In questo periodo di crisi dei partiti e mentre si auspica, e sono d’accordo, una sorta di federazione che raggruppi i partiti riformisti, liberali ed europei, si evoca spesso la parola “centro”.
E’ opportuno dire che il “centro” in un sistema politico quale quello italiano non esiste come posizione politica autonoma, ma si deve coniugare con il possibile alleato di sinistra o destra. Infatti se anche un ipotetico elettore dovesse essere attratto dalla definizione di “centro” con cui un partito politico si potrebbe definire, questa sarebbe in realtà una finzione. Infatti sia in un sistema elettorale proporzionale che in un sistema elettorale maggioritario, il supposto partito di “centro” dovrebbe decidere se allearsi con lo schieramento di destra oppure con quello di sinistra.
Nel caso di una legge elettorale di tipo proporzionale lo schieramento di “centro” avrebbe molto probabilmente maggiori possibilità di esprimersi e di raccogliere voti. Ma al di là di questo vantaggio, certamente importante, si troverebbe a decidere dopo il voto con quale forza politica di sinistra o di destra schierarsi per governare o per stare alla opposizione, a meno di scegliere di porsi all’opposizione in modo autonomo. Ma ancora una volta anche la posizione autonoma sul fronte nazionale sarebbe sottoposta ad una scelta di campo: infatti in un sistema politico europeo sempre più connesso, si dovrebbe decidere a quale partito europeo aderire. Come si vede la scelta di uno schieramento sarebbe ineluttabile.
Nel caso di un parlamento eletto con legge proporzionale l’autonomia politica potrebbe essere sostenuta in un unico caso, quando cioè il partito di “centro” o la federazione di “centro” raccogliesse tanti voti da essere essa stessa maggioritaria o comunque con una percentuale di voti tale da essere l’unico perno possibile di una alleanza di governo. Allo stato attuale della politica italiana mi sembra una possibilità molto remota. Di fatto in Italia tale evenienza avvenne solo con la DC alla fine degli anni ‘40, che ebbe modo di avviare la stagione dei governi centristi, stante anche l’allora impraticabilità della destra post-fascista e della sinistra comunista. Stagione che durò fino all’inizio degli anni ’60 con la crisi del governo Tambroni e l’avvio della stagione del centrosinistra.
D’altra parte con una legge elettorale di tipo maggioritario, puro o corretto, la scelta di campo sarebbe ancora più ineluttabile dovendo essa avvenire prima delle elezioni e costringendo ad una alleanza molte volte anche con forze politiche molto distanti tra loro e vincolate solo dall’interesse elettorale.
E’ quindi evidente che prima di affrontare il tema di quale alleato è compatibile con una forza politica di “centro”, si tratta di constatare l’inevitabilità di una scelta, che comporta l’affermazione dei valori politici che si esprimono e sulla loro compatibilità, nonché sui programmi e sulla visione dello sviluppo del Paese.
Voglio sgomberare il campo anche da un’altra suggestione che serpeggia soprattutto tra coloro che appartengono a forze numericamente minori, ed è quella di immaginare un partito che si ponga genericamente al “centro” e poi in sede di elezioni amministrative locali scelga di volta in volta con quale alleanza collocarsi, a volte con l’alleanza di centrosinistra, a volte con quella di destra. Soluzione tecnicamente possibile ma che offre all’elettore un elemento di estrema confusione e che condanna questo stesso partito ad una scelta, o essere irrilevante sul piano nazionale stante la sua inaffidabilità politica o scegliere con quale schieramento stare. In sostanza anche in questo caso una scelta politica è necessaria se non si vuole essere percepiti solo come una effimera presenza “locale”.
E’ bene allora che, se si immagina di dare vita a quello che alcuni giornalisti hanno chiamato il partito “che non c’è” e che potrebbe nascere anche sulla positiva esperienza di Calenda a Roma, ci sia chiarezza nei confronti degli elettori e degli iscritti e simpatizzanti dei partiti e dei movimenti politici che dovrebbero comporre questo “polo”.
Secondo la mia opinione, In questo momento, vi sono discriminanti nette che portano ad escludere qualsiasi tipo di alleanza politica con chi non è europeista convinto, ovvero con chi non crede nei valori di un progetto politico federativo dell’UE e con chi è lontano dall’economia di mercato e nello stesso tempo con chi non condivide le scelte di welfare che l’UE ha fatto e per le quali l’Italia si è battuta.
Non ci è possibile dunque guardare ad una alleanza con le forze sovraniste che guardano ad Orban e si mettono a fianco della Polonia nella sua sfida alla UE. Ma non ci è neanche possibile pensare ad una alleanza con l’estrema sinistra contraria al mercato e al populismo confuso e antisistema che viene di volta in volta invocato da capi e capetti o ex capetti della galassia del movimento 5 stelle.
Ci troviamo di fronte ad un percorso difficile ma che va avviato rapidamente per dare consistenza e voce ad una rilevante parte di cittadini italiani che si trova nella apparente contraddizione di essere soddisfatta dalla concreta e pragmatica azione del governo Draghi, sempre più riferimento europeo, e la crescente insoddisfazione per una offerta politica confusa e molto spesso lontana dai reali problemi del Paese.
Per fare questo è bene pensare che non si può illudere gli elettori fantasticando per un “centro” irrilevante ma per una alleanza con tutti coloro che si sentono vicini al cammino verso l’Europa federale e che in questo momento non può prescindere dal PD ma che deve guardare anche a quella parte di Forza Italia che non si riconosce nella alleanza con la destra sovranista come dalla ultima intervista di Brunetta. Ovviamente se queste posizioni saranno mantenute.
(Questo articolo con il consenso dell’amministratore del blog è ripreso dal sito www.ilmigliorista.eu)
Beppe Merlo
Riflessione intelligente e condivisibile. Nel nostro Paese, il centro, da punto di garanzia degli equilibri ideologici e geopolitici di schieramento in Occidente, con lo scemare del pericolo Comunista, si e’ via via andato a consolidarsi come il ‘luogo di potere politico’ di composizione e salvaguardia degli interessi delle varie corporazioni. La DC fu l’Alta Camera della Composizione degli interessi e il Parlamento la Camera Bassa o quella degli interessi residuali o localistici.
Ridefinire cosa voglia o debba essere il centro nel Paese delle Corporazioni e’ cosa giusta e doverosa, per ora pare solo un esigenza tattica, di fronte alle scadenze , dove l’Occidente diventa la UE, e il pericolo e’ il nazionalismo, oppure il tentativo di spinta a sinistra e sia destra per creare uno spazio da riempire, concordo con Visco Gilardi , pare un po’ poco. Calenda non e’ un post democristiano, Renzi si.