Da noi ci sono intellettuali talmente di sinistra per i quali la sinistra che c’è non è mai la sinistra che sognano. Hanno speso una vita a demolire il craxismo, il berlusconismo, il prodismo, il renzismo. Sempre dalla parte degli oppressi, hanno scritto libri vibranti di indignazione contro l’eterna vocazione autoritaria, compromissoria, subalterna, trasformistica, premoderna, delle italiche classi dirigenti. La domenica predicavano nuovi modelli di sviluppo, naturalmente alternativi a un capitalismo cieco e disumano. Nei giorni feriali ci spiegavano che tra democrazia e mercato esiste una contraddizione insanabile. Negli anni bisestili era il turno delle grandi utopie: dalla liberazione dal lavoro alla kantiana pace perpetua. Severi custodi della Costituzione più bella del mondo e inflessibili guardiani di ogni immobilismo istituzionale, si sono poi convertiti all’etica della responsabilità. Hanno quindi cominciato a corteggiare quelli che volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. E oggi ripropongono un patto elettorale tra il nuovo Pd di Elly Schlein e il neomovimento pacifista di Giuseppe Conte, “le trasformiste italien” definito dal Beppe Grillo d’antan “senza visione politica e capacità d’innovazione”. Sic transit gloria mundi.
Poco prima della sua morte, Eric Hobsbawm osservava con una punta di nostalgia che l’epoca in cui gli intellettuali erano il principale volto pubblico dell’opposizione al potere apparteneva ormai al passato. Lo storico britannico del “secolo breve” descriveva così il declino di una delle figure centrali del Novecento, fosse al servizio delle élite dominanti, organico a un partito, un cane sciolto. Ma l’intellettuale è sempre stata una bestia strana. Qual è infatti il suo mestiere? Secondo Luciano Bianciardi, insofferente a ogni establishment culturale, era indefinibile. Per l’autore della “Vita agra” il vero intellettuale, in fondo, è -o dovrebbe essere- schiavo di tutti e servo di nessuno. In ogni caso, non un acrobata del circo equestre nazionale.
Zeffiro Ciuffoletti
Ottimo anche se molti intellettuali sono pagati dallo Stato come professori o come registi programmatori e giornalisti ma anche attiri e scrittori Alcuni divrebbero essere prima di tutto ci dipendenti nelle loro funzioni e distaccati dall impegno politico diretto Invece abusano delle
Loro funzioni per fare politica