E se la frase appena pronunciata dal magnifico Matteo Renzi, “Pieno appoggio al governo Conte”,avesse lo stesso valore semantico di quella famosissima “Enrico, stai sereno”, diretta con simile improntitudine a Enrico Letta, allora capo del governo poi svaporato e sostituito nel giro di qualche settimana?
La storia pregressa del rignanese ci può illuminare: messo a riposo il governo Letta, lui ne avvia un altro che nasce grazie al patto (o meglio “inciucio”) del Nazareno, con il quale contraddice tutto ciò che aveva sostenuto nella campagna elettorale del 2013; senza poi dimenticarci che il neonato governo Renzi vide la luce in virtù di un altro gigantesco ribaltone: la rielezione presidenziale di Giorgio Napolitano al posto di Romano Prodi.
Da “Enrico, stai sereno” a “Giuseppe, stai sereno” il passo, dunque, è breve. Ed ha avuto tutte le ragioni di questo mondo per irritarsi il premier Conte, quando il Magnifico ha annunciato candidamente, nemmeno una settimana dopo il giuramento del Conte bis, la nascita di un gruppo autonomo di suoi fedelissimi, ovvero di un nuovo partito coniato a sua immagine e somiglianza.
Non è che in questa personalizzazione dei partiti ci sia ormai più tanto per cui scandalizzarsi: dopo Forza Italia che di Berlusconi ha tutto, anche il Dna; dopo i Cinquestelle partoriti direttamente dal ventre di Grillo; dopo che la Lega è stata “salvinizzata” e dopo che i vari Calenda, Toti eccetera se ne sono andati a farsi il loro partitino privato, perché mai il brillante rignanese dovrebbe restare in un angolo nel Pd,quando invece potrebbe divenire, come Lorenzo de’ Medici, l’ago della bilancia?
Allora quel “pieno appoggio al governo Conte”, in realtà, suonerebbe più come la minaccia di potergli staccare la spina, visto che al Senato i numeri della maggioranza sono risicati, e di rimandare tutti a sottoporsi al (temutissimo) verdetto popolare; anziché come una garanzia di serenità per il futuro.
Queste probabilmente le intenzioni del magnifico Matteo, la cui esagerata volontà di potenza traspare già nell’andatura con petto in fuori, pancia in dentro e nell’eterno sorriso Durbans. Ma saranno poi realistiche queste intenzioni o sono solo frutto della sua fervida immaginazione? Perché, se da una parte è vero che in Parlamento ci sono una quarantina di renziani dichiaratamente pronti a seguirlo in capo al mondo, visto che “fatti non foste a viver come bruti…”; nel Paese reale – che è ormai molto molto distante dal Palazzo -, quanta forza avrebbe la sua creatura Italia Viva?
Chi è pronto a scommettere che arriverebbe alle due cifre? Sembra che sondaggisti di provata affidabilità valutino la consistenza del nuovo partito renziano intorno al 4-5 per cento, e non oltre.
Allora la forza della minaccia latente si smorza, se si fanno i conti e non ci si lascia intimorire dall’atteggiamento rampante del rignanese che vorrebbe marciare come Macron, ma resta a capo di una pattuglia che rischia – direbbe D’Annunzio – di marcire; apparentemente animato da buone intenzioni liberali, progressiste e non assistenzialiste; in realtà logorato da prepotente brama del potere che non riavrà mai più.
L’immagine che sta impazzando nei social di Matteo Renzi vestito da Jep Gambardella mentre professa il suo credo nichilista ne La grande bellezza/grande Leopolda, dunque, trova nei fatti la sua ragione d’essere.
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