Auguriamoci, per il bene dell’Italia, che il governo possa raggiungere tutti i traguardi richiesti dal PNRR per l’anno 2022, ma certo chi reputa l’Esecutivo guidato da Mario Draghi più forte impone un azzardo alla propria onestà intellettuale.
Mezza classe politica, per non dire tutta, esce a pezzi dalle vicende che hanno segnato l’elezione del nuovo/(vecchio) Presidente della Repubblica. Vicende che, peraltro, hanno coinvolto -e non per caso o solo di riflesso- l’illustre inquilino di Palazzo Chigi che, stando alle voci bene informate, avrebbe addirittura preso parte attiva sia nel porsi di traverso a candidature anche assai autorevoli, sia nel vestire i panni del kingmaker per il Mattarella Bis.
Ma c’è di più. Alla frantumazione dell’arco parlamentare si sommano sia i malumori interni al Consiglio dei Ministri di cui lo strappo palesato dalla delegazione del Carroccio (Gianfranco Giorgetti assente e Massimo Garavaglia con Erika Stefani astenuti) sulle nuove anti-pandemia per la scuola, ne sono solo un amaro aperitivo, che -cosa assai sottovalutata- appuntamenti alquanto scivolosi per la stabilità di governo a partire dalle elezioni amministrative di primavera banco di prova decisivo per alcune leadership (Matteo Salvini e Giuseppe Conte tanto per non fare nomi).
Pietanze con il contorno dei referendum sulla giustizia: sale sulle ferite vive del Movimento 5 Stelle per giungere -infine- ed una finanziaria (che inizia con il documento di Economia e Finanza di metà anno) da assalto alla diligenza: vero inizio della campagna elettorale per il voto della primavera 2023.
Insomma un “anno dei lunghi coltelli” che rischia di fare a pezzi molti degli auspici e delle speranze che con la salita di Mario Draghi a Palazzo Chigi si erano -forse troppo precipitosamente- levati in coro.
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