È uscito (e se ne è molto parlato) il cosiddetto Decalogo di proposte per il rilancio da Firenze e Venezia dal sottotitolo suggestivo “Città d’arte? Non metterle da parte”.
Il Decalogo è articolato in tre filoni: 1) Salvaguardia filiera del turismo 2) Trasporti 3) Residenzialità. Quest’ultimo comprende gli ultimi 4 Comandamenti. In questo articolo tratteremo uno solo di questi, il Settimo Comandamento: Norme per gli appartamenti destinati agli affitti brevi. Argomento cruciale per il futuro della Venezia storica come città vera, di cui su questa testata ci siamo occupati più volte.
Cercheremo di analizzare la proposta ma farei subito una considerazione preliminare: comunque la si pensi, va dato atto ai due primi cittadini di aver fatto una mossa coraggiosa. Il tema delle locazioni private per i turisti impatta con interessi economici giganteschi e solo cercare di metterci il naso è stato un gesto temerario e per nulla scontato.
E soprattutto è argomento oggettivamente scivoloso: perché qualsiasi indirizzo teso a limitare la proliferazione delle locazioni turistiche limitando i gradi di libertà dei piccoli privati può essere visto come un favore alle grandi Agenzie e agli albergatori. Per essere chiari qui si contrappongono due teorie di fondo.
- La locazione turistica degli appartamenti droga il mercato immobiliare rendendo di fatto impossibile trovare in affitto per residenti e peraltro droga anche il valore degli appartamenti perché se un appartamento diventa una fonte di lavoro e non solo un bene (come nelle località non turistiche) dove vivere e/o averne un ricavo da affitto normale è chiaro che il suo valore diventa “altro”.
- Facilitare la locazione turistica ai privati, anche piccoli, significa distribuire le ricadute del turismo, tenere in prossimità i ricavi, consentire una possibilità di reddito ai residenti e generare un’economia indotta. Viceversa ogni limitazione (oltre che lesiva del principio della proprietà privata) è un favore alle grandi Agenzie e agli albergatori e quindi la perdita di possibilità di lavoro per i residenti e il drenare i ricavi ad organizzazioni e finanziarie esterne che nulla lasciano alla città (se non i disagi).
Chi scrive ha sempre sostenuto con convinzione la posizione 1) pur rendendosi conto che alcune argomentazioni della 2) circa le ricadute positive non sono campate in aria e soprattutto non sono campati in aria i potenziali rischi. Quindi materia, come si diceva, oggettivamente complessa perché appunto non è tutto bianco o tutto nero e ci sono argomentazioni convincenti (e naturalmente punti deboli) in entrambe le posizioni di cui sopra.
I due Comuni scelgono decisamente la posizione 1. Riporto integralmente il testo.
Il fenomeno degli affitti brevi necessita di una miglior gestione, quindi di una normativa nazionale più chiara e definita. Le normative presenti sono spesso distoniche e producono forti disparità tra coloro che offrono servizi nel settore in maniera professionale e quanti possono farlo in modo non professionale, grazie alle possibilità offerte dalle piattaforme online e dalla sharing economy. Queste, infatti, consentono di celare un’attività imprenditoriale vera e propria dietro una locazione di abitazione, senza dover sottostare a regole che, al contrario, valgono per i professionisti del settore. La conseguenza di ciò è che troppo spesso si genera un’offerta improvvisata e non qualificata che inficia quella complessiva del paese e genera concorrenza. Troppo spesso le case affittate a scopo turistico per una o poche notti producono a tutti gli effetti una concorrenza sleale nei confronti delle strutture alberghiere, oltre a generare problematiche di vicinato in caso di appartamenti in condominio.
Per molti motivi:
- Le licenze alberghiere sono rilasciate dai comuni e spesso contingentate; quelle per gli appartamenti non sono limitate né regolamentate;
- Le strutture ricettive sono imprese a tutti gli effetti ed applicano iva 10% e tassazione Ires e Irap (l’incidenza della tassazione in Italia supera il 60%). Gli appartamenti privati vengono per la maggior parte affittati senza iva e con regime agevolato “cedolare secca” al 21%
- Le strutture ricettive sono soggette alle normative sull’antincendio, primo soccorso, mentre gli appartamenti privati non sono soggetti ad alcuna di queste norme.
- Le strutture ricettive assumono o appaltano il proprio personale per il quale, oltre a versare tasse e contributi, contribuiscono a proprie spese a formare anche in quegli adempimenti obbligatori imposti dallo Stato. Pensiamo al personale addetto per le pulizie: mentre in un hotel deve essere assunto, nelle locazioni turistiche non professionali basta l’uomo o la donna di servizio.
Con il recente forte sviluppo delle piattaforme online ed il complesso normativo di sostanziale “deregulation” abbiamo assistito alla crescita esponenziale di questo tipo di offerta non professionale ed – in certi casi – sleale, favorendo, lo svuotamento dei centri storici causata anche dall’impennata dei costi di affitto di medio lungo periodo. Questo svuotamento, forse fino ad oggi poco evidente o forse sottostimato, è ormai palese a tutti soprattutto in città come Firenze o Venezia.
Vi è dunque la necessità da parte del governo di metter mano a questa situazione in maniera seria e lungimirante, lavorando a normative di cornice organiche, chiare e univoche che possano essere di supporto alle regioni e ai comuni per intervenire ed incentivare il ripopolamento dei centri storici abbandonati.
Direi che è scritto tutto molto bene. La ratio pare chiara: l’accento sulla (mancata) professionalità appare come un pretesto per ostacolare l’attività libera di locazione turistica. Emergono in particolare due punti chiave (i primi due commi): 1) l’obiettivo di creare la possibilità di vincolare (e limitare) l’attività tramite una licenza rilasciabile dal Comune contro la libertà totale attualmente vigente e 2) si punta a far cadere l’illogica iniquità che i redditi da locazione turistica possano fruire della cedolare secca.
(il resto dell’articolo è possibile leggerlo su www.luminosigiorni.it)
Gianfranco Gramola
Ottimo articolo,
Decalogo totalmente in linea con uno sviluppo vero ed industriale del settore, che necessita sia di standard qualitativi certi dell’ offerta e sia di una imprenditorialità vera ed evoluta.