Ho seguito attraverso i media la manifestazione per la Pace in Ucraina del 5 marzo scorso, promossa dalla CGIL e da altre organizzazioni. Non vi ha aderito la CISL, e se io fossi stato sindacalista, avrei fatto proprio come la CISL, che si è dissociata specialmente dallo slogan della “neutralità attiva”. La prevalenza delle bandiere arcobaleno della pace e il discorso di Landini mi hanno confermato la mia profonda diffidenza nei confronti di questo tipo di sinistra. Intendo soprattutto i luoghi comuni dei pacifisti, che trovo pericolosissimi per la vera pace, non meno di quelli dei guerrafondai.
Che c’è di profondamente ipocrita (più che di ingenuo) nel semplice slogan “Per la Pace in Europa”? Tutti vogliono la pace – si fa la guerra per giungere alla pace, diceva von Clausewitz – ma vogliono la pace alle proprie condizioni. Certamente anche Putin è un grande pacifista: avrebbe voluto che l’invasione dell’Ucraina fosse una passeggiata senza resistenza armata, come avvenne nel 1968 in Cecoslovacchia, quando i cechi non ebbero nemmeno il tempo di sparare un colpo di fucile… Per quale pace ci si batte, per quella che Putin vuole imporre all’Ucraina, o per quella che vogliono gli ucraini? Da qui il cinismo, a mio avviso, di uno slogan come la neutralità attiva, che vuole dire: tra ucraini e russi (nel senso di esercito russo) siamo imparziali! Ricorda le posizioni di alcuni trotzkisti francesi, che ho conosciuto, all’epoca dell’occupazione nazista della Francia: “neutralità” tra Hitler e la resistenza francese. Tanto, dicevano, entrambi sono espressione del capitalismo egemone.
Se il criterio è quello della pace a ogni costo, allora Putin potrà dire (e l’ha già detto credo) che i veri guerrafondai sono gli ucraini, perché resistono. Perché non si arrendono subito, e non fanno entrare l’armata putiniana a Kiev? Certo che gli ucraini vogliono la guerra – ma perché l’hanno subita. I pacifisti mettono sullo stesso piano aggressori e aggrediti. Fanno credere che una guerra è qualcosa che si sceglie sempre di fare, non qualcosa che, ahimè, spesso si subisce.
Del resto, è quel che raccomandava il fondatore del pacifismo italiano, Aldo Capitini (1899-1968), un filosofo di ispirazione religiosa. Ebbi modo di conoscerlo di persona quando ero ragazzo, e colsi in lui una qualche rassomiglianza fisica, che mi turbò, con Adolf Eichmann. Secondo Capitini gli ebrei fecero male anche a ribellarsi nel ghetto di Varsavia (1943), dovevano accettare di farsi sterminare senza muovere un dito – cosa che fecero, di fatto, con i risultati bene noti. Predicare la non-violenza si risolve spesso nel sottomettersi alla volontà violenta del prevaricatore di turno, stendergli davanti ai piedi un tappeto rosso per massacrare.
Landini – il cui motto è «la guerra non si combatte con la guerra» – è contrario al fatto che paesi occidentali riforniscano gli ucraini di armi, sola possibilità che hanno per fermare militarmente i russi. Ed è vero, non raccontiamoci favolette: più gli ucraini avranno armi dalla’Occidente, più a lungo la guerra durerà. E siccome la strategia ucraina è quella di combattere i russi nelle città, il risultato potrebbe essere la distruzione totale delle città ucraine… Del resto questo spiega la “buona volontà” russa nel lasciare aperti i corridoi per i rifugiati, che sono donne e bambini: una volta che resteranno nelle città solo gli uomini ovvero i combattenti (anche donne in verità), Putin non avrà alcuno scrupolo nel fare terra bruciata… per chiamarla Pace, magari inalberando sulle rovine di Kiev bandiere arcobaleno.
Non so spesso se considerare certe sciocche affermazioni il prodotto di semplice incompetenza politica, o segnali di un cinismo di fondo a malapena represso. Per esempio mi si dice: “Speriamo che la guerra cessi presto!” C’è una sola condizione perché la guerra cessi presto: che l’Ucraina si arrenda oppure che tutti i combattenti ucraini vengano sterminati alla svelta. Se invece gli ucraini riusciranno a resistere bene, la guerra sarà molto lunga… Lo so, è la scelta fra la padella e la brace.
Giorni fa Macron disse “la guerra sarà lunga”. Era una profezia o un impegno? Secondo me aveva la forma manifesta di una profezia, ma aveva il senso latente di un impegno, ovvero: daremo tante armi e tanti aiuti agli ucraini che li metteremo in condizione di resistere a lungo… Macron è un cinico? L’Occidente fa la guerra alla Russia col sangue degli ucraini? Certo. Perciò, se fosse per me, metterei almeno la No Fly Zone (vedi: battaglie aeree sui cieli ucraini). Potremmo allora dire che non facciamo la guerra col sangue degli altri.
Dice Landini: «è il momento non di armare ma di disarmare il mondo. È il momento che l’Onu faccia la sua parte». E’ idiozia o malafede? Ve lo immaginate Churchill nel 1939, quando Germania e Unione Sovietica attaccarono la Polonia, dire una frase del genere? Che bisogna disarmare il mondo? Sarebbe stato un appoggio oggettivo a Hitler. Saggiamente invece Roosevelt riarmò in fretta e furia il suo paese.
Quanto all’ONU, la sua parte l’ha già fatta: la maggior parte dei suoi membri hanno condannato la Russia. E che può fare altro, dato che la Russia al Consiglio di Sicurezza ha diritto di veto? Sarebbe come dire: “E’ il momento non di dare armi e cibo agli ucraini, ma di pregare assieme a papa Francesco”.
Un’altra perla è venuta ieri (6 marzo) da un politico che ha perso quasi tutte le battaglie che poteva perdere, Pier Luigi Bersani. Ha dichiarato a La Repubblica che non gli piace l’Unione Europea con l’elmetto, che ci vorrebbe più diplomazia. Come si può esibire una tale ignoranza dell’a b c della politica? Diplomazia e uso o minaccia della forza sono tra loro inscindibili: hai tanto più forza contrattuale nei negoziati quanto più hai forza economica o militare. Più gli ucraini infliggono perdite all’esercito russo, più aumentano le chances di costringere Putin a negoziare. Se non hai forza contrattuale (ovvero, se hai solo gli elmetti, ma non anche fucili o razzi) la diplomazia si riduce alla tua resa. Anche la resa è parte della diplomazia.
E se tali scempiaggini pacifiste fossero solo il sintomo di una segreta simpatia per Putin? Quella simpatia che nel corso degli anni ho visto fiorire in tante persone di estrema sinistra e di estrema destra – gli estremi si toccano in Putin. L’odio per l’Occidente è tale che persino un dittatore (not mad, but bad) come Putin va meglio dell’Occidente. E’ un vecchio riflesso pavloviano della sinistra radicale che ben conosco, alla mia venerabile età.
La cosa meno grave che si può dire di questo pacifismo di maniera, rituailizzato, è che sia un diniego (Verleugnung diceva Freud) della realtà. Dico a un amico che mi chiede certe cose “Non ho tempo ora, ho cose più importanti da fare. Siamo in guerra.” Al che l’amico, piccato, risponde: “io invece non mi sento affatto in guerra!” E’ la politica dello struzzo. Voglio vedere se non si accorgerà di essere in guerra quando, con il blocco del gas russo, l’inflazione arriverà al 10% annuo, aumenterà la disoccupazione, ecc. La guerra non è per forza guerra guerreggiata. Putin ha ragione: le sanzioni contro la Russia sono atti di guerra. E atti di guerra non contro l’esercito russo, contro il popolo russo! Nelle guerre di oggi i civili subiscono i danni della guerra non meno dei militari.
Dicendo “non mi sento in guerra” l’amico peccava solo di ingenuità? Secondo me si dissociava da quel mondo occidentale che oggi è costretto a intervenire per difendere quei valori di cui lui stesso gode da sempre – libertà di espressione, democrazia, diritto al dissenso… Dopo tutto, perché non vivere nella beata ignoranza consensuale della Russia di Putin?
Roberto
Bravissimo, Sergio, hai spiegato meglio di chiunque altro in cosa consiste il mito farlocco del pacifismo arcobaleno, in verità molto diverso dal pacifismo “battagliero ” di un Ghandi che mise in ginocchio l’impero britannico. Io aggiungerei, tra i nostri pacifisti, anche papa Francesco che si è ben guardato dal condannare gli aggressori russi.
Elisabetta Briano
Certo che il mito maschilista della guerra non muore mai. Il maschio occidentale ora ha trovato un nuovo mito col quale sublimare la propria impotenza. il capopolo resistente, il paladino del bene che sfida l’impero del male. Che poi ciò avvenga col sacrificio del presente e del futuro di un popolo pare secondario.
Roberto
Elisabetta di sicuro preferisce il mito fascio-comunista del macho Putin…molto affascinante davvero