Al di là delle chiacchiere, in questa fase di crescita post-pandemia (ma in parte anche prima), non c’è disoccupazione in provincia di Firenze. A fine 2021 si era al 6.4% (meno di Milano che era al 6.6%: e ho scritto Milano!) e da allora l’occupazione è ancora aumentata (si consideri che tassi del 3-4% sono il minimo compatibile con un minimo di mobilità del sistema economico).
In un contesto del genere, quando ogni volta che si apre il giornale si legge di settori non solo del terziario ma anche industriali che fanno fatica a trovare i dipendenti che cercano, fino a quando istituzioni e informazione continueranno a dare spago al Collettivo di fabbrica dei lavoratori ex GKN (ora Qf) che continuano a “lottare” non per il lavoro ma per QUEL LORO specifico posto di lavoro, a spese della collettività e delle altre imprese (sono in cassa integrazione)?
Peggio: pretendono, senza che nessuno abbia la voglia (non credo che sia necessario il coraggio) di obbiettare alcunché (perfino la moderatissima NAZIONE ne registra le parole d’ordine senza la benché minima osservazione critica), di farsi finanziare, sempre da noi altri tutti (cioè a spese dello Stato), direttamente o tramite la mitica Invitalia (ancora roba pubblica), un fumosissimo progetto di, cito, “fabbrica pubblica e socialmente integrata”?
La storia è nota almeno a Firenze e in Toscana. La proprietà Melrose decide di chiudere la sua fabbrica Gkn. Consuete e inizialmente comprensibili reazioni. Cori di indignazione perché la fabbrica funziona e produce e vende (dice: non chiaro perché la si voglia, allora, chiudere; ma tant’è). Agitazione. Manifestazioni. “Tavoli”. Classico intervento di un salvatore, presentato come “esperto di salvataggi industriali” (ovviamente con sostegno pubblico, cioè a spese nostre), signor Francesco Borromeo. Ma, nonostante un “piano da 82 milioni” benedetto dal MISE (il “tavolo”), il salvataggio pare risultare difficile e la cosa non sembra andare avanti. Forse certi vantaggi o benefici pubblici non sono stati definiti e assicurati…
Quello che va avanti è però l’incessante campagna del Collettivo: gente in gamba, grande capacità di mobilitazione, veri professionisti, grande presenza mediatica, grande presenza in scuole e università, teatri e luoghi pubblici. Invenzione e pratica per tutt’Italia dell’”Insorgiamo tour”, con annessi e connessi. E in queste ore, blocco della fabbrica (contro la proprietà che diceva di voler ritirare “materiale ferroso”) all’insegna del: “è una provocazione, sarebbe l’inizio della fine, sarebbe la smobilitazione”) con coinvolgimento di studenti universitari (importati i piccoli rivoluzionari della Sapienza di Roma per un incontro a UNIFI) e annuncio di “mobilitazione delle scuole di ogni ordine e grado”: tutte attività legittime, magari intrinsecamente e dichiaratamente politiche di stampo rivoluzionario (v. la loro pagina FB: https://www.facebook.com/coordinamentogknfirenze/).
Ripeto, a scanso di equivoci: blocchi a parte (non parlo neppure del marginale diritto di proprietà, che ancora la stessa Costituzione tutela, pur nei limiti della sua funzione sociale), tutte attività legittime.
Ma il punto è: perché a spese nostre? perché si dovrebbe spendere un solo euro di danaro pubblico per difendere NON IL LAVORO, ma un imprecisato numero di singoli posti in uno quel certo stabilimento solo perché alcune persone non intendono cercarsene un altro, in un contesto che non è una disperata provincia del Sud e nel quale il lavoro c’è, eccome? Perché mai dovrebbe farsi carico la collettività di alimentare questi pur rispettabilissimi “insorgenti” della ex GKN? E perché mai politica e informazione li assecondano senza il minimo vaglio critico?
Alessandro Petretto
Impeccabile ricostruzione di una disdicevole vicenda tutta italiana che vede destra e sinistra a braccetto per l’obbiettivo di “salvataggio” di un’impresa che non è più tale nel momento in cui vuole diventare fabbrica pubblica e socialmente integrata. L’articolo ben si collega al precedente sulla distorta informazione sindacale sull’andamento dell’economia. E qualcosa di analogo si potrebbe avanzare anche sul dilagare della povertà. Un’economia drogata dai sussidi e dai salvataggi illusori a spese del fisco non ha futuro.