Molti intellettuali di sinistra stanno in questi giorni cercando di fondare una teoria della futura distruzione dello Stato d’Israele, ma hanno due problemi: passeranno alla storia per la loro viltà e per il loro errore. Israele ha ragione perché è dalla parte della democrazia e della libertà contro la dittatura e il terrorismo islamico, e vincerà, perché non può fare altrimenti, e questo la difende e la sorregge moralmente, come sempre nella storia e come solo il popolo ebraico sa. Gli intellettuali che profetizzano la morte d’Israele non ricordano cos’è successo il 7 di ottobre né le promesse di genocidio che l’hanno accompagnato; e immaginano che la guerra di Israele sia di “vendetta”. Ma non è vero: Israele odia la guerra, ed è costretta per sé stesso e per tutto il mondo libero ad una guerra di sopravvivenza, contro un grande schieramento totalitario guidato dall’Iran in Medioriente, e nel mondo dalla Russia di Putin. Sia Hamas che Hezbollah, anche per conto dell’Iran, avevano preparato una guerra di aggressione definitiva da ripetere, che doveva realizzare l’espulsione di Israele dall’area.
Da questo deriva la lunga difficile guerra in corso, larga, variegata, su sette fronti, e questo non piace a nessuno naturalmente. Alla democrazia non piace la guerra: ma quando decide di combatterla, come dice Alexis De Tocqueville, lo sa fare. Ma gli intellettuali si spaventano: è una parola vietata, speriamo dunque in un cessate il fuoco! Così dice Luco Caracciolo nell’ultima frase di risposta a una entusiasta intervista dell’Unità che condanna a morte Israele e con un mantra molto consueto mette tutta le colpe su Israele, e tutte le colpe di Israele su Netanyahu. È lui che vuole la guerra, lui che crea un caos, non chi da anni colpisce coi suoi missili quasi tutto il territorio dello Stato Ebraico (250mila ne ha Hezbollah, e quasi tutti iraniani! E le armi di Hamas! Iraniane e russe) spedendo milioni di persone nei rifugi e armando i terroristi a migliaia.
Caracciolo è lo storico che il 10 febbraio 2022, sostenne che “Putin non invaderà l’Ucraina perché sa che sarebbe una rovina per la Russia”, due settimane prima dell’invasione. Il suo lavoro di destrutturazione del diritto del Popolo Ebraico non solo alla sua terra ancestrale secondo il diritto a tutti riconosciuto all’autodeterminazione, ma alla sua stessa esistenza in quanto popolo ebraico (ci ha dedicato un altro volume del suo Limes) si arrampica sugli specchi di una delle mille tesi woke per disegnare un fallimento definitivo di Israele sostenuto finalmente da folle che urlano “from the river to the sea”; piacevole sillabare di nuovo e di nuovo, in interviste sull’Unità e interventi su Repubblica, la condanna di Israele. È l’Iran aggredito, non Israele. Come con la guerra del ‘48, e poi di tutte le altre, per il mondo sovietico, per i “Paesi non allineati”, per l’ONU che ne era preda col voto automatico, e poi per il movimento woke, Israele è un Paese bianco colonialista, imperialista, capitalista… E per Caracciolo, un Paese spaccato. Non democraticamente sempre in discussione, ma a pezzi. Sembra difficile e forse non lo si deve pretendere da chi non si accorge che nella sua difesa dei diritti umani in realtà difende chi impicca gli omosessuali e condanna a morte donne e dissidenti, capire che abbiamo qui un Paese che non tocca i dieci milioni di abitanti che combatte contro la barbarie, ed che è proprio l’unità dei ragazzi, uno accanto all’altro, dei veri eroi, che difende tutto il mondo da una vera grande guerra di conquista da parte di un potentissimo arco di forze malefiche.
Ed è quasi patetico negare proprio ora la sua straordinaria esistenza come popolo, tanti colori, tante idee e sempre un tutt’uno, chi è per Netanyahu e chi contro, chi religioso e chi laico, famiglie di ogni colore, di ogni origine, con gli ebrei drusi, circassi, e arabi cristiani e musulmani, perdono i migliori dei propri figli in una guerra di sopravvivenza per difendere la casa e la famiglia e per ritrovare i rapiti. E di questo, qui nessuno si lamenta anche se hanno costruito una democrazia così combattiva che alle volte sembra esplodere di dissenso e poi invece si confronta vota, e rispetta il voto. Chi cerca una scusa per essere contro Israele e contro gli ebrei facendo finta di niente la trova sempre in Netanyahu, e poi persino in Ben Gvir, che, orrore, è religioso! un ministro di cui Netanyahu non ha mai avuto cura, che non partecipa neanche alle riunioni di gabinetto in cui si decide della guerra.
La teoria per cui gli ebrei sarebbero alla fine odiosi suprematisti religiosi, che era poi la teoria stalinista e prima ancora quella nazista, e che Netanyahu manda i ragazzi a morire per tenersi il governo, sono talmente ridicoli che ci può credere soltanto uno storico come Pappe, uno squalificato odiatore ebreo di ebrei. Ce ne sono. Altri poi non sopportano il successo ebraico o confondono il terrorismo con i movimenti di liberazione, reinventando la storia: quanti libriccini sono usciti in questo periodo, di Enzo Traverso, di Roberta Monticelli, di Anna Foa (“Il suicidio di Israele”, ma non si vergogna?), la storia di Pappe stampata da Fazi, “Hamas” di Paola Caridi per Feltrinelli, Raja Shehadeh per Einaudi, sostiene che è stata sempre Israele a respingere la proposta di pace dei palestinesi. Non l’ho letto, non leggerò nemmeno quello di Gad Lerner, ma mi azzardo ad aggiungerlo a una lista che ignora che Israele quando per esempio avanza in Libano sta distruggendo le strutture che dovevano servire a un’invasione come quella del 7 ottobre, e non ce l’ha con i libanesi, e tantomeno con l’UNIFIL, ma deve porre fine ai bombardamenti. Una lista che usa il mantra “Netanyahu” come se dicesse “abracadabra” per cancellare tutte le riunioni fra Putin, Khamenei, Hamas, Nasrallah, gli Houty, gli sciiti dell’Iraq, prima e dopo il 7 di ottobre. Così si tenta di distruggere Israele che si sta difendendo con successo; e chi non lo capisce, fiancheggia i suoi nemici, volente o nolente.
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