I commenti ai risultati elettorali sono fortemente condizionati dal fatto che le valutazioni sono sempre fatte in termini percentuali, sia per quanto riguarda il consenso ottenuto dalle varie forze politiche, le percentuali vengono fatte sui voti validi espressi, sia per quanto attiene alle differenze fra un’elezione e un’altra. Questo modo di procedere deriva dal fatto che si parte dall’assunto che abbiano diritto di cittadinanza solo le opinioni di chi vota e non quelle di tutti i cittadini. In realtà non è così perché anche chi si astiene esprime in forma diversa una valutazione politica, non essere cioè nessuno dei concorrenti degno di essere votato.
Prima conseguenza di questa scelta è che si dà una percezione falsata del consenso che ricevono le varie forze politiche. Prendiamo il caso delle ultime europee e, tanto per fare un esempio ma il discorso vale per tutti, il risultato ottenuto dalla Lega. Viene detto che il partito di Salvini ha ottenuto il 34% ma questo 34% non è il 34% della popolazione ma il 34% di chi ha espresso un voto valido. La differenza non è di poco conto perché, in relazione alla totalità della popolazione, il consenso sarebbe poco meno che dimezzato. E l’impatto psicologico sarebbe completamente diverso. La stessa percezione falsata dei risultati si ha facendo i paragoni sulla base delle percentuali. Prendiamo il risultato del PD, sempre alle europee. Su tutti i giornali abbiamo letto della soddisfazione dei dirigenti del partito perché dal 18% delle politiche del 2018 si è passati al 22% delle europee. In realtà il Partito Democratico, rispetto ai voti delle politiche, in questa tornata elettorale ha perso oltre 100.000 voti, cioè 100mila persone in meno hanno trovato convincente la proposta politica del partito. La percentuale è in aumento perché essendo andata a votare meno gente è cambiato il rapporto. Ma 100mila voti in meno sempre sono.
Se ora valutiamo chi ha vinto e chi ha perso sulla base di quest’ultima considerazione vediamo che i vincitori sono la Lega con 3,5 milioni di voti in più e Fratelli d’Italia con 300mila voti, tutti gli altri hanno perso, i 5Stelle 6milioni di voti in meno, Forza Italia 2milioni e il PD 100mila.
Il conteggio in percentuale, poi, come dà una percezione in aumento per il risultato delle varie forze politiche, dà una percezione in diminuzione per l’astensione. Si dice infatti il dato dell’affluenza ma così facendo non si mette l’accento su quante sono le persone che non hanno partecipato al voto. A queste europee sono rimasti a casa 24 milioni di cittadini con un incremento rispetto al 2018 di 1 milione. Fra questi ci sono certamente tanti che non si interessano minimamente, e forse per principio, della cosa pubblica ma ce sono tantissimi che invece non votano perché non trovano di loro gradimento nessuna delle proposte politiche sul tappeto. I partiti pensano sempre a chi vota e si contendono quei consensi ma non si preoccupano quasi mai di chi sta a casa.
La corretta analisi del voto è essenziale per delineare una efficace strategia politica per il futuro. Facciamo ancora il caso del PD. Se parto dalla considerazione che il risultato è una vittoria non cerco di indagare le ragioni per le quali a distanza di un anno 100mila persone in meno hanno scelto il partito e quindi non creo le condizioni per recuperare quei voti. Dalle prime dichiarazioni sembra, ma speriamo di sbagliare, che questo sia proprio quello che sta succedendo al Partito democratico che per rincorrere qualche decina di migliaia di voti a sinistra non punta ad intercettare i milioni di voti di centro che, non trovando proposte soddisfacenti, si stanno rifugiando nell’astensione.
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