Il 1979 è l’anno in cui si elegge il Parlamento europeo ma è anche l’anno che segna gli scenari mondiali con l’avvento sulla scena mondiale di un nuovo potente nemico dell’Occidente, l’Iran della rivoluzione di Khomeini, che umilia il presidente USA Carter con la presa in ostaggio dei diplomatici americani, con l’URSS che, violando la regola delle sfere di influenza, invade l’Afghanistan, a Londra vince le elezioni e diventa premier Margaret Thatcher, che contrasterà la deriva assistenzialistica della Gran Bretagna ma anche dei paesi dell’Europa. All’elezione della Lady di ferro farà seguito l’elezione di Reagan negli Stati Uniti. Il panorama mondiale è segnato dalla guerra Iran-Iraq del 1980 con un milione di morti nelle paludi di Bassora, rimossa dalla memoria della sinistra perché l’aggressore non è l’Occidente, imperialista e colonialista. Nello stesso anno comincia lo smottamento del potere comunista nei paesi dell’Est con gli scioperi di Danzica organizzati da Lech Walesa (1980)
- Come cambia il rapporto con la Comunità europea della Gran Bretagna, da poco entrata, con l’avvento al potere di Margaret Thatcher? E’ solo un problema di soldi, di contributo al bilancio comunitario o vi sono ragioni diverse dell’economia e della società e di una diversa concezione della libertà?
Come si è già detto, l’Inghilterra, dopo una trattativa estenuante per la sua quota di finanziamento del bilancio comunitario, entrò nella Comunità per la porta maestra di un referendum nel giugno 1975. Poi ci dovevano essere cinque anni di “prova” per capire le riserve e le resistenze inglesi che erano comuni ai labouristi ed ai conservatori. I nodi vennero al pettine con l’ascesa al potere di Margaret Thatcher nel 1979. Contraria a qualsiasi eccesso di statalismo, la Thatcher diffidava dell’eccesso di interventismo delle istituzioni europee. Secondo lei, ed era abbastanza vero, l’Inghilterra pagava un conto troppo salato per stare nella Comunità. Una comunità che spendeva troppo per l’agricoltura, che in Inghilterra contribuiva solo per il 2% al Prodotto Lordo Nazionale. Il Presidente del Consiglio Francesco Cossiga, presidente di turno del Consiglio europeo, cercò invano un compromesso. Senza un compromesso, il bilancio comunitario era bloccato. Solo grazie al ministro degli esteri Colombo si arrivò ad un accordo che risolse, ma solo per due anni, la disputa con Londra, riducendone il contributo. Resta il fatto che gli aiuti agli agricoltori europei erano troppo onerosi per tutti, ma nessuno ne poteva fare a meno nell’Europa continentale, a partire dal Benelux, dalla Francia e dalla Danimarca. La Germania che era il principale finanziatore delle casse della Comunità era contraria ad accollarsi maggiori oneri per favorire la presenza inglese. Francia ed Italia erano contrari alla riduzione degli interventi nella politica agricola.
La crisi della comunità era, tuttavia, compensata dalla prima elezione a suffragio universale del Parlamento europeo e dall’ingresso di nuovi stati, dalla Grecia alla Spagna al Portogallo. Cresceva, cioè, il peso dell’Europa mediterranea. Alle elezioni del parlamento europeo, però, la partecipazione degli elettori inglesi fu bassissima: appena il 33%. Il debole attaccamento dell’Inghilterra alla Comunità non era, quindi, un problema limitato alla Lady di ferro. Era qualcosa di più profondo: una diversa concezione della libertà e del rapporto fra cittadini e istituzioni, in sostanza una forte diffidenza contro le regole ed il peso della burocrazia per non parlare della diversa concezione della giustizia, fondata sulla Common law.
- Si parla spesso, con presuntuosa ignoranza, di una Europa dei mercati e dei banchieri, dimenticando il contributo dato all’avanzamento dei diritti sociali dei lavoratori (viene approvata la Carta) e della parità uomo donna, anche attraverso fondamentali sentenze della Corte di giustizia europea. . Quale ruolo i sindacati svolgono nella costruzione dell’Europa Unita? E quanto pesano i diversi atteggiamenti del sindacato nei paesi europei?
Nella domanda c’è già la risposta. Su quei valori civili e sociali portati avanti in Europa dalle forze riformiste socialiste democratiche e cristiano-sociali si generò un sistema di valori che non aveva niente di uguale nel mondo. I primi ad accorgersene furono i paesi dell’Est che ormai erano in grado, con la televisione satellitare e con ogni tipo di media, di capire che in Europa Occidentale si stava meglio: c’era più benessere e più libertà. Furono loro a scavare dalla base la tomba del comunismo e a favorire l’implosione dell’intero sistema imperiale sovietico.
- Nel 1985 vengono approvati gli Accordi di Schengen per consentire la libera circolazione dei cittadini e favorire la lotta alla criminalità organizzataall’interno dell’Unione Europea, mediante l’abbattimento delle frontiere interne tra gli Stati partecipanti e la costituzione di un sistema comune di controllo alle frontiere esterne alla Comunità. Un progresso straordinario per costruire una Europa dei cittadini, da difendere con grande tenacia: ma non è messa in difficoltà dalla mancata difesa delle frontiere esterne (terrestri e marittime) da flussi migratori incontrollati? E questo è un tema che ci accompagna fino ad oggi.
Prima di arrivare a parlare di Schengen bisogna fare un passo indietro. Nel 1983, dopo sei anni di negoziati, il Consiglio dei Ministri raggiunse l’accordo su una politica comune della pesca. Un tema importante, visti i problemi che ci sono oggi tra la Francia e l’Inghilterra. Nel 1982 il Parlamento europeo approvò la creazione di una Commissione istituzionale per riformare l’assetto sempre più complicato delle istituzioni europee. Nel 1982 l’Assemblea di Strasburgo accolse una proposta di Spinelli per conferire alla Commissione istituzionale l’incarico di predisporre un Trattato per il riordino delle istituzioni.
Il progetto di Trattato fu accolto dall’Assemblea nel settembre 1983 e approvato nel febbraio del 1984 con una maggioranza di 238 sì, 31 no e 43 astensioni. Si trattava di trasformare la comunità in una sorta di Unione federale. In verità era un progetto assai macchinoso ma aveva il merito di distribuire le competenze fra l’Unione e gli stati nazionali. Introduceva il principio della sussidiarietà e affidava la politica estera al Consiglio. Il progetto di Trattato fu accantonato perché si muoveva in senso moderatamente federalista ed alla Francia non piaceva.
Mitterand rilanciò l’asse preferenziale con la Germania di Khol e annunciò l’abolizione dei controlli alle frontiere fra i due paesi. Nel giugno del 1985 la Commissione pubblicò il Libro bianco sul completamento del mercato interno entro il 1992. Contemporaneamente a Schengen, in Lussemburgo, fu concluso l’accordo sulla graduale abolizione delle frontiere. L’intesa mirava ad eliminare i controlli frontalieri di terra su merci e persone. I guai sarebbero venuti dopo quando, per un eccesso di imprudenza, non si capì che le frontiere sono cose serie e l’Unione non poteva essere concepita come uno spazio aperto sia all’interno che all’esterno. Trascurando il fatto che gli uomini, sia all’interno che all’esterno dell’Unione, non sono merci. E che il mondo globalizzato è ancora, se non di più, un mondo conflittuale. In cui anche i migranti possono diventare strumenti di politiche di sfruttamento, di penetrazione culturale e politica e di ricatto internazionale .
- Il panorama internazionale si fa pesante: Reagan lancia la sua strategia dello scudo spaziale contro l’Impero del Male. I sovietici installano missili nei paesi dell’Europa orientale e la NATO con gli Usa rispondono con missili a Comiso. I comunisti in Italia ed Europa si schierano con l’URSS sotto le bandiere dei Partigiani della pace. Ma esiste un comune atteggiamento europeo in politica estera in questo tornante?
All’inizio degli anni Ottanta la “guerra fredda” sembra ritornare dove era iniziata, cioè nel cuore dell’Europa. In realtà, proprio grazie al lavoro costante dei paesi dell’Europa comunitaria, il vecchio continente non era più quello del dopoguerra, stravolto dalle distruzioni morali e materiali della guerra. Proprio nel 1983, quando le adesioni alla Comunità mandavano un messaggio di forza economica e anche sociale, il Consiglio europeo, su proposta di Genscher e Colombo, sottoscriveva una solenne dichiarazione di intenti, che rompeva la crosta dello scetticismo sul futuro dell’Europa. Lo SME, il Sistema Monetario Europeo, si rafforzava. Iniziava la sua attività il JET, Joint European Torus, il grande impianto europeo per la fusione nucleare. Nel vertice di Fontainebleau (….) si era raggiunto un accordo sul contributo britannico al bilancio comunitario. Nel febbraio del 1984 part+ anche un faticoso e lungo negoziato per la riforma della PAC, la politica agraria comunitaria, riducendone la spesa Il bilancio comunitario a favore dell’agricoltura e della pesca scendeva dall’80,6% al 72,9% nel 1985. Si dovette anche affrontare il problema della ristrutturazione dell’industria siderurgica che era andata in eccesso di produzione.
Bisognava però spingere avanti la ricerca e la tecnologia. : L’European Strategic Program (ESPRIT), un programma partito nel febbraio1984 riguardava proprio la ricerca e lo sviluppo del settore informatico e coinvolgeva industrie, università e istituti di ricerca. Ci si era finalmente accorti che la “nuova guerra fredda” si combatteva su quel fronte e che , su quel fronte, chi restava indietro come l’Unione Sovietica perdeva la partita. Si lanciò anche EUREKA, European Research Coordination Agency per lo sviluppo della robotica, che ormai veniva applicata nelle industrie e superava le vecchie catene di montaggio e gli operai di linea. Poi partì Eurobio per lo studio dell’agricoltura marina ed Euromot per la ricerca sui motori e turbine.
Per la cultura partivano manifestazioni come le Capitali della Cultura ( Atene 1985, Firenze 1986..) Poi Erasmus per lo scambio fra studenti universitari, esteso successivamente agli studenti delle scuole superiori.
Mentre continuava la ricerca per l’impiego pacifico dell’energia atomica e la ricerca nel campo della tecnologia spaziale con la creazione di Arianspace, per i vettori ed i satelliti spaziali, proprio su quel terreno si stava giocando la partita fra Reagan e l’URSS. Lo “scudo spaziale”, più dei missili a testa nucleare installati dai Russi in Europa Orientale ed i Pershing 2 installati dagli USA in Europa, fu lo “scudo spaziale” a determinare una svolta tecnologica di così vasta portata che i servizi segreti sovietici non riuscirono né a capire né a fronteggiare. Il benessere e lo sviluppo tecnologico dell’Occidente segnarono la fine dell’impero sovietico e del comunismo come ideologia . Le marce per la pace, sempre contro gli imperialisti americani, promosse dai partiti comunisti e dai cattolici, non rallentarono il crollo del comunismo.
Ma ci fu un atteggiamento comune dell’Europa riunita sotto i vessilli NATO o ognuno si mosse per proprio conto? ?
Il coordinamento ci fu fra partiti come avvenne per i socialdemocratici per l’installazione dei missili americani ma ogni paese aveva i suoi equilibri politici. L’Italia era un unico, per la presenza del partito comunista più forte dei paesi occidentali, il paese dove si generò quel fenomeno singolare detto volgarmente “cattocomunismo”, ma che in realtà saldava un sistema di potere che non aveva forza propulsiva, ma accentuava il divario fra sogno svanito e la realtà-. Dove non arrivava il PCI, arrivavano gli intellettuali tutti bel allocati in case editrici e televisioni. O meglio sulle reti RAI e nei “giornaloni” che con la RAI vivevano in simbiosi.
- in Italia Bettino Craxi diventa presidente del consiglio. Ma qual è la sua posizione sui temi dell’Unione Europea? E quale nello scacchiere mediterraneo? C’è il tradizionale filo-arabismo democristiano sancito nel “Lodo Moro”, c’è Sigonella che di fatto ci schiera con il terrorismo palestinese, e questo in un paese che ha subito l’abbattimento dell’aereo a Ustica, che ha subito l’attentato alla Stazione di Bologna. E nel 1987 la Turchia, allora partner affidabile della NATO, chiede di aderire alla Comunità Europea.
Nell’estate del 1985 (28-29 giugno) si tenne a Milano un summit destinato a dare un segnale forte, proprio mentre gli equilibri internazionali si stavano evolvendo ed in Russia si aprivano processi imprevedibili di cambiamento. Bettino Craxi, dal 1983 presidente del Consiglio, forte di una lotta contro l’inflazione e con proposte di riforma delle istituzioni repubblicane per uscire dall’abbraccio della “democrazia consociativa” al Pci e a parte della DC., fece da padrone di casa nella città più dinamica d’Italia. Riuscì, nonostante le forti resistenze della Tatcher, a rompere il tabù che aveva sempre condizionato i lavori del Consiglio europeo, l’unanimità delle votazioni.
La governabilità in Italia, come in Europa, era impresa ardua. Però per un certo periodo sembrò possibile a Roma come a Bruxelles. Intanto a Milano Craxi riuscì a far passare la proposta per una Conferenza intergovernativa incaricata di predisporre un progetto di cooperazione nel campo della sicurezza e della politica estera. In più, un piano di riforma dei Trattati esistenti per agevolare la governabilità del sistema. La proposta di Craxi fu approvata a maggioranza da sette paesi contro tre: quello inglese (Thatcher), quello greco (Papandreu) e quello danese.
Per Craxi però i problemi stavano venendo al pettine sulle questioni di equilibrio politico interno alla sua maggioranza. In vece il successo in politica estera con l’episodio di Sigonella e lo scatto di orgoglio nazionale, e poi con l’appoggio alla causa palestinese, si rivelò un boccone avvelenato che, forse, non gli permise di raccogliere tutti i frutti del suo impegno per riformare le istituzioni della Repubblica, corrose dall’immobilismo, ma anche dalla corruzione, che andava combattuta per evitare anche l’uso politico che il PCI fece della questione morale.
- Nel 1985 assume la Presidenza della Commissione Jaques Delors un grande costruttore dell’Europa.
Collocandosi nel solco di Altiero Spinelli che , nella sua veste di eurodeputato, aveva presentato il progetto di un Trattato che istituisce l’Unione europea, Delors fa compiere un significativo passo avanti con l’Atto Unico europeo, sottoscritto nel 1986 a L’Aia. Cosa rappresenta nel percorso di costruzione dell’Europa?
La strada della integrazione europea era sempre stata costellata di crisi. Invano Spinelli aveva tentato una “svolta federale” mentre i passi avanti erano avvenuti grazie a laboriosi compromessi.
L’Europa reale, ora a 12 membri, si muoveva in una logica che si potrebbe definire confederale, mentre il Parlamento si muoveva in senso federale, spinto più dagli apparati burocratici che da una chiara volontà politica. Per fortuna non mancavano in Europa leader di solida statura politica, capaci e competenti. Nel gennaio 1985, Jacques Delors, emulo di Jean Monnet, diventò Presidente della Commissione esecutiva e impresse un grande impulso alla politica comunitaria, assecondato da alcuni fra i principali leader europei come François Mitterand ed Helmut Kohl, cui sia aggiunse Bettino Craxi.
La Commissione su impulso di Delors elaborò una serie di proposte per spingere in avanti verso l’Unione, raccolte in un Libro Bianco. La questione da risolvere era quella di eliminare i lacci ed i trucchi che inceppavano il mercato per quanto riguardava i processi di fabbricazione , gli standard relativi alla salute, alla sicurezza, all’ambiente. Tutti espedienti per aggirare, dopo l’abbattimento delle barriere doganali, la libera circolazione dei beni e dei servizi.
La Corte di Giustizia svolse, in questo senso, un ruolo importante nella eliminazione delle resistenze alla libera circolazione di beni e persone.
La fine del ciclo recessivo dell’economia a livello internazionale poteva favorire la spinta di Delors e collocare la Comunità europea nel contesto di un processo di globalizzazione sempre più accelerato, tant’è vero che due Comitati decisi al vertice di Fontainebleau servirono a Delors per migliorare il funzionamento della cooperazione europea e per definire l’identità dell’Europa comunitaria, riconoscendo la necessità di istituzioni democratiche solide ma efficienti.
Bisognava quindi delineare e favorire l’identità europea, attraverso programmi culturali, sportivi e con esperienze di partecipazione alla vita sociale e politica. Solo così si poteva creare l’Europa dei cittadini e non solo del mercato e delle merci.
Bisognava, quindi, delineare un nuovo trattato per adottare decisioni a maggioranza qualificata o semplice. La regola dell’unanimità doveva restare in vigore per “alcuni casi eccezionali”.
- Nonostante Reykjavik con gli accordi per la riduzione ed il controllo degli armamenti nucleari, che seguivano di pochi mesi il disastro di Chernobyl, la dissoluzione dell’impero sovietico prosegue e nel 1989 si conclude con il crollo del Muro di Berlino sotto la spinta delle manifestazioni popolari. L’URSS non interviene (mentre i carri armati in Cina schiacciano nel sangue i manifestanti in Tien an Men) ed in Europa si apre un grande problema : cosa fare con i nuovi stati e con la Jugoslavia che si dissolve in stati etnici ? C’è stata una risposta coordinata dei paesi europei? Quali sono state le preoccupazioni dei paesi forti? Si racconta di minacce di interventi con i carri armati…
L’atto unico fu firmato il 17 febbraio 1986, nonostante le riserve della Danimarca, ed entrò in vigore il 1° luglio 1987. Ci siamo richiamati all’atto unico perché interveniva nel pieno di un momento cruciale della crisi dell’Unione Sovietica. Nell’atto unico si fissavano le disposizioni per il completamento del mercato, ma si sollecitava anche l’esigenza di una politica estera comune che per la prima volta veniva codificata. Quello che stava accadendo in Russia, dalle riforme annunciate di Gorbaciov al disastro di Chernibyl, preoccupava in primo luogo l’Europa e favorì la politica di Delors e la realizzazione degli obiettivi dell’Atto Unico. Si stava passando dalla Comunità all’Unione che si sarebbe sostanziata a Maastricht e poi con la realizzazione dell’Unione monetaria.
Intanto il capitolo sulla sicurezza diventava sempre più urgente e, per la prima volta, veniva formalizzata la necessità di una più stretta collaborazione fra i paesi aderenti, ma non in contrasto con la NATO né con la UEO. Tuttavia non si passò dalle parole ai fatti, perché una politica estera comune presupponeva anche un esercito comune. Mentre l’ombrello della NATO faceva comodo a tutti e costava meno di una difesa europea più consistente ed autonoma.
Quando nel 1989 crollò il muro di Berlino le èlites europee si illusero che il mondo si sarebbe aperto alle “magnifiche sorti e progressive” della democrazia e dell’Occidente. L’Italia, poi, che avrebbe risentito di più il contraccolpo dell’89 perché aveva il partito comunista più forte dell’Occidente e perché il suo sistema politico si era strutturato con la guerra fredda, non vide miglior soluzione che stringersi all’Europa come ancora di salvezza. In occasione delle nuove elezioni del Parlamento europeo (15-18 giugno 1989) il governo italiano indisse un referendum per attribuire al Parlamento europeo poteri costituenti. Gli italiani erano diventati tutti europeisti: l’88% dei votanti si espresse a favore. Sotto l’europeismo si nascondevano, però, tutte le inadempienze ed insufficienze dell’apparato amministrativo e della politica italiana. Compreso l’enorme debito pubblico che rendeva problematica la convergenza dell’Italia ai parametri che sarebbero stati fissati a Maastricht nel 1992. Bisogna ricordare, come scrivono Giuseppe Mammarella e Paolo Cacace ( cfr “Storia e politica dell’Unione Europea” Roma-Bari, Laterza 2009) che all’inizio del 1983, ben 225 direttive e europee non erano state attuate dai governi italiani. Quanto ai provvedimenti sul mercato unico, solo 35 su 113 erano stati attuati.
Del resto anche l’Europa, al di là della volontà di Delors, si trovò sotto le macerie del Muro senza una autonoma capacità di gestire la situazione europea. Salvo l’unificazione della Germania.
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