A proposito della mania dei tedeschi per l’ordine, diceva Karl Krauss che dovunque arrivano mettono le cose a posto, le proprie, ma spesso e volentieri anche quelle altrui.
Se questo è vero, e la storia per molti aspetti lo conferma, allora perfino la caotica Firenze può sperare, dato che ne sta ospitando ben tre, di tedeschi, e tutti col dna del protagonismo bene in vista.
Uno, Eike Schmidt, corre addirittura da sindaco dopo otto anni passati a rivoluzionare gli Uffizi. L’altra, Cecilie Hollberg, dirige l’Accademia e ha già scandalizato la governance attuale di Palazzo Vecchio dicendo quanto tutti già sapevano, ossia che la città si è prostituita al turismo e che dunque bisogna metterci una pezza. Il terzo, Anselm Kiefer, giganteggia a Palazzo Strozzi con una mostra monumentale, di tonnellaggio e spessore wagneriani, molto azzeccata anche nella metafora del titolo, Gefallene Engels, angeli caduti.
Sarà il destino, sarà semplice coincidenza, ma quegli angeli caduti non sono solo le tormentate anime germaniche care all’artista. Siamo anche noi fiorentini marginalizzati dalla modernità e perfino espulsi fisicamente dal centro storico ormai reso invivibile da una congiunzione astrale di prezzi stellari, invasione di lanzichenecchi, bassa criminalità migrante, spaccio di droghe e cantieri interminabili, aria pestilenziale, più varie ed eventuali.
Però non è un caso che tutti e tre questi signori di Germania appartengano al mondo della cultura, che resta tra i pochi valori di Firenze ancora spendibili nel mondo. Valori poco apprezzati in patria, si direbbe, dal momento che il contesto cittadino degradato a casbah da cecità politiche ultradecennali, proietta sull’insieme un velo di grigia decadenza inarrestabile che fa rima perfetta con i Gefallene Engels di Palazzo Strozzi.
L’idea di un sindaco tedesco, per di più candidato del centrodestra, dispiace alle sinistre tra le cui file alberga ancora il ricordo della guerra. Piace invece e molto non solo a destrorsi e conservatori, ma pure alla legione di delusi dai dem, in particolare dacché le mattane della turbosegretaria Elly Schlein hanno condotto il PD a una crisi di nervi radicale. E l’aver imposto con un golpe la fragile candidatura di un clone che i suoi stessi sodali chiamano Sala Funerea, ha provocato malesseri e rotture insanabili.
Schmidt è comunque il primo candidato del centrodestra fiorentino competivo sia per prestigio personale che in termini di Zeitgeist. Un bene per la democrazia dell’alternanza. Lo spirito del tempo, si sa, è sfavorevole alla sinistra e favorevole alla destra, e il tedesco potrebbe perfino farcela avendo un dichiarato animus democratico e antifascista come pretende la tradizione di Firenze.
Io conto poco, ma a me sta simpatico e lo direi affidabile. Come manager, del resto, ha già dimostrato agli Uffizi quanto vale, e non per caso gli è stato poi affidato il gran museo di Capodimonte. Gli avversari lo accusano di non conoscere le periferie. Forse, ma da quanto dice sa bene quel che c’è da fare fin da quando dagli Uffizi litigava col sindaco Nardella (che lo multò) per via dei bagarini che assediavano l’ingresso. Ossia c’è da fare piazza pulita delle troppe mafie e gang e sensi di colpa che paralizzano la città: tassisti, vigili, ambulanti, migranti, clientele sedimentate ovunque. Ce ne sarebbe di lavoro e di croste da scollare.
Schmidt ha anche l’età giusta (56), il physique du role e il carattere per fare il sindaco. Alto e quadrato, sempre sorridente e rubizzo, parrebbe il solito tedesco bonaccione delle feste della birra, vestito alla Schutzen a cantare Die Wacht am Rhein con la pinta di bionda in pugno. Ma non è così. È comandino quanto basta e sul lavoro sa farsi rispettare. Come Kiefer viene dal cattolico Baden Wuttenberg, il Land più a sud. Freiburg, la sua città, si trova a pochi chilometri dal confine francese e da Basilea, la Svizzera.
Aver studiato in gioventù in Italia e proprio a Firenze gli garantisce un’ottima conoscenza del paese. Parla un italiano spigoloso ma perfetto. A Firenze ha anche conosciuto la moglie, la pesarese Roberta Bartoli, allieva di Mina Gregori. Entrambi hanno fatto lunghe e qualificate esperienze all’estero, in particolare negli Stati Uniti. Da ultimo Schmidt ha ottenuto la cittadinanza italiana. Per Sara Funaro sarà un osso duro.
Questione di giorni e presenterà il suo programma. Prima o poi arriveranno anche i nomi della sua giunta e quelli della lista elettorale. Sbaglierò, ma prevedo cose assai concrete, nessun’isola galleggiante in Arno. Tutto, poi, dipenderà da quanto saprà rendersi indipendente dai partiti che lo sostengono.
Di sicuro potrà contare sulla complicità di Cecilia Hollberg, la ragazza della Bassa Sassonia che dà del tu a Firenze. Anche lei ha ricalibrato la sua galleria. Giustamente ce l’ha coi magrebini che infestano l’ingresso coi loro poster sparsi lungo via Ricasoli. Sono come le mosche sul miele: passa la polizia e spariscono, un attimo dopo sono di nuovo tutti lì. C’è l’ha anche con gli svalvolati di Ultima Generazione che nei giorni scorsi si sono incatenati alla base del David. Roba da matti, ha detto lei. Ma non si arrenderà. Glielo farà vedere lei. Non solo è tedesca. Si ricordino che si chiama Hollberg, ‘ montagna infernale’.
Mi piacerebbe sapere Karl Kraus cosa ne pensa. Se fosse vivo, ovvio.
Massimo Gregorini
Bell’articolo; condivido! Ho sempre votato a sinistra ma vedere nel programma della Funaro l’isola sull’Arno, ho pensato che a Firenze nel PD sono impazziti!