Gli atti terroristici in Francia colpiscono duro. Sono atti disumani che ci ricordano come non tutti i musulmani ma una parte significativa di quel mondo odia l’Occidente. Con le sue libertà, col modello di vita e con i costumi che derivano, certo con tanti altri filoni culturali e filosofici, direttamente dai grandi principi affermati dalla Rivoluzione francese. Certo odiare l’occidente non porta per la gran parte di quel mondo al terrorismo. Ma è sicuramente un “brodo di cultura” di quell’estremismo che insanguina l’Europa e la Francia in particolare con sempre nuove azioni di terrorismo.
La Francia perché è uno dei grandi paesi dell’Europa storicamente coinvolto, anche con approcci di tipo coloniale, con quel mondo, perché ha una società multietnica da lungo tempo con tutte le criticità che questo comporta e poi anche per l’aria di libertà individuale, un po’ “sbarazzina e dandy” per alcuni versi, che si respira nelle grandi città del paese.
L’ironia, la libertà individuale, il dandysmo, l’autonomia delle donne, l’emancipazione sessuale e dei costumi sono certamente caratteristiche marcate e specifiche del paese che creano più di un imbarazzo in una certa cultura tradizionale ed estrema del mondo musulmano.
Lo scontro di questi giorni fra Erdogan e Macron, nato in maniera episodica dall’ennesima vignetta satirica di Charlie Hebdo, rappresenta in maniera plateale quello scontro.
La Francia è chiamata ad un grande tema: come far convivere queste due anime, che oramai sono connaturate al proprio sistema sociale e culturale di paese multietnico e multireligioso, senza acuire le contraddizioni che anche questi episodi si violenza non possono che fare emergere nella loro crudezza.
Macron è intervenuto in maniera netta, con un alto profilo politico, a difesa della cultura libera e libertaria della Francia. Ha fatto bene. Le contraddizioni reali non si superano con l’appannamento della propria cultura. Si tratta di vedere ora su quali presupposti, che devono essere culturali ma anche economici e sociali, se e come la Francia sarà capace di portare più avanti il “melting pot” che da tempo la caratterizza.
La Francia è più avanti, in tutti i sensi, dell’Italia. Queste contraddizioni che oggi emergono in tutta la loro rilevanza in Francia domani, direi già oggi, interesseranno anche il nostro paese. Per questo faremo bene a seguire le vicende oltralpe.
In Italia la gestione dell’immigrazione è quanto di più casuale si potrebbe avere. Non c’è un piano serio di integrazione e non c’è neppure un piano serio e controllato di gestione dei flussi di ingresso.
Sembra tutto un po’ casuale ed eterodiretto. Si prende quel che viene sperando che sia utile alla nostra economia e che non sia troppo stridente con la vita delle nostre comunità. Entri chi vuole e poi sparpagliamoli un po’ dappertutto così che diano meno nell’occhio. Una politica che in caso di ingressi limitati ha una sua tenuta, ma che diventa più difficile quando i flussi in ingresso tendono a crescere e a creare problemi di inserimento.
Da tempo si dice basta con l’immigrazione clandestina. Perché crea problemi nell’inserimento, non dà alcuna opportunità di scelta e più che altro perché sorregge un’economia mafiosa che si arricchisce con la gestione dei flussi. Si dice. Ma basta che al di là del mediterraneo qualcuno decida di ampliare i flussi e l’Italia diventa, per terra e per mare, un paese senza confini.
E questo è un problema non irrilevante. Perché crea sconcerto nella comunità nazionale. Rafforzando politicamente e culturalmente quei movimenti e partiti che sono contrari all’immigrazione “tout court” e mettendo in difficoltà i sostenitori seri, non ideologici, di una società multietnica, multireligiosa e multiculturale.
La notizia che l’attentatore di Nizza è per l’appunto un immigrato sbarcato a Lampedusa, riconosciuto non avente diritto all’ingresso nel paese, con il foglio di via (peraltro rilasciato dalla Croce Rossa e non dalla autorità giudiziaria?) e arrivato attraverso chissà quali percorsi in Francia mette in cattiva luce l’Italia. E dice molto della nostra incapacità a trattare con serietà e rigore il fenomeno dell’immigrazione clandestina.
E allora insieme alla Francia, e speriamo insieme a questa “nuova Europa” che non sembra più in mano ai burocrati di Bruxelles come purtroppo accadeva fino a poco tempo fa, l’Italia deve lanciare una proposta alta. Non un “escamotage” per far entrare flussi clandestini e poi spanderli un po’ qua e un po’ là in Europa ma per mettere fine agli ingressi illegali e creare invece dei corridoi legali in grado di far entrare sotto controllo chi ha diritto e chi ha merito per entrare. E non chi ha soldi e canali giusti, di solito mafiosi, per arrivare in Europa.
E come bloccare i flussi clandestini senza ricorrere al “metodo salviniano” della chiusura dei porti che non si interessava minimamente della fine che facevano quei “poveri diavoli” sui barconi? Con un abbassamento del livello di umanità di gran lunga sotto il minimo richiesto dall’appartenenza alla cultura umanistica e giuridica dell’occidente.
L’unica strada percorribile è quella di cominciare, e continuare poi per lungo tempo, a dare messaggi “chiari e forti” che il corridoio illegale viene chiuso. Non facendo affogare nel mediterraneo coloro che tentano in qualche modo di entrare ma, dopo averli accolti, rimandandoli indietro dopo aver verificato l’assenza di diritti internazionali.
I paesi non firmano accordi per riprenderli? È qui che entra la nuova Europa. Con la sua forza e la sua autorevolezza. La firma di accordi per il rimpatrio dei propri cittadini usciti illegalmente dovrà diventare un elemento premiante per accordi di cooperazione con l’Europa e per il sostegno economico e finanziario di progetti di sviluppo in quei paesi. Inoltre sulla base di tali accordi potranno essere aperti corridoi legali, gestiti con i paesi di provenienza, in grado di alimentare una immigrazione controllata e ordinata secondo le esigenze e le possibilità di inserimento nei paesi di ingresso.
E’ certamente una strada difficile e lunga. Ma la strada del accettazione senza regole e senza controllo delle attuali modalità di gestione dei flussi non può durare ancora. Il messaggio che l’Europa sceglie un’altra strada deve arrivare nei territori oltre il mediterraneo. E deve essere un messaggio di apertura, di solidarietà e di rispetto di culture e religioni diverse ma dentro un quadro di legalità e di altrettanto rispetto della cultura delle comunità ospitanti.
Certo il caso di un immigrato sbarcato a Lampedusa, invitato ad andarsene dal paese e poi ritrovato autore di un atto efferato e vigliacco in Francia non può essere considerato che un caso particolare. Ma vorremmo che si cominciasse, proprio partendo da questa negativa particolarità, a trovare altre strade di governo dell’immigrazione in Italia e in Europa. È il momento giusto per farlo.
Emanuela
Sottoscrivibile punto per punto.
Un’analisi corretta e ideale.
Solo uno Stato forte e senza ipocriti buonisti potrebbe realizzare questo progetto, considerando anche chi si oppone e chi ha mezzi e uomini per farlo, tipo le mafie, quella nostrana e quella nigeriana.