In un articolo di qualche giorno fa su “Solo Riformisti” veniva invocata una politica autorevole, capace di dire la verità agli italiani e di rispondere in maniera efficace alla Lagarde e all’ ottusità di alcuni ambienti dell’Unione Europea.
Qualcosa si è mosso in seguito. La Banca centrale europea ha dichiarato che verranno acquistati i titoli del debito pubblico degli stati della U.E, contrariamente all’ improvvida affermazione della sua Presidente Lagarde.
La Presidente Von der Leyen ha poi fatto sapere che la Commissione europea avrebbe invocato la clausola che consente la sospensione del Patto di stabilità.
E perciò l’Italia potrà iniettare nel sistema economico tutto quel denaro che riterrà necessario senza dover rispettare le previsioni del bilancio 2020 concordato con l’Unione Europea (come previsto per i casi di eccesso di debito pubblico) e senza dover mantenere il deficit al di sotto del 3% del proprio Pil.
Ovviamente, come il bilancio dello Stato era stato approvato dal Parlamento, così è il Parlamento ad autorizzare i nuovi interventi previsti dal Governo italiano.
Quindi è stata risolta la questione più urgente e parte della stampa nostrana e dei commentatori televisivi si fermano a questa positiva constatazione: ci hanno tolto i vincoli, ora possiamo finanziare tutti gli interventi ritenuti necessari e la Bce ci sosterrà nella collocazione del nostro debito pubblico.
Ma quel che non è stato ben chiarito al grande pubblico e forse non è chiaro neppure a tutti quelli che ne parlano, a cominciare da alcuni politici, è il fatto che siamo autorizzati a spendere di più, ma spendiamo in deficit, che resta a nostro carico. Ed il deficit del 2020, che sarà ben maggiore di quanto preventivato, sarà coperto con una più consistente emissione di titoli di stato, con aggravio perciò dei futuri bilanci e con ulteriore appesantimento del nostro debito pubblico.
L’ intervento della Banca centrale europea è perciò utile e necessario, perché in sua assenza il finanziamento della spesa pubblica sui mercati, in competizione con le aziende private, può diventare eccessivamente oneroso o addirittura impossibile, in particolare in condizioni di emergenza come quella attuale. E con l’ intervento della Bce i tassi di interesse che lo stato italiano pagherà agli acquirenti dei titoli non saliranno in maniera esorbitante, ma si tratterà comunque di interessi aggiuntivi a carico del già onerato bilancio dell’Italia.
Perciò sia da parte del nostro Governo, sia da autorevoli esponenti della politica e dell’ economia (ci limitiamo a citare il Commissario Gentiloni, Prodi, Quadrio Curzio e la Confindustria) sono state avanzate o riprese varie proposte che vanno dall’ utilizzo dei fondi del Mes (fondo salva stati oggetto in Italia di recenti polemiche politiche) all’ introduzione di Euro-bond o Corona-bond, emessi da organismi europei, o con loro garanzia, o con emissione congiunta dei vari stati, fino a proporre un maggior ruolo della Banca europea degli investimenti o la creazione di un fondo europeo per la disoccupazione e cassa integrazione ; inoltre si propone l’ uso dei fondi strutturali non spesi dell’ Unione europea. In tutti tali casi, oggetto di più approfondite valutazioni da parte degli specialisti, si avrebbe un diretto programma di intervento da parte degli organi europei a sostegno della ripresa dei vari paesi che vivono la crisi attuale e non soltanto un aiuto ai singoli stati perché riescano a collocare con costi accettabili il proprio debito pubblico.
È questo il salto di qualità che si cerca di far fare all’ intervento dell’Europa ed anche altri stati si sono dimostrati propensi a valutarlo. È un salto indispensabile che è stato definito con efficace sintesi da Patrizio Bianchi (Università di Ferrara) come una più alta ambizione di intervento sostenuta da adeguate risorse strutturali e una più forte volontà politica di affidare alla Commissione europea più ampi poteri per integrare i sistemi produttivi di fronte a una riorganizzazione dell’economia globale.
Si pensi che nel corso dell’ultimo mese le previsioni vedono per nostro Pil dell’anno corrente percentuali drammaticamente negative.
La crisi del coronavirus rende perciò opportuno e necessario chiedere più Europa, perché le resistenze vi sono e vengono soprattutto dagli stati del nord Europa, che avendo bilanci statali più “virtuosi “temono di intraprendere una strada che porti a mettere in comune i debiti pubblici dei vari stati.
Tale preoccupazione non è infondata e deve farci capire che non possiamo lamentarci dell’Europa senza comprendere le ragioni degli altri stati. Tuttavia, se si crede nel disegno europeo si devono trovare forme graduali e riforme equilibrate per pervenire ad una maggiore integrazione con vantaggio generale.
In ogni caso anche coloro che auspicavano una nostra uscita dall’ Europa o dall’ Euro devono ammettere che l’Italia sarebbe in ben maggiore difficoltà se dovesse affrontare l’attuale crisi con una propria moneta e sopportando da sola i costi del proprio debito pubblico, perché i sottoscrittori (tra i quali non vi sarebbe la Bce) esigerebbero tassi ben più alti a fronte di un maggior rischio di nostra insolvenza e mancato rimborso.
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