E’ bonaccia apparente quella che regna sul mare della politica, Dopo due governi che si sono susseguiti l’un l’altro con maggioranze assolutamente opposte ma capaci di sentirsi rappresentate dallo stesso premier – Giuseppe Conte, un contemporaneo esempio di Misirizzi, oggi verso una terza reincarnazione – i partiti hanno dovuto ingoiare, con l’eccezione di Fratelli d’Italia, il rospo del governo Draghi, un governo del Presidente di alto profilo, non soltanto sotto il profilo tecnico, che gode di un grande prestigio internazionale.
A Draghi è stato affidato il compito difficile di mettere in sicurezza gli italiani dal contagio da Coronavirus 19, di assicurare tutele economiche ai più deboli e ristori alle attività economiche fiaccate dalle prolungate chiusure e soprattutto predisporre e fare approvare dal Parlamento il Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza e le connesse regole di governance e le riforme indispensabili richieste dall’Europa.
Con il minimo sindacale di negoziazione e mediazione politica, questi obiettivi sono stati conseguiti: tuttavia sotto la superficie del mare, apparentemente appena increspata da refoli improvvisi di brezza che presto si calmano, si muovono fortissime correnti sottomarine che esprimono tutta la loro insofferenza per l’attuale assetto del governo.
Tanto più cresce questa insofferenza quanto più avanzano i progetti di riforma che costituiscono parte integrante del Recovery Plan, dalla giustizia al fisco, dalla pubblica amministrazione alla semplificazione ed alla concorrenza.
Sono tutte riforme che minacciano identità politiche della strana coalizione di governo: quelle costruite sul giustizialismo come per i Cinquestelle, quella assistenzialistico- statalistica del PD segnando il ritorno alle origini rivendicazionisti di questa forza nata con ambizioni di governare la modernità e le sue sfide, sul versante del centro destra l’unica preoccupazione della Lega è sopravvivere alla concorrenza del partito di Giorgia Meloni, senza riuscire ad intestarsi una convinta proposta di modernizzazione del paese su un versante di maggiore libertà economica, con l’agitazione anti-migranti che ad oggi si è sgonfiata. (ma nulla impedisce il suo rinfocolarsi).
Pochi e dispersi sono i sostenitori convinti del governo, sostanzialmente i reduci del grande tentativo di cambiare il paese proposto da Matteo Renzi, sconfitto nel referendum (rapidamente abbandonato da tanti suoi generali che hanno cambiato bandiera dalla sera alla mattina)).
Nel paese si è giocata poi una partita tra garantiti e non garantiti che hanno visto i primi (lavoratori privati a tempo indeterminato, pubblico impiego, pensionati) vincere a man bassa, forti del sostegno di sindacati arroccati nella difesa a oltranza dell’esistente ed incapaci di proiettarsi verso il futuro, incapaci di difendere il lavoro delle donne, incapaci di promuover il lavoro dei giovani nelle nuove modalità in cui si esplica nel cambiamento tecnologico e ssociale in atto.
Succede ora che il 4 di agosto prossimo scatterà il semestre bianco durante il quale al Presidente della Repubblica in carica è proibito sciogliere il Parlamento: normale fisiologia della vita democratica della repubblica in una situazione di normalità, con le forze politiche che hanno votato il governo Draghi lealmente impegnate, come impone un normale grado di responsabilità civile e politica, nel dar rapidamente corso alle riforme progettate senza snaturarle ed alla implementazione del Recovery Plan
Ma l’Italia non è un paese normale, soprattutto nulla vi è di normale nei partiti politici attuali. Il timore è che con il 4 di agosto inizi per molti se non tutti questi partiti una ricreazione disordinata, destinata a durare sei mesi, durante la quale ciascuno vorrà piantare bandierine, affermare il proprio potere di interdizione rinviando nel tempo provvedimenti scomodi per la propria base elettorale, col il rischio di incidente parlamentare, possibile in qualsiasi momento, che ci consegnerebbe un governo in carica depotenziato.
Vano è far conto sulla minaccia che l’Europa poi non eroghi le risorse promesse: secondo la consuetudine punteremo sul moral hazard, penseremo che l’Europa non potrà negare all’Italia queste risorse perché il fallimento dell’Italia danneggerebbe irrimediabilmente l’Europa – too big to fail – e comunque sarà facile scaricare sull’Europa la responsabilità di qualsiasi nostra inadeguatezza.
Il presidente Mattarella avrà l’abilità e la pazienza per saper trattenere queste spinte nichiliste dei partiti ma saranno sei mesi faticosi.
Certo potrebbe essere utile prima dell’inizio del semestre un rinnovato impegno sui provvedimenti da adottare, i compiti per la vacanza, sorretti da una chiara mozione di fiducia: nessun vieta che con qualsiasi pretesto gli impegni solennemente presi al mattino, nel pomeriggio vengano disinvoltamente smentiti ma almeno chi dovesse comportarsi così perderà la faccia (per quel che importa a questi personaggi): nel caso il Presidente Draghi potrebbe rassegnare le dimissioni, ricevere il reincarico e formare un governo tecnico svincolato dai partiti.
Forse questa minaccia non basterebbe: il Presidente Mattarella potrebbe, nell’alto esercizio delle sue responsabilità verso il paese che non sopporterebbe un parlamento ridotto a Paese dei balocchi, potrebbe decidere che l’Italia, in un momento così delicato, non può permettersi una vacanza dalle responsabilità lunga sei mesi.
Potrebbe scegliere di rassegnare le dimissioni: ovviamente è difficile prevedere chi lo sostituirà in un Parlamento dove errano tra i banchi greggi di parlamentari in vendita al miglior offerente..
Ci sono stati precedenti di dimissioni di fronte alla debolezza della politica: di seguito abbiamo ricostruito una traccia di lettera che potrebbe inviare al Parlamento, come ebeb a fare giusto trent’anni fa Francesco Cossiga. Sembra scritta stamani mattina .
Abbiamo “gravi ed importanti problemi da affrontare e da risolvere: i nostri appuntamenti con l’Europa, ….. non è qualcosa che noi abbiamo raggiunto, un risultato che noi abbiamo conseguito, è un obiettivo che dobbiamo guadagnare e che non è facile guadagnare, non un esame superato, un esame solo rimandato e che ci sarà fatto secondo prove sicure e prove difficili”.
Dobbiamo poi “evitare il disastro della finanza pubblica, la tutela del risparmio, anche nelle forme del debito pubblico che sono la ricchezza, certo anche delle banche, ma sono soprattutto la ricchezza dei poveri, dei piccoli, di voi che avete fiducia nello Stato e poco sapete di azioni e di obbligazioni. Il rilancio della produzione interna e sui mercati internazionali, difendere l’occupazione, promuoverla, il risanamento dei servizi pubblici, la guerra dura ma intransigente alla criminalità organizzata, con la vittoria definitiva, perché il diritto sconfigga la mala società”.
Gravi questioni per le quali urge “chiamare i partiti alla loro responsabilità, promuovere la formazione di un governo che impegni il Parlamento sulle cose serie”, Esigenze che si scontrano, con “chiare resistenze a cambiare, tentazioni forti di conservazione, incertezze gravi nelle forze politiche, incognite sulla probabilità di formare in Parlamento maggioranze vere, omogenee, responsabili, soprattutto se le se ricerchi con i vecchi sistemi: con le armate Brancaleone si possono anche eleggere oneste persone, persone capaci, persone per bene, ma non si governa il Paese e soprattutto non si può cambiare”.
c’è soprattutto una contingenza istituzionale “per promuovere la formazione di un governo nuovo e forte, occorre un Presidente forte, occorre un Presidente forte politicamente e forte istituzionalmente. Ed allora io non è che abbia il diritto, ho il dovere di pormi davanti a voi, e pongo alla mia coscienza, se voglio essere fedele al giuramento che ho prestato sette anni fa, un interrogativo: posso essere io questo Presidente?”
Dal 4 agosto scatterà il semestre bianco ed allora “io non sono un Presidente forte…. ho un dovere, quello di permettere che venga qui un Presidente forte, che sia almeno forte perché eletto dal nuovo Parlamento. E quindi la mia scelta dovrebbe essere quella per le mie dimissioni anticipate e per permettere al …Parlamento di dare al Paese un Presidente che forte per la sua elezione e per l’ampiezza temporale e di contenuti del suo mandato, possa affrontare questa grave crisi politica e istituzionale e promuovere la formazione di quel governo che voi con il vostro voto avete voluto”.
“Allora ho preso la decisione di dimettermi da Presidente della Repubblica. C’è chi approverà il mio gesto, c’è chi questo gesto non approverà. Spero che tutti lo consideriate un gesto onesto, di servizio alla Repubblica”
Dal Capo dello Stato arriva un ultimo accorato appello: “questo è un Paese che non sarà una grande potenza politica, che non sarà una grande potenza militare, forse questa è una benedizione di Dio, ma che è un Paese di grande cultura, di grande storia, è un Paese di immense energie morali, civili, religiose e materiali. Si tratta di saperle mettere assieme e si tratta di fondare delle istituzioni che facciano sì che lo sforzo di ognuno vada a vantaggio di tutti. Che Dio protegga l’Italia, viva l’Italia, viva la Repubblica”.
Franco Maestripieri
È vero che esiste un pericolo relativo al semestre bianco a causa della pochezza della classe politica attuale ma altrettanto, se non ancora più pericoloso vedrei l’elezione adesso di un nuovo presidente della repubblica che nascerebbe delegittimato. Eleggere ora, con questo parlamento, un nuovo PdR vuol dire metterlo in un angolo, debolissimo. Nel 2023 ci saranno le nuove elezioni politiche a meno che non si pensi che il nuovo ipotetico PdR sciolga le camere…. (ipotesi puramente di scuola )
Se, come prevedo, si andrà alla naturale scadenza della legislatura il prossimo parlamento sarà del tutto diverso, non solo per la composizione derivante dalle percentuali ottenute dai singoli partiti che usciranno dalle urne con non si sa quale legge elettorale, ma sarà assolutamente diverso per i numeri dei parlamentari eletti:
400 alla camera e 200 al senato.
Quel parlamento prossimo venturo ha il diritto di eleggere il nuovo PdR, non questo. A mio modo di vedere, ovviamente.
Mi auguro che il parlamento attuale chieda un sacrifico a Mattarella. Non quello di dimettersi prima ma il sacrificio di accettare un nuovo incarico per permettere il regolare svolgimento della vita politica, parlamentare ed istituzionale fino alle prossime elezioni politiche.
Chiedere (anche se ufficialmente non può essere a tempo) che Mattarella resti in carica fino al 2023 mi sembra auspicabile.
A meno che Mattarella si dimetta per evitare il semestre bianco e che il parlamento attuale lo rielegga, in attesa di nuove dimissioni nel 2023, anche se mi sembra una soluzione cervellotica e non credo praticabile.
luciano pallini
in un paese normale con partiti normali tutto procede secondo il timing politico istituzionale segnato dalla Costituzione.
La domanda è: siamo un paese normale con partiti normali? Sono riusciti a votare lo stesso premier con due coalizioni contrapposte e due programmi contrapposti… qualcuno lo pensava possibile prima che succedesse? .