di ANCE Toscana, un osservatorio privilegiato su Firenze e la Toscana
Prima di parlare del nuovo Sindaco, cosa pensi dell’ipotesi di un eventuale terzo mandato? Non mi paiono brillanti i risultati di questo secondo mandato (si era esaurito l’effetto Renzi del primo), si sono inseguiti i problemi a seconda degli accadimenti, non c’è stata una chiara strategia di lungo periodo per affrontarli, la vanità ha fatto premio sulla responsabilità come mostrano i rapporti direi di invidia col il Direttore degli Uffizi. Insomma il PD potrà anche candidarlo ma Nardella ha esaurito la spinta propulsiva.
Intanto bisogna che ci sia una modifica della legislazione nazionale che consenta un terzo mandato e non mi sembra che l’ipotesi trovi entusiastica accoglienza nei vari schieramenti; la mancanza di una strategia di lungo periodo è una caratteristica della classe dirigente italiana anche se a parziale discolpa bisogna riconoscere che gli ultimi anni si sono caratterizzati per continui fattori di incertezza che mal si conciliano con visioni di lungo periodo favorendo, ed in qualche caso imponendo, politiche di breve orizzonte. D’altra parte è anche vero che la qualità di una classe dirigente si vede nei momenti di incertezza e cambiamento e nella capacità di coniugare il “piccolo quotidiano” con i progetti del futuro, da questo punto di vista l’impressione è che l’amministrazione comunale, ma anche quella regionale, sia sovrastata dalla gestione delle emergenze quotidiane a scapito di altri progetti.
Dopo la premessa, tiremm innanz. Tracciamo un profilo di sindaco per Firenze dopo Nardella: quali doti, quali relazioni, quali competenze per misurarsi con una realtà complessa come quella fiorentina?
La scelta, per tutte le aree politiche, sarà tra scegliere un candidato comunque in continuità con il dibattito politico degli ultimi quattro anni, oppure uscire dagli schemi consolidati trovando figure esterne al mondo politico, tornando alla “moda” della società civile contrapposta alla politica. Quale che sia la scelta dovrà essere una persona con esperienza e competenza amministrativa perché ci si può improvvisare parlamentari ma non sindaco, dovrà essere anche una personalità autorevole in grado di governare senza la necessità di continue mediazioni all’interno di un partito e o coalizioni, nonché autorevole anche verso i territori in continuo conflitto. Questi requisiti sono comuni a tutti gli schieramenti, anche se per il PD la scelta si pone sicuramente in termini più complessi rispetto al rapporto con i territori visto il rapporto difficile con le amministrazioni contermini.
Come pensano di scegliere, gli attuali dirigenti del PD, il candidato in grado di resistere all’assalto da parte della destra a Palazzo Vecchio? Un candidato espressione dell’attuale maggioranza del PD piuttosto che un candidato espressione della società fiorentina: ricordo la scelta di Mario Primicerio nel 1994 prima della venticinquennale stagione di leader locali del partito scelto dai maggiorenti? Esiste un percorso alternativo in grado di mobilitare elettori stanchi e sfiduciati?
Credo di aver in parte anticipato la risposta, comunque Primicerio, che fu un notevole amministratore, venne scelto in un momento di totale disarticolazione dei partiti storici e di sfiducia nei confronti della classe politica, ora il momento è diverso, non perché sia tornata la fiducia, ma perché abbiamo un sistema dei partiti comunque, anche se diversamente, strutturato e, aggiungo, litigioso. Il percorso alternativo potrebbero essere le primarie, ma in ogni caso andrebbero programmate fin da ora così da non dare l’impressione di una soluzione di ripiego dell’ultimo momento scelta per superare la incapacità decisionale della dirigenza del partito.
Con quale schieramento si andrà al voto a Firenze: si riproporrà a livello locale la corrispondenza di amorosi sensi tra Schlein e Conte aperta caso mai con aggiunta di strapuntino per Calenda e chiusura netta a Renzi, come chiede Enrico Rossi?
L’evoluzione dei rapporti tra i partiti a livello nazionale, che avrà sicuramente riflessi a livello locale, e il tempo che ci separa del voto suggeriscono prudenza su previsioni in materia di alleanze, la situazione è e sarà in evoluzione nei prossimi mesi, non mi sento di esprimermi.
Non sarebbe nell’interesse della città, una città in evidente stato di sofferenza, una apertura alla ricca trama organizzazioni ed associazioni da quelle datoriali ai sindacati, dal volontariato al terzo settore alla trama di realtà operanti in campo culturale senza una pretesa egemonica della politica tout court? Troppo spesso se n’è fatto uso strumentale, con personalità coinvolte per raccogliere consenso ma scaricate appena si son provate a manifestare disagio e dissenso?
Il mondo delle associazioni è estremamente variegato e non sempre a mio avviso, veramente rappresentativo, così come non sempre portatore di istanze positive, pensiamo al ricorso, poi respinto, di una associazione ambientalista che bloccò per mesi la riqualificazione edilizia. Perché il rapporto possa essere positivo occorre che siano ben chiari i rispettivi ruoli e confini, appunto niente egemonia della politica alla ricerca di consenso ma nemmeno spirito ostruzionistico da parte delle associazioni o loro pretesa di essere rappresentanti dell’interesse generale, il confronto deve servire ad aiutare l’amministrazione implementando il suo quadro conoscitivo ma la responsabilità ultima deve essere della politica. Una attenzione specifica deve essere indirizzata alle realtà operanti in campo culturale che a Firenze sono molte ed autorevoli, laddove l’amministrazione può senza violarne l’autonomia, cercare quanto meno di costruire delle sinergie.
Di solito i programmi sono un elenco di buone intenzioni che restano sulla carta: dovesse essere Carlo Lancia il candidato quali sarebbero le priorità sulla quale impegnarsi per arrivare a concreti risultati e segnare un cambio di passo per Firenze? Per superare la cultura della paura, del NO a prescindere che blocca qualsiasi intervento che alteri la realtà? Per sbloccare una città che vive di rendita.
Partiamo dal presupposto che “combattere la rendita” non è cosa facile al di la delle buone intenzioni, ci provano in molti ci riescono in pochi; Giolitti e Nathan ( a proposito di sindaci ) dovettero di fatto abbandonare i progetti di limitazione della rendita fondiaria nella Roma dei primi del ‘900. Nel caso di Firenze siamo in presenza di una rendita di posizione legata al turismo, fenomeno partito da Venezia, arrivato a Firenze e che si sta estendendo anche oltre le tradizionali città d’arte; senza una legislazione nazionale specifica ogni soluzione locale rischia di essere normativamente debole. Credo in primo luogo che Firenze debba riprendere il controllo sulla destinazione delle aree pubbliche e sulla qualità progettuale degli interventi urbanistici avendo il coraggio di puntare sulla residenza in luogo delle solite destinazioni culturali/museali o ricettive. Le varie amministrazioni hanno perso anni in concorsi su Sant’Orsola con soluzioni fantasiose, perché non pensare ad una casa dello studente vera? A proposito di studenti, mi risulta ma spero di sbagliarmi, che la Toscana non abbia presentato alcun progetto di edilizia per studenti nell’ambito del PNRR.
A proposito di interventi di rigenerazione urbana, è sintomatico di una mentalità, il fatto che anche in presenza di interventi di alta qualità la città non ne parli; pensiamo al recupero della Manifattura Tabacchi, (intervento indubbiamente costoso) progetto di cui tutte le città sarebbero orgogliose e che qui viene quasi nascosto.
In sintesi il cambio di passo si potrebbe avere con una forte programmazione delle tante aree pubbliche dismesse.
Fondamentale poi il rapporto con le Università ed il sistema produttivo, l’area fiorentina è un’area industriale e tale deve rimanere rafforzandosi, il pericolo è che la rendita turistica finisca con il far pensare che l’industria sia inutile o dannosa.
Mi ha colpito l’entusiasmo di qualche mese, fa alla notizia che non so quale istituto di formazione svizzero avrebbe aperto a Firenze una “super scuola” alberghiera, io vorrei che qualche istituto di ricerca straniero aprisse a Firenze un centro di formazione sui computer quantistici.
Una ultima domanda: pare scomparso in questi anni il tema del rapporto tra Firenze e la Toscana, è una questione sorpassata, vecchia o è un tema da recuperare? e se sì, sotto quali aspetti? A Firenze, per le sue élite quello che conta è ciò che avviene all’interno dei viali di circonvallazione, sulle mappe al di fuori di quell’anello sta scritto HIC SUNT LEONES… Mi rattristo a pensare alla città metropolitana, alla integrazione dei territori oggi quando i villici che si recano al lavoro a Firenze con i pullman, il mezzo di trasporto collettivo, vengon fatti sbarcare a Viale Guidoni e caricati sulla tramvia.. Tu che fai vita da pendolare, sai cosa comportano queste rotture di carico.. ma così facendo, il mezzo privato scorre meglio sui viali …
Il tema non è scomparso perché non è mai apparso. Firenze a differenza di Bologna o di Venezia, per rimanere in aree consimili, non è percepita come capoluogo di Regione né l’istituzione dell’ area metropolitana ha modificato la situazione. Manca lo strumento fondamentale di governo dell’area, un piano urbanistico, che manca anche se restringiamo il confine all’area fiorentina in senso stretto nonostante che la legge regionale urbanistica favorisca l’approvazione di piani intercomunali; certo esercitazioni culturali ce ne sono state, pensiamo al piano Firenze Prato Pistoia degli anni ’70, ma furono appunto esercitazioni accademiche.
Il rapporto Firenze/Area Metropolitana/Regione è il cuore di tutto.
Un grande fiorentino Giovanni Spadolini, parlava di “Firenzina”, appunto un approccio una mentalità, una cultura per cui il mondo finisce ai viali, atteggiamento che paradossalmente l’eccesso di turismo rischia di rafforzare per cui Firenze è dove c’è un turista che mangia una famosa schiacciata e compra una statua di plastica del Davide.
Anche il “ contado” ha però le sue colpe confondendo le beghe della politica e delle sue correnti con l’interesse generale della Regione, la vicenda dell’iter della nuova pista del Vespucci è da questo punto di vista emblematica.
Manca la percezione che nel mondo interconnesso di oggi e in un’economia che è comunque aperta anche se meno globalizzata, anche a livello territoriale non ci si sviluppa da soli all’interno del proprio confine.
A proposito di tramvia, penso sia l’investimento più significativo realizzato nell’area in questi anni, un elemento di integrazione territoriale che andrà ulteriormente esteso e di cui la città, inizialmente scettica come solitamente, debba essere grata a Giuseppe Matulli e Simone Gheri rispettivamente vice sindaco di Firenze e sindaco di Scandicci negli della sua progettazione. Non ho un giudizio negativo sul nuovo assetto della rete di trasporto purché il sacrificio richiesto con lo scambio gomma/tram serva a migliorare il trasporto urbano complessivo nelle zone non servite dalla tramvia.
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