La guerra in Ucraina si avvicina al primo anno di durata, ma non si intravedono all’orizzonte le condizioni per una tregua e neppure per un cessate il fuoco, in attesa di una nuova offensiva russa che potrebbe far diventare endemico lo scontro. La pace, in questo caso, non dipende dalla buona volontà, né dall’azione diplomatica pura e semplice. Come ha scritto Biagio De Giovanni: “Il problema di Putin è difendere ed espandere le frontiere del potere orientale, impedendo con ogni mezzo che il sentimento di libertà si espanda ai suoi confini, ecco la profonda ragione della guerra”. Norman Angell, nel suo celebrato libro di inizio Novecento “La Grande Illusione”, indicava l’ampliamento del commercio internazionale e l’interdipendenza economica e finanziaria del mondo moderno come le principali motivazioni per evitare il disastro di un aspro conflitto. Egli, tuttavia, precisando la natura del suo pacifismo attivo, scriveva che: “la morale della mia tesi non è che l’auto-difesa sia roba fuori d’uso, ma che invece è tale l’aggressione, e che quando questa venga a cessare, cesserà per legittima conseguenza la necessità della difesa”. Le ragioni economiche e il pieno dispiegamento della prima globalizzazione a fine Ottocento avrebbero dovuto indurre a esiti ben diversi dagli sconvolgimenti della prima guerra mondiale. Quella vicenda rese inesorabile un grave ripiegamento dell’Europa su sé stessa, a causa della temperie sciovinista, facendo delle politiche di conquista da parte delle dittature una delle pagine più buie della storia continentale. Charles Grant, direttore del Center for European Reform di Londra, ha indicato dieci effetti dell’attuale fase bellica. Innanzitutto, anche se il grado di unità europea è stato notevole, esistono tensioni sotterranee che potrebbero venire alla luce, ma contemporaneamente la guerra ha rafforzato la Commissione Europea e le relazioni transatlantiche finora hanno retto bene. I problemi più significativi arriveranno al momento della ricostruzione dell’Ucraina, che si stima costerà 500 miliardi di euro. Nel frattempo, la difesa europea ha fatto progressi, evolvendo da uno stato embrionale. La Russia si sta indebolendo, con prospettive economiche a lungo termine desolanti, per la perdita di mercati per l’energia (il gas, soprattutto) e forniture tecnologiche (i chip di fascia alta, in primo luogo), mentre i rapporti della Cina con l’Occidente diventano più tesi e non si prevede che possano migliorare. Inoltre, per Grant, gran parte dei Paesi del Sud del mondo imputa a quelli più avanzati le pesanti carenze alimentari e l’impennata inflazionistica di cui è vittima. D’altro canto, il conflitto ha consolidato l’obiettivo dell’autonomia economica europea e della sicurezza delle catene di approvvigionamento, nella consapevolezza che la globalizzazione non è affatto terminata: nel 2022 gli scambi di beni e servizi sono cresciuti ancora del 4%, dopo l’aumento del 10% nel 2021, l’anno della riapertura post-pandemica. Il Critical Raw Materials Act in preparazione si propone di potenziare l’accesso europeo a materiali essenziali per le transizioni digitale e verde, come le terre rare. La guerra, poi, ha portato a una nuova centralità della politica energetica europea, accelerando i piani per la decarbonizzazione. In ultima analisi, l’evento bellico ha creato le condizioni per un possibile riavvicinamento tra il Regno Unito e l’Unione Europea. In un recentissimo rapporto dell’Economist Intelligence Unit sulle dinamiche della geopolitica nel 2023, si esaminano vari aspetti della guerra, osservando che l’invasione russa ha accelerato il passaggio a un mondo frammentato e multipolare e che quest’anno le ostilità continueranno, mentre è improbabile possano iniziare negoziati di pace. La Russia non trarrà vantaggio dall’interruzione dei rapporti economici con i Paesi occidentali e il mancato accesso ai mercati europei non sarà compensato dai vincoli commerciali con la Cina, con il risultato di un’ulteriore notevole contrazione in quell’area. Secondo l’EIU, i prezzi globali delle materie prime si ridurranno rispetto alle quote massime del 2022, ma si collocheranno, comunque, al di sopra dei livelli del 2019. L’OCSE, a sua volta, ha evidenziato che il conflitto in corso ha provocato una serie di scosse nell’economia e negli scambi globali, richiedendo strategie coordinate per fornire sostegno ai Paesi più vulnerabili, mantenere aperti i mercati, diversificare i partner commerciali e rinvigorire le scelte energetiche. In questi giorni Ian Bremmer, pur ritenendo che la Russia intenda inasprire lo scontro senza giungere al reale utilizzo delle armi nucleari, ha notato che l’alleanza sempre più marcata tra la Russia e l’Iran apre spiragli per il superamento di vecchi contrasti, avvicinando Israele ai Paesi arabi del Golfo e rilanciando il patto atlantico. Un riassetto equilibrato del contesto geopolitico e la prevalenza degli interessi per una decisa rimonta dell’economia globale, che potrebbe movimentare anche le posizioni della Cina, oltre quelle dei Paesi emergenti o più deboli del mondo, sono la molla per avviare una difficile ma auspicabile riaggregazione delle forze a livello internazionale, in grado di fermare la guerra. In questo modo, il conflitto, che sembrava dimenticato e lontano, può tornare al centro delle preoccupazioni di chi vuole perseguire finalmente una pace giusta e una ripresa duratura dello sviluppo.
(articolo già pubblicato dal quotidiano Il Mattino e ripreso con il consenso dell’autore)
Elisabetta Briano
Ma quale timore dello spirito di liberta! Putin ha il timore dell’espansione della Nato. Quale riavvicinamento del Regno Unito all’Europa? L’Inghilterra che da anni fomenta la guerra in Ucraina sta attuando la vendetta brexitara contro l’Europa: staccarla dalla Russia e a seguito dalla Cina per indebolirla dal punto di vista economico e geo-politico, riducendola all’anello debole dell’Occidente. Mettetersi occhiali bifocali per guardare al di là del naso.