Lo scorso 26 maggio in occasione delle elezioni europee la Francia ha vissuto la prima tornata elettorale da due anni a questa parte, quando le presidenziali e le successive legislative sancirono il successo, inaspettato fino a qualche mese prima, di Emmanuel Macron.
In una campagna che ha visto i candidati confrontarsi, nonostante tutto, su temi cruciali per il futuro dell’UE – politica industriale comune, gestione frontiere, governance -, un minuto dopo la pubblicazione dei primi exit poll l’attenzione degli analisti si è spostata sul panorama politico francese.
Quali sono le conclusioni da trarre da questa tornata elettorale? In primo luogo va sottolineato il dato della partecipazione, in forte aumento rispetto alla scorsa consultazione per le europee. La crisi sociale evidenziata dal movimento dei gilets jaunes ha probabilmente aiutato la mobilitazione, ma a differenza di 5 anni fa questa volta la soglia del 50% di partecipazione è stata ampiamente superata.
Se veniamo a analizzare il risultato elettorale, il primo dado da trarre riguarda sicuramente il quadro politico che appare nuovamente frammentato con nessun partito capace di andare oltre il 25% dei voti. La conferma rispetto alle elezioni di due anni fa riguarda innanzitutto la crisi sempre più profonda dei partiti egemoni della quinta repubblica. Il partito gaullista e il partito socialista, sono infatti ai loro minimi storici, mentre l’estrema destra e il nuovo blocco En Marcheconsolidano il loro risultato del 2017.
Come previsto dai sondaggi il testa a testa tra le due opposte formazioni si è concluso con meno di un punto percentuale di scarto, ma questa volta il Rassemblement National (FN) è uscito vittorioso dalle urne imponendosi come primo partito di Francia. Quello che qualche anno fa sembrava impossibile, da qualche anno a questa parte non è più una novità. Il blocco lepenista consolida ormai da anni un bottino di voti che gli permette di oscillare intorno al 20-25%, grazie sicuramente anche al non essere quasi affatto rappresentato nelle istituzioni transalpine, a causa del sistema elettorale a doppio turno. L’opposizione permanente, si sa, aiuta le campagne elettorali.
La lista Renaissance – En Marche riesce a limitare i danni e a fare un buon risultato, soprattutto se si tiene presente che tutte le altre liste non hanno esitato, durante la campagna, ad attaccare duramente la maggioranza di governo
Chi invece esce nettamente perdente da queste elezioni sono les Républicains, che scendono ben sotto la soglia “catastrofe” del 10%. Se pensiamo che, prima degli scandali del candidato Fillon nella scorsa campagna presidenziale, il partito gaullista era dato come unico favorito nella corsa all’Eliseo, fa impressione oggi vedere come il loro bacino elettorale si sia prosciugato, stretto dall’estrema destra da un lato, e dalla via liberale macronista dall’altra. Ridotti a difendere solo un’identità, appoggiandosi al richiamo della Francia cattolica e conservatrice, quella che una volta era “la destra” francese si ritrova oggi a vivere gli incubi del partito socialista dopo il quinquennat Hollande senza, va detto, aver governato.
Queste elezioni dicono invece che a sinistra di En Marche c’è vita. Nonostante la grande frammentazione del voto con molte liste a “cacciare” sullo stesso terreno, la sinistra francese si ritrova complessivamente a pesare circa ⅓ dell’elettorato, trainati dalla grande prestazione dei Verdi che si sono inaspettatamente ritrovati terzo partito nel nuovo quadro politico. La protezione dell’ambiente e del clima è ritornata potentemente ad occupare la scena politica, e un’identità chiara ha sicuramente aiutato la formazione ecoloed europeista a fare un grandissimo risultato. Chi ha invece sofferto queste elezioni a sinistra è sicuramente la France Insoumise, altra grande sconfitta della tornata elettorale. La formazione populista di estrema sinistra ha infatti diviso per tre i suoi voti rispetto alle presidenziali ed è stata incapace di attirare il consenso. Va notato come, nonostante i tentativi del partito di Melenchon di cavalcare l’onda dei gilets gialli, la crisi non ha minimamente aiutato il blocco di estrema sinistra ma, al contrario, è andata a consolidare il voto dell’estrema destra.
La lista del Partito socialista, in alleanza con il movimento Place Publique, riesce invece a limitare i danni, passare la soglia di sbarramento per sopravvivere nel nuovo quadro politico, sperando in futuro di tornare ad essere la forza aggregatrice a sinistra.
Queste sei formazioni sono quindi le sole capaci di eleggere degli europarlamentari, in un momento delicato per il rinnovo nelle istituzioni comunitarie, in cui la Francia con la guida del suo presidente Macron cerca di imporre la sua agenda nel nuovo panorama politico.
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