Ultimi giorni della campagna per le europee in Francia e ultimi sforzi per i candidati in una competizione elettorale nel segno di un’inedita frammentazione del sistema politico transalpino. Per il primo appuntamento elettorale dall’elezione di Emmanuel Macron all’Eliseo e dalle successive legislative, i cittadini francesi potranno scegliere nell’urna tra 34 liste diverse. Se molte di queste sono completamente sconosciute al grande pubblico e non hanno alcuna chance di passare la soglia di sbarramento del 5% per accedere ai 76 seggi francesi dell’europarlamento, circa una decina di liste e partiti hanno contribuito a alimentare la campagna. I temi percorsi e dibattuti in radio, in rete e in tv sono stati molti ma spesso imperniati intorno a due questioni cruciali; da un lato il richiamo costante all’identità, in un paese culla del nuovo sovranismo imperante, dall’altro l’ecologia, a cui tantissimo spazio è dato dai programmi e dai candidati. Se a destra si cavalca la nostalgia e il ritorno a un’idea di Europa delle nazioni, per ritornare alle frontiere e rinchiudersi nell’illusione identitaria sovranista, dal centro alla sinistra la cura dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici sono stati il leit motiv di queste elezioni.
Politicamente, un minuto dopo la chiusura dei seggi, l’attenzione di questo scrutinio si sposterà su tre battaglie diverse.
La prima e la principale: chi arriverà in testa domenica, la lista Renaissance della maggioranza macronista, o il Rassemblement National? da un lato il nuovo movimento liberale, europeista e – in questa campagna – ecologista, dall’altro il movimento reazionario e conservatore che ha saputo più di tutti beneficiare della crisi sociale aperta dai gilets jaunes. Se nei sondaggi il RN è leggermente favorito, portato da Jordan Bardella – capolista ventenne con nome italianissimo messo alla ribalta da Marine Le Pen -, la lista Renaissance guidata dall’ex ministro Nathalie Loiseau prova negli ultimi giorni, con l’impegno di tutti i membri del governo, a riaffermarsi come primo partito di Francia. Sarà fondamentale nelle letture politiche dell’indomani vedere il risultato del partito di governo. In assenza di doppio turno e in un quadro frammentato, per Macron passare in testa sarebbe un grande risultato, alla luce delle tensioni degli ultimi mesi. Confermare il risultato inaspettato del primo turno del maggio 2017, ovvero ottenere almeno quello stesso 23% sarà il primo obiettivo per il partito di maggioranza. La scelta di Madame Loiseau, esperta dei meccanismi dell’UE ma con poco carisma politico, come capolista non è stata probabilmente la più felice per Macron, il quale negli ultimi giorni prova a scendere nell’arena elettorale per mobilitare il suo elettorato nell’ennesima battaglia all’estrema destra. La caccia al voto è come sempre un po’ nel campo della destra moderata, aperta e liberale, un po’ a sinistra sul terreno ecologista e di barrageall’estrema destra.
Il futuro della sinistra e la sopravvivenza della destra sono gli altri punti da osservare da domenica sera. La sinistra è come da tradizione divisa, con almeno 3 liste speranzose di superare la fatidica soglia del 5%. I resti del PS si sono affidati a Raphaël Glucksmann del movimento Place Publique per una lista dal bel nome “Envie d’Europe”, nella speranza di unire il più possibile, sotto varie sigle, la sfida socialdemocratica per un’Europa ecologica e sociale. I verdi, guidati dall’eurodeputato Yannick Jadot, sperano di capitalizzare la grande attenzione mediatica generata dai giovani e da Greta Thurnberg sulla lotta ai cambiamenti climatici e, al tempo stesso, dal dibattito sul divieto dell’utilizzazione del glifosato in agricoltura, tema molto sentito nel paese agricolo per eccellenza in Europa. Va sottolineato come da sempre i Verdi francesi siano sempre stati convintamente europeisti, consci che solo la battaglia sovranazionale potrà dare le giuste risposte alle grandi sfide ecologiste. Chi crede poco nel progetto UE é la France Insoumise, partito di Melenchon con una lista guidata da Manon aubry, ex-Oxfam, che proverà invece a limitare i danni rispetto al boom delle elezioni presidenziali, e a non scendere sotto il 10%. La lista di estrema sinistra, populista e euroscettica, è probabilmente quella che, contro tutte le indicazioni, ha sofferto il movimento dei gilets jaunes, finito come prevedibile per alimentare più i voti dell’estrema destra. A queste sigle si aggiungono poi i Comunisti, guidati da un ottimo oratore, Ian Brossat, e la lista Generation-s guidata dall’ex candidato socialista Benoit Hamon. Se in Italia per un elettore di centro sinistra è abbastanza facile votare per quel PD “a vocazione maggioritaria”, in Francia senza doppio turno diventa ben difficile scegliere in quest’offerta politica. Se poi a ciò si aggiunge che il terreno di caccia è molto simile, i partiti tendono ovviamente ad accentuare tutte le differenze possibili con il proprio vicino, piuttosto che a riuscire ad aggregare il proprio elettorato.
L’ultimo elemento degno di attenzione sarà poi la sopravvivenza della destra storica e gaullista francese in questo sistema politico. Schiacciati dalle liste lepeniste da un lato, e dal movimento di Macron dall’altro, i républicains proveranno a limitare i danni sperando di non scendere sotto al 15%. Per cercare di continuare a esistere, il partito gaullista ha provato a ricostruirsi un’identità, affidandosi a un giovane capolista, François-Xavier Bellamy, giovane filosofo trentenne. Con il volto del filosofo, la destra cerca di riscoprire le proprie radici conservatrici e cristiane per provare a rilanciare la Francia all’interno del PPE, e continuare a esistere con una via di mezzo tra il liberalismo laico di Macron e il sovranismo statalista, xenofobo e reazionario dell’estrema destra.
Non resta che aspettare domenica sera e vedere un po’ chi saranno i nuovi europarlamentari francesi, sperando che i movimenti europeisti restino maggioranza per costruire nuove alleanze e ridare una nuova energia a questo progetto incredibile come l’Unione Europea.
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