Quanto è solida la democrazia in Italia? Quali rischi corre per un eventuale successo del centrodestra, accusato di dissimulare le sue nostalgie per il regime fascista e per Mussolini?
In tanti si pongono questi interrogativi che fanno parte, ormai da anni, del dibattito pubblico, non solo in questa campagna elettorale che vede, per la prima volta, una leader donna proiettata verso la vittoria alla testa di un partito che, pur con dopo tanta cosmesi, a dire di molti osservatori ed analisti della politica non ha mai disconosciuto con nettezza, senza ambiguità, legami ideali e sentimentali che richiamano il regime fascista
Vale la pena approfondire queste valutazioni prendendo a riferimento i dati contenuti nel XXIV Rapporto “Gli italiani e lo Stato” curato, su incarico del Gruppo L’Espresso, da LaPolis dell’Università di Urbino e Demos. Le interviste sono state effettuate a fine novembre/inizi dicembre del 2021 e rispecchiamo il clima di incertezza e smarrimento generato dal coronavirus, ma non quello generato dalla successiva aggressione della Russia all’Ucraina e della crisi energetica che ne è conseguita.
A quella data, pur in presenza di forti fibrillazioni politiche, non c’era ancora stata l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica dalla quale si è innestato il susseguirsi di eventi – aggravati dall’emergere del partito russo che condizione pesantemente Lega e Movimento 5 stelle in particolare – che ha portato alle dimissioni del governo Draghi ed a nuove elezioni previste per il prossimo 25 settembre.
Gli italiani giudicano la democrazia
Oltre 7 italiani su 10 71% ritengono che la democrazia sia da preferire a qualsiasi altra forma di governo, una fiducia che si è mantenuta sostanzialmente elevata con un minimo nel 2017 quando scese al 62%. Di converso si fermano al 12% coloro che si dichiarano indifferenti al regime democratico od autoritario che sia mentre rappresentano il 17% i fautori di un regime autoritario
Pur nella decisa preferenza per un regime democratico, sono un po’ meno della metà (48%) cittadini non risultano soddisfatti del suo funzionamento, anche se in costante risalita dopo il tracollo del 2013, quando poco più di un cittadino su quattro (28%) si dichiarava soddisfatto della democrazia
C’è da mettere in rilievo come, rispetto al 48% che rappresenta il valore medio globale, la percentuale di soddisfatti sale al 52% tra coloro che avvertivano preoccupazione per la pandemia e si ferma al 31% invece che non avvertiva questa preoccupazione e non accettava le limitazioni di libertà imposte a tutela della salute pubblica.
Gli attori della vita democratica
La democrazia si esprime nelle istituzioni chiamate a governare ai diversi livelli, dal comune alla regione, dallo stato all’Unione Europea e delle associazioni ed istituzioni che innervano il tessuto democratico, cui si aggiunge il ruolo della Chiesa come portatrice di valori condivisi, con grande influenza nella società italiana. Insieme esistono figure simbolo- che rappresentano riferimenti essenziali per la tenuta della democrazia e della società italiana.
Nelle Olimpiadi della fiducia. La medaglia d’oro è appannaggio delle forse dell’ordine (70%), stabilmente in testa ormai da un decennio: e che la fiducia sia meritata lo ha testimoniato il cambio di passo nel contrasto alla pandemia intervenuto con la nomia del Commissario straordinario, generale Figliuolo.
Al secondo posto con il 67% si colloca il Papa, merito dell’apostolato di Papa Francesco che ha decisamente recuperato rispetto al precedente Pontefice.
Al terzo posto, con il 63% dei consensi, si trova il Presidente della Repubblica, in ripresa rispetto al biennio precedente
Limitandosi alle istituzioni elettive, si conferma che si apprezza di più il livello più vicino, il comune (45%), seguito dalla Regione (42%) ed in ultimo dallo stato con solo il 37%: di fatto conferma il valore della sussidiarietà verticale e della autonomia da rafforzare.
Le ultime due posizioni sono occupate dal Parlamento (23%) e dai partiti (10%). E’ evidente che la fiducia dei cittadini nella democrazia si nutre di altra linfa che non sia quella che sgorga dalle aule del Parlamento, evidentemente considerati dediti ad altro, non al bene comune. Ne è stata poderosa testimonianza l’epilogo del governo Draghi, avvenuto per miseri calcoli di opportunità, con l’aggravante di averne rifiutato la responsabilità: pretendevano, quei partiti, di trasformare il governo del Presidente, affidato a figura di alto prestigio al di sopra delle appartenenze politiche, impegnato nella formidabile opera di attuazione del PNRR e di guida nel sostegno all’Ucraina in coordinamento do Unione Europea e NATO, in una sorta di governo balneare , modello prima repubblica.
L’immagine dei partiti appare assolutamente appannata, non più in grado di intercettare le aspirazioni ed i bisogni dei cittadini, ad accrescerne la maturità senza cedere al populismo, al promettere tutto ed il contrario di tutto.
La vicenda della formazione delle liste per le elezioni del 25 settembre ha prodotto una pessima impressione, con i partiti impegnati a mettere al sicuro nel nuovo Parlamento, più ristretto, i propri dirigenti, scegliendo la conservazione della specie all’apertura ad esponenti delle realtà vive del paese.
Meglio tecnici o politici?
Tra i partiti che , per viltà o per convenienza, hanno affossato il governo Draghi è generalizzata l’opinione che è tempo che la politica (quella che creato un debito di oltre 2.700 miliardi di euro) riprenda il sopravvento sui tecnici , su quei rompiscatole che ogni volta che ti viene un’idea, subito ti fermano parlando di vincoli di bilancio: è una opinione quasi unanime quella dei partiti, fatta eccezione di Italia Viva-Azione.
Tra i cittadini invece non riscontra consensi travolgenti questo ardente desiderio di restituire alla politica il suo primato sulla economia: ci sono due blocchi contrapposti, quasi equivalenti, con il 48% che sceglie il governo guida da politici scelti dai cittadini ed il 44% che ritiene che è meglio che siano chiamati a governare il paese tecnici con competenze riconosciute.
C’è da essere seriamente preoccupati dagli apprendisti stregoni che avanzano ricette semplicistiche per risolvere miracolosamente i problemi dell’Italia, illudendosi di poter ignorare, senza pagar pegno, non solo i vincoli di bilancio ma anche le interdipendenze economiche che legano indissolubilmente l’Italia all’Europa ed al mondo.
Presidente, ti voglio eleggere!
Su un punto gli italiani si mostrano d’accordo, al di là delle appartenenze politiche: quasi tre italiani su quattro (74%) sono favorevoli all’elezione diretta del Presidente della Repubblica mentre i contrari si fermano al 22%.
C’è un dibattito aperto se sia da preferire l’elezione diretta del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio; resta il fatto che i cittadini vogliono scegliere direttamente, senza la mediazione dei partiti. Ovviamente questo implica il ridisegno dell’assetto istituzionale della Repubblica (con la modifica della seconda parte della Costituzione) con un sistema di pesi e contrappesi per evitare lo strapotere della maggioranza, quale che essa sia.
E’ una scelta che non può essere elusa, sulla quale il nuovo Parlamento dovrebbe seriamente impegnarsi per offrire il quadro entro il quale possa fondarsi e crescere la democrazia dell’alternanza,.
Sarà possibile un confronto serio? Vedremo presto.
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