E’ il 9 luglio del 2021: quel giorno i dipendenti dello stabilimento GKN-Driveline sito in Capalle a Campi Bisenzio, comune della cintura metropolitana fiorentina, ricevono la PEC di licenziamento causa cessazione della produzione e chiusura dello stabilimento.
Per i 367 operai, i 55 impiegati con 16 quadri e 4 dirigenti è la fine di una storia iniziata nel 1994 quando GKN, prestigiosa ed antica azienda inglese, aveva rilevato da FIAT lo stabilimento per la produzione di componenti per auto posto a Novoli, prima periferia di Firenze, interessato da un progetto di riconversione urbanistica per residenze, polo universitario e servizi pubblici e privati.
Nel 1996 la produzione era stata spostata nel nuovo stabilimento di Campi Bisenzio dove per 25 anni è stato un importante polo della industria metalmeccanica fiorentina: la sua chiusura è, così dichiarano tutti, un fulmine a ciel sereno.
Lo stupore solo di chi non voleva vedere
Le reazioni sono di indignazione per il metodo, di stupore per le motivazioni: “soltanto” la crisi del comparto auto con il calo delle vendite e della produzione in Europa ( dove punta esclusivamente, motivazioni di salvaguardia dell’ambiente, sull’auto elettrica per la cui produzione richiede un numero di componenti decisamente minore di quello impiegato nei motori a combustione.
Che la crisi del settore automotive fosse evidente (ovvio, per tutti coloro che volevano vedere non per chi se ne sta ad occhi chiusi) lo rivelavano studi di diversa fonte.
Annamaria Simonazzi, Jorge Carreto Sanginés e Margherita Russo il 9 dicembre 2020 avevano pubblicato su INET- Institute for New Economic Thinking – l’articolo “Heading for a Crash? The Future of the Automobile Industry” nel quale affermavano “l’industria automobilistica sta subendo una radicale trasformazione. Nuove sfide sociali, tecnologiche, ambientali e geopolitiche stanno ridefinendo le caratteristiche di un mercato saturo, aprendo nuovi scenari e offrendo opportunità per l’ingresso di nuovi attori. Queste sfide sono destinate a innescare la riorganizzazione della catena del valore globale tra vecchi e nuovi fornitori, influenzando la distribuzione dell’occupazione, la regionalizzazione della produzione e l’evoluzione dinamica del vantaggio comparato delle nazioni”
In Italia il prof Riccardo Lanzara nell’“Osservatorio sulla componentistica automotive italiana”, 2021, scriveva “È opportuno ricordare a questo proposito che il processo di trasformazione tecnologica verso autoveicoli ‘green’, rende inutilizzabili non solo molti componenti del veicolo tradizionale ma anche, come ovvio, i relativi processi di produzione. Si calcola infatti che «la trasformazione radicale dell’architettura dei veicoli nella versione elettrica renderà obsoleti fino all’85% dei componenti del power train tradizionale riducendo il numero di quelli riutilizzabili a soli 20…le difficoltà da affrontare sono sostanzialmente di due tipi: a) Il rinnovamento delle linee di produzione, con lo smantellamento quasi totale di quelle vecchie, che richiede investimenti molto ingenti, rendendo le attuali localizzazioni assolutamente non competitive di fronte ad altre possibili siti produttivi a livello europeo; b) La conseguente assoluta necessità di reskilling delle risorse, con lo sviluppo di nuove competenze e nuove capacità, unitamente all’acquisizione di risorse che abbiano conoscenze diverse spesso provenienti da altre aree” (cfr Solo Riformisti, 31 dicembre 2021).
E’ in questo lo scenario di radicale mutamento e riallocazione che si collocano le trasformazioni che subisce GKN. La storica azienda, sorta vicino a Birmingham a metà 1700 agli albori della Rivoluzione industriale, era stata oggetto nel 2018 di una OPA aggressiva da parte del Fondo Melrose, un grande fondo finanziario specializzato nel rilevare aziende “sonnacchiose” in comparti maturi per sottoporle a profonde ristrutturazioni intervenendo sulla rete di stabilimenti e così riposizionarle sul mercato per recuperare competitività e profitti. Prima ancora dei licenziamenti di Campi Bisenzio ed Erdington, nel
2019, la multinazionale annunciava la chiusura della sua fabbrica GKN Aerospace a Kings Norton, sempre a Birmingham, con 170 persone licenziate. A fine 2020 la stessa sorte era toccata alla filiale tedesca GKN-Driveline a Offenbach con 540 licenziamenti. Poi, ad inizio 2021 l’azienda aveva annunciato il licenziamento di tutti i lavoratori e la definitiva chiusura dello storio sito di Erdington, con oltre 500 dipendenti (vi si erano prodotti i cannoni che sconfissero Napoleone a Waterloo..) quando si spalancano le porte dell’inferno anche per la GKN di Campi Bisenzio mentre l’altro stabilimento italiano, a Brunico, impegnato sulla ricerca per l’elettrico, resta aperto senza problemi.
Ma non finisce qui, a fine gennaio 2023 GKN annuncia la chiusura dello stabilimento di Mosel-Zwickau in Sassonia con il licenziamento degli oltre 800 dipendenti.
In Italia non c’è solo la GKN di Campi Bisenzio nella tempesta dell’automotive, perché contemporaneamente in Brianza anche la Gianetti ruote, di proprietà dal 2018 del fondo tedesco Quantum Capital Partners, annuncia il licenziamento via mail agli oltre 150 dipendenti , chiudendo una storia industriale che durava da 114 anni. Altrettanto in Veneto, a fine 2021, il fondo svizzero Ronal comunica la chiusura dello stabilimento di Speedline, produttore di cerchi in lega, insediato a Santa Maria di Sala in provincia di Venezia.
Proletari di tutto il mondo, unitevi! Ma anche no: trattativa e accordo in UK, lotta dura senza paura in Italia
Sembra delinearsi, nell’estate del 2021, la possibilità di un grande conflitto, a scala europea, tra capitale e lavoro, con i proletari di tutto il mondo che si uniscono.
A Birmingham , scendono in sciopero gli oltre 500 dipendenti dello stabilimento ed altrettanto fanno gli i quattrocento di Campi Bisenzio. I sindacati, ovviamente, le istituzioni e le forze politiche della sinistra si schierano a fianco dei lavoratori sia a Birmingham che a Firenze chiedendo il ritiro dei licenziamenti, con la minaccia di chiedere la restituzione delle sovvenzioni pubbliche concesse all’azienda.
E’ un’estate di lotta e di mobilitazione che sembra unire in un comune destino i lavoratori inglesi che italiani.
Di fronte alla irremovibilità dell’azienda, i lavoratori inglesi riconfermano in un referendum tenutosi ad inizio settembre la richiesta di ritiro dei licenziamenti, di rilancio della produzione anche individuando nuovi sbocchi nel comparto della mobilità sostenibile. I lavoratori di Campi riconfermano, in assemblee egemonizzate dal Collettivo che di fatto decide obiettivi e strategie di lotta ispirate alle istanze più radicali (Insorgiamo!), non solo la difesa dell’occupazione dello stabilimento ma affidano alla vertenza anche il compito di affermare una nuova politica industriale, un nuovo sistema di relazioni industriali e di tutela dei lavoratori (che neanche l’art. 18 avrebbe tutelato) una nuova concezione della politica per un nuovo modello di sviluppo ed alla fine un nuovo modello di economia e di società, una nuova società. Tanta roba, vien da dire.
Nel frattempo, i sindacati ricorrono alla magistratura eccependo, a ragione, il mancato rispetto, da parte dell’azienda, delle procedure per i licenziamenti collettivi previste da contratti di lavoro e norme legislative in materia, italiane ed europee.
Il ricorso dei lavoratori è accolto, l’azienda è costretta ad annullare le procedure di licenziamento avviate e a ripartire con nuove comunicazioni e nuova decorrenza.
E’ una vittoria, ma una vittoria parziale perché non viene messa in discussione la piena legittimità e la insindacabilità della decisione di chiudere lo stabilimento.
Raffaele De Luca Tamajo, eminente avvocato giuslavorista, Professore emerito di Diritto del Lavoro all’Università di Napoli, commentando la sentenza afferma in una intervista
“Non mi sembra che allo stato né le Direttive europee né la legislazione e la contrattazione collettiva nazionale abbiano infranto il muro della sostanziale unilateralità delle decisioni relative all’an e al quomodo della impresa per consentire un varco nella discrezionalità dell’imprenditore di modificare la propria organizzazione o addirittura di far cessare l’impresa…………
Se è vero, come sembra, che nel caso del Tribunale di Firenze il processo informativo è risultato turbato da omissioni e informazioni parziali o non veritiere, la conseguente condanna della azienda per condotta antisindacale appare coerente, essendosi così preclusa al sindacato, per effetto di un inadempimento di obblighi espressamente sanciti, una consapevole azione di incidenza sull’agire imprenditoriale; incidenza, peraltro, praticabile sul piano della azione conflittuale, ma non su quello della codeterminazione in merito alla messa in liquidazione e alla chiusura dello Stabilimento della società GKN. Bisogna infatti distinguere i diritti strumentali alla possibilità di condizionare le decisioni aziendali dal vero e proprio diritto a co-determinare le politiche e le scelte aziendali” (Giustizia Insieme, 11 marzo 2022)
GKN si rivela un avversario assai ostico che nulla concede alla trattativa per la salvaguardia dei siti produttivi e della occupazione.
Dopo che a settembre i lavoratori dello stabilimento di Erdington avevano con un referendum confermato la volontà di resistere con scioperi ed agitazioni, a novembre – sempre con un referendum – decidono di cessare l’agitazione ed avviano la trattativa per le migliori condizioni di fuoriuscita dal lavoro, dei contenuti del “pacchetto di buonuscita”, con un voto espresso secondo le modalità previste dalla legislazione inglese, che proibisce le votazioni nei luoghi di lavoro, impone l’obbligo di voto segreto espresso esclusivamente per posta, per impedire forme di pressione psicologica a favore di qualcuna delle opzioni sottoposte al voto, sotto la supervisione da parte di persona qualificata e indipendente,
Sui documenti di bilancio, GKN può scrivere oggi “Durante tutto il processo di consultazione in caso di licenziamento, GKN Automotive ha lavorato con dipendenti, sindacati e rappresentanti dei lavoratori per assicurare sostegno alle persone colpite. A novembre 2021, è stato annunciato che i 519 dipendenti avevano accettato il pacchetto rivisto per gli esuberi. Così l’impianto è stato da programma chiuso nel 2022”A Campi Bisenzio invece non si vuol cedere alle decisioni della multinazionale, si vuole rinvigorire le azioni di lotta avendo accanto un vastissimo movimento fatto di istituzioni, di forze politiche, movimenti associativi di varia naturale, dall’ambientalista al religioso ai noglobal. In fondo, si dichiara, nel corso di una riunione con i giornalisti in fabbrica, basta niente per ripartire “con un po’ di cassa integrazione e una piccola riorganizzazione interna, questo stabilimento può fare, come si dice dalle nostre parti, ‘le buche in terra’» (Il Manifesto, 16 ottobre 2021). E’ una missione, quella cui si sentono chiamati gli esponenti del collettivo, non una vertenza sindacale qualsiasi: sconfiggere l’idra a sette teste del capitalismo globalizzato e del neoliberismo selvaggio e ripristinare le vecchie tutele che appartenevano all’economia fordista che proteggeva l’economi nazionale, caso mai con l’intervento dello stato diretto dello stato.Il 18 settembre 2021 a Firenze, palcoscenico che assicura una visibilità globale, sfilano quindicimila partecipanti sollecitando l’accoglimento delle rivendicazioni dei lavoratori della GKN La richiesta di una norma anti-delocalizzazioni e la normativa approvata Tra le iniziative che vengono sollecitate dal movimento di lotta per Campi Bisenzio, c’è quello per introdurre vincoli pesanti alle delocalizzazioni con chiusura di stabilimenti in Italia per trasferire le produzioni in paesi con costi più bassi, sia del lavoro che indotti da normative di tutela ambientaleViene presentata alla Camera il 5 novembre, primi firmatari Yana Ehm del Gruppo Misto e Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, una proposta di legge che riprende i contenuti di un documento elaborato da un gruppo di giuristi appartenenti alle associazioni Giuristi Democratici, Comma Due, Telefono rosso: si prevede che l’impresa sia tenuta a comunicare preventivamente al governo il progetto di dismissione e a presentare, al ministero per lo Sviluppo economico, un piano per la salvaguardia dei lavoratori, che dovrà essere approvato anche con il consenso dei sindacati. Il veicolo pubblico Cassa Depositi e Prestiti avrebbe avuto poi la possibilità di subentrare nella proprietà o sarebbe stato comunque tenuto a controllare l’affidabilità di un eventuale acquirente esterno. Si aggiungeva, infine, la possibilità per i lavoratori di riunirsi in una cooperativa, che avrebbe la precedenza insieme allo Stato nell’acquisto dell’azienda. Il mancato rispetto ovviamente implicherebbe l’illegittimità dei tagli al personale e l’applicazione di sanzioniE’ la richiesta, in sostanza, di collocare una robusta catena all’imboccatura del porto per impedire alle imprese all’interno di uscire senza pagare un dazio salato, trascurando il fatto che l’esistenza di quel dazio e di quella catena scoraggia nuove imprese ad attraccare in quel porto, dove sarebbero catturate e imbrigliate nello sviluppo delle loro strategie; tutto questo in un paese che di attrarre investimenti esteri ha un grande bisogno. La normativa approvata a fine 2021 prevede l’obbligo, per le imprese con almeno 250 dipendenti e che intendano chiudere una azienda con il licenziamento di almeno 50 occupati, di comunicare la volontà di iniziare la procedura di chiusura entro 90 giorni e di presentare un piano per limitare le ricadute occupazionali, con relative accresciute sanzioni. “Acqua fresca”, definisce la legge approvata Stefano Fassina, allora autorevole esponente politico, non si colpisce abbastanza il capitale. E alla Vigilia di Natale 2021, le coup de théatre: arriva il cavaliere bianco Nell’aspro conflitto che si svolgeva in quel di Campi Bisenzio a un certo punto GK aveva scelto, come consulente per la ricerca di investitori interessati a rilevare lo stabilimento, Franceso Borgomeo, laurea in filosofia alla Sapienza di Roma e poi perfezionamento alla Pontificia Università Gregoriana. L’aveva presentato in quanto questi aveva maturato negli anni precedenti alcune esperienze di salvataggi in provincia di Frosinone, l’ex Ideal Standard di Roccasecca e l’ex Marazzi Sud di Anagni, per la produzione di piastrelle e sampietrini[1] nella cui produzione erano impiegate anche le ceneri del vicino inceneritore[2] di San Vittore, gestito da ACEA. A dirla tutta, il primo progetto di rilancio aveva puntato sul settore delle energie rinnovabili con la tegola fotovoltaica, prodotto che tuttavia non aveva retto alla pressione di un mercato altamente competitivo[3].Ma l’abito di consulente viene subito dismesso e Francesco Borgomeo si carica direttamente del ruolo di salvatore della GKN: il 23 dicembre, a Roma, la società QF Spa, del gruppo Borgomeo, acquisisce il 100 per cento della società GKN Driveline , ritira la messa in liquidazione e avvia un percorso di riconversione a partire dal nome, tutto un programma, QF Spa, o anche “Quattro F” che , come si premura di illustrare lo stesso Borgomeo, stanno per ‘Fiducia nel Futuro della Fabbrica di Firenze’, sono quatto F che spiegano come la penso”. La firma di oggi è l’inizio e non la fine di un percorso finalmente siamo arrivati alla linea di partenza e la strada da fare è tanta. Fino a pochi giorni fa sembrava impensabile riuscire a potersi dedicare al percorso di riconversione. Oggi si può partire». Anche se, annota la stampa, il passaggio di proprietà dovrebbe essere una tappa intermedia in quanto, entro sei mesi, ci sarebbe stata la cessione dello stabilimento ad una delle due aziende, lì pronte con le risorse da investire, con cui Borgomeo sarebbe stato in trattativa: un’azienda farmaceutica e un’altra di componentistica per le energie rinnovabili, non indicate ma lì con decine di milioni di euro da mettere sul piatto.
E i lavoratori, in assenza di ipotesi alternative, approvano in assemblea il closing del passaggio “Nella serata di venerdì 20 gennaio il referendum per la valutazione dell’Ipotesi di Accordo per la QF, ex GKN di Campi Bisenzio a Firenze, sottoscritta lo scorso 19 gennaio. Il 98,8% delle lavoratrici e dei lavoratori ha espresso voto favorevole e pertanto la Commissione Elettorale ha certificato la vittoria del sì. Sui 354 aventi diritto hanno partecipato al voto in 265. I voti validi sono stati 264, di cui 262 a favore, due contrari e un astenuto”
Un ottimo risultato (pesano comunque i 90 non partecipanti al voto) che è accompagnato dall’impegno perché la nuova proprietà e le istituzioni “rendano concreti gli obiettivi come da cronoprogramma per consentire la ripresa dell’attività e garantire la continuità occupazionale di tutti i lavoratori, compresi quelli degli appalti…Noi non possiamo che prendere atto di questo passaggio, su cui non c’era nulla da concordare con noi e nulla, per il momento, è stato concordato. Entriamo in una nuova fase. Né più né meno pericolosa di quella precedente…Il passaggio di proprietà avviene in piena continuità occupazionale e di diritti. Per quanto ci riguarda manteniamo stessi posti di lavoro, stessa accordistica, stesso libro matricola. E avviene in continuità di salute dello stabilimento visto che l’abbiamo preservato e curato. Così è, così dovrà essere. Qualsiasi soggetto industriale arrivi, lo deve fare mantenendo diritti e posti di lavoro. Non saremo mai terreno di operazioni opache o di ricatti.”
Era troppa la soddisfazione per essersi liberati di una controparte non malleabile, come avevano certificato la chiusura degli stabilimenti di Birmingham e di Offenbach, per niente sensibile ai richiami della politica italiana, che a questa veniva consentito di andarsene senza farsi carico di misure per i lavoratori dello stabilimento, cui non risulta siano state prospettate ipotesi di accordo per un congruo pacchetto di buonuscita, affidando al soggetto imprenditoriale subentrante anche la corresponsione futura del trattamento di fine rapporto. E GKN nei suoi documenti poteva registrare, con distacco, che la decisione di chiudere lo stabilimento di Campi Bisenzio non aveva prodotto alcuna ricaduta sociale negativa: “per Firenze, attraverso un processo che ha coinvolto autorità locali e nazionali, siamo riusciti a garantire un futuro di reindustrializzazione per il sito con un nuovo proprietario” (Continua)
[1] https://www.alessioporcu.it/articoli/saxagres-presentato-bond-per-lanciare-anagni-e-roccasecca/
[2] http://cdca.it/economia-circolare-la-stai-facendo-male-la-favola-di-saxa-gres/
[3] Ad oggi tutte le aziende del gruppo risultano inattive dall’estate 2022 causa fiammata dei costi energetici ed il 15 marzo 2023 Francesco Borgomeo ha chiesto ancora un anno di cassa integrazione https://gualdonews.it/2023/03/15/saxa-aperto-il-tavolo-di-crisi-in-regione-chiesto-un-altro-anno-di-cassa-integrazione/
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