Le elezioni amministrative sono un’ottima occasione per parlare dei temi rilevanti, dei problemi e dei sogni pensati per le città italiane. Questo sta accadendo anche a Firenze. Ha iniziato pochi giorni fa il Sindaco uscente Dario Nardella presentando il canovaccio del suo programma. E certamente cominceranno a farlo gli sfidanti fra cui il principale, stando alle previsioni, Ubaldo Bocci. Proprio da pochi giorni confermato, dalla alleanza di centrodestra, quale candidato unitario ufficiale.
Entreremo nelle prossime settimane sui temi trattati. Sui progetti presentati e sulla maggiore o minore credibilità delle proposte avanzate. Insomma sugli scenari che i singoli candidati prospetteranno ai cittadini di Firenze dall’alto dello scranno di Sindaco della città. Ma oggi vogliamo parlare di economia. Che è certamente uno fra i temi di particolare importanza per i cittadini ma che non dipende esclusivamente, e forse neppure prevalentemente, dalle politiche realizzate a scala comunale. L’economia della città, e vedremo cosa “città” voglia significare, rappresenta un elemento di contesto nel quale si svolgono gli accadimenti fiorentini ma è un elemento che travalica in gran parte i confini comunali. Quando si parla dell’economia della città sarebbe infatti completamente sbagliato rifarsi esclusivamente alla Firenze dentro le mura e non basterebbe neppure avventurarsi al largo delle periferie fiorentine ma occorrerebbe considerare al minimo il sistema metropolitano o meglio ancora l’area vasta più o meno delimitata dai confini provinciali. Quello è il sistema economico locale fiorentino. E quello è il livello minimo in cui ha senso parlare di economia. Ed è quindi un problema se nei dibattiti politici per le elezioni comunali spesso i candidati, parlando di economia, puntano la propria attenzione principalmente sul turismo, al massimo sulle attività commerciali e sui servizi alla persona tralasciando del tutto l’economia industriale con i connessi servizi e con il sistema della finanza, della ricerca e dell’innovazione a questa legati. Ed invece l’economia del sistema di area vasta è rilevante ai fini della qualità della vita dei cittadini di Firenze. E questa economia parla in grande. E’ evidente che i circa 2 miliardi di spesa turistica a Firenze se considerati rispetto a ciò che accade dentro le mura, appaiono una parte rilevante dell’economia cittadina. Ma se usciamo dal centro storico ci imbattiamo nei quasi 12 miliardi di esportazioni prevalentemente industriali, cresciute negli ultimi dieci anni dell’80% rispetto al 60% regionale e al 70% nazionale, e nella produzione complessiva di Pil che può essere valutata intorno ai 35 miliardi. Valori importanti che segnano un livello economico del sistema fiorentino decisamente superiore al livello medio nazionale. Fatto 100 il Pil procapite nazionale qui si registra infatti un valore di 130 con un valore medio per abitante intorno ai 35 mila euro su base annuale.
Le punte di diamante del sistema produttivo sono, come sappiamo dalla tradizione storicoeconomica della città, il sistema moda, il complesso meccanico e l’industria farmaceutica. Tutti sistemi che hanno come elemento in comune la necessità di innovazione e il rapporto essenziale con il mondo della ricerca e della formazione. Questo è il primo punto, spesso assente nel dibattito “comunale”, su cui si dovrebbe impegnare il sindaco di Firenze. Certo non tanto sulla base delle proprie competenze, certamente limitate in materia, quanto piuttosto sulla autorevolezza del ruolo ricoperto e sulla possibilità che deriva dall’essere a capo della città metropolitana. Si tratta di politiche che hanno referenti e riferimenti nazionali e regionali ma che possono vedere nel Sindaco della città capoluogo, insieme ai sindaci di un’area più vasta, un elemento catalizzatore di esigenze che emergono dal sistema locale da parte di imprese e lavoratori. Inoltre non è da sottovalutare l’importanza della gestione di servizi e produzioni da parte di imprese partecipate che devono sempre di più funzionare come parte avanzata di una presenza pubblica nel sistema produttivo liberandosi definitivamente dai tradizionali lacci di una “cultura politicistica”. E allora diventa importante parlare di industria, di lavoro e anche di quella componente centrale nei processi di innovazione e di conoscenza che è l’Università. E se, come appare nel QS World University Rankings, l’Università di Firenze sta in graduatoria fra il 300esimo e il 400esimo posto nel Mondo (con una tendenza al peggioramento), questo deve diventare un tema di discussione politica di vitale importanza anche a scala locale. E anche in una discussione fra candidati sindaci in campagna elettorale. L’innovazione infatti, come dimostrano le esperienze più avanzate del mondo, non è quasi mai un fatto realizzato da componenti isolate ma è frutto, in primo luogo, di una atmosfera e della presenza di processi in atto a livello sistemico. Ed è qui che le istituzioni locali possono avere un ruolo.
Un altro punto importante su cui il sistema locale può facilitare processi di innovazione è quello relativo alla gestione finanziaria delle imprese. La finanza è oramai globale e risponde a logiche internazionali. Ma specialmente nel tessuto di piccole e medie imprese e nella crescita di nuove attività si possono trovare dei meccanismi a scala locale per convogliare una parte dei risparmi dei cittadini verso l’impegno produttivo. Nessuna autarchia localistica ma piuttosto il rafforzamento di interconnessione fra il risparmio di una delle più ricche aree del sistema nazionale e una delle più avanzate aree produttive del paese. Per cogliere quelle sinergie che possono trovarsi in una scala locale dove convive una certa domanda e una certa offerta di flussi finanziari.
Ed infine c’è il tema del territorio. Inteso come governo del territorio, con gli strumenti urbanistici e di disegno e ridisegno della città e dell’area vasta, e come sistema delle infrastrutture di collegamento interno ed esterno. Il territorio non è un contenitore dello sviluppo. Ma è un elemento, assieme all’imprenditorialità, al lavoro e alla finanza, del sistema produttivo. Un elemento che interagisce dando vantaggi competitivi, favorendo processi di innovazione e di rafforzamento produttivo ma anche, se non governato, un vincolo e un limite allo sviluppo. E qui i temi per Firenze sono tanti dall’Aeroporto all’Alta velocità passando per la mobilità interna ferroviaria e tranviaria. Appunto non tanto e solo con un occhio alla vivibilità della popolazione, cosa importante, ma come come asset principale per lo sviluppo produttivo di qualità. All’altezza della competizione a scala globale.
Insomma lo sviluppo di una industria innovativa, che non è oramai nelle aree avanzate del mondo più solo “hardware” ma è tanto e sempre di più “software” e integrazione sistemica con i tanti soggetti locali oltre che quelli globali, è un tema da campagna elettorale. Può sembrare per un candidato sindaco un tema troppo lontano dalla sensibilità del cittadino medio. Ma lo sforzo da fare è invece quello di farne vedere la vicinanza e l’interazione con la vita quotidiana di tutti i giorni. Perché la discussione sullo sviluppo economico non parla d’altro ma parla alla fine della qualità della vita di tutti noi e ne parla qui ed ora e per i prossimi anni. E non può essere lasciata solo ad un gruppo ristretto di esperti. Forza candidati sindaci, che la discussione abbia luogo.
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