In epoca di partiti leaderistici; di “capi soli al comando” con l’ambizione dei “pieni poteri” e di elaborazioni politiche espresse con l’esibizione di felpe o la diffusione di cinguettii, l’annuncio di direttori o segreterie politiche a cui affidare la reggenza o delegare la definizione della linea politica appare la solita boutade; l’usato – stucchevole- escamotage per “passà ‘a nuttata” di tornate elettorali non proprio positive.
Eppure questa volta l’annuncio sembra avere qualcosa di inusuale, di ultimativo, persino, di drammatico!
E se per il Movimento 5 Stelle il passaggio da un organo collegiale di comando appare una inderogabile necessità per giungere ad un congresso senza imbarazzanti scissioni o tragiche rese dei conti, l’annunciata volontà del Capitano leghista (uomo al comando per antonomasia) di circondarsi di una segreteria politica (roba impensabile fino a pochi mesi fa) lascia trasparire tutta la “gravità del momento”; tutta l’angoscia che si respira in via Bellerio.
Al di là delle frasi fatte e al netto della realtà dei numeri che attribuisce al centrodestra la guida di 15 regioni su 20 ed alla Lega un numero sempre crescente di consiglieri regionali, Matteo Salvini ha accusato duramente la bordata della lista Zaia e, ancor di più, lo smarcamento dalla linea del capo del suo ex sodale Giancarlo Giorgetti: uomo delle mille stagioni (e perciò assai “pericoloso”) con ottime entrature presso molti Palazzi di qua e di là dal Tevere.
Segnali di un serpeggiante “libera tutti”; di una latente volontà di affrancamento da una nave senza rotta ed in balia delle “procure” (non solo per il caso Gregoretti).
Ecco lo scoglio su cui potrebbero infrangersi le mire salviniane e, più in generale, le ambizioni leghiste. Il vero ostacolo al quale opporre “un cordone di sicurezza”; uno scudo politico per tentare di evitare il peggio.
Un’unica preoccupazione sembra celarsi dietro il costituendo “fortino verde”; il timore (percepito sempre più come una incombente realtà) del Capitano di restare solo!
Paura esorcizzata da una eccezionale “chiamata alle armi” non solo dei fedelissimi (che ovviamente costituiranno la maggioranza della segreteria politica) ma anche degli “avversari” interni. Una “furbata politica” (quella del direttorio) per coinvolgere e compromettere tutti; per investire “amici” e non della responsabilità delle sorti della nave nell’ora che appare più buia.
Una trovata assai astuta per fronteggiare -da un lato- l’inevitabile eco mediatica dei processi (la segreteria politica avrà infatti il compito di escogitare proposte dal forte impatto sociale capaci di “bucare lo schermo” e travalicare la voce delle aule giudiziarie) e -dall’altro- togliere ogni credibilità e forza ad eventuali malintenzionati interni.
Tutto sembra essere stato pensato, calcolato e studiato nei minimi particolari. Rimane un’unica incognita (che potrebbe rivelarsi il vero grande nemico del Capitano): il tempo!
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