E’ uscita nel mese di agosto, per i tipi del Il Mulino, la seconda edizione italiana del grande manuale di Politica economica di Agnes Benassy-Quérè, Benoit Coeuré, Pierre Jacquet e Jean Pisani-Ferry, curata con integrazioni da chi scrive e Francesco Flaviano Russo, con prefazioni di Oliver Blanchard, Ignazio Visco e Marco Buti. La prima edizione francese di questo manuale è del 2004, adottata in molte università europee, grazie alle diverse traduzioni. La quarta edizione è del 2017, sulla quale è stata riproposta questa seconda edizione italiana. Via via che si sono succedute le edizioni, il contenuto è molto cambiato, ma il progetto originale non è stato significativamente alterato, con l’dea di costruire un legame tra l’insegnamento teorico e l’elaborazione delle politiche economiche.
La quarta edizione è però sensibilmente differente rispetto alle altre, e così la seconda italiana dalla prima. Le questioni di politica economica con cui gli autori si sono rapportati e le risposte che l’analisi economica ha suggerito si sono profondamente trasformate. La crisi finanziaria 2008-2009, e la Grande recessione che ne è seguita fino almeno al 2014, le tempeste che hanno minacciato l’Eurozona, la quasi scomparsa dell’inflazione, l’evoluzione dei debiti pubblici, la crescita della disuguaglianza, l’affermazione dei paesi emergenti, il rallentamento paradossale dei guadagni di produttività hanno caratterizzata l’ultimo decennio. Sono emerse nuove questioni che hanno suscitato nuove ricerche e sono state fornite altre risposte, alla luce anche dell’esperienza. E’ per rendere conto di queste questioni, di queste ricerche e di queste risposte che è stato impostato questo manuale, allo scopo di fornire al lettore un quadro il più possibile attuale e completo della politica economia che oggi viene portata avanti.
Ciascuno degli autori è docente, qualcuno è o è stato attore diretto della politica economica, tutti combinano o hanno combinato ricerca e aiuto alla decisione. Sono stati o sono consiglieri, esperti, membri di commissioni consultive, alti funzionari, banchieri centrali, commentatori. Queste esperienze hanno condotto gli autori a collocare questo libro nell’intersezione tra teoria e azione politica. Per la politica economica, come per il dibattito pubblico, questa intersezione è di un’importanza cruciale. La crisi che ha sconvolto il mondo occidentale e le cui ferite sono ancora ben visibili, ha richiesto di mettere in gioco dei meccanismi d’intervento, qualcuno dei quali è stato reperito e studiato con riferimento a crisi finanziarie passate, ma altri sono stati aggiornati in occasione delle recenti turbolenze. La reazione alla tempesta finanziaria, la risposta alla recessione che ne è seguita e la messa in atto di nuovi dispositivi di prevenzione delle crisi hanno mobilitato delle conoscenze nascoste e anche dimenticate. E’ stato recuperato l’insegnamento della storia economica e sono stati ripresi dei modelli la cui utilità concreta appariva incerta durante i periodi di calma. In un secondo momento, la crisi ha suscitato delle nuove ricerche. Alcune, molto teoriche, hanno puntato ad aggiornare le competenze sulla fragilità dei sistemi finanziari e a rinnovare l’approccio della gestione del rischio. Altre, empiriche, hanno affinato la nostra comprensione degli effetti della politica economica, esplorando dimensioni nuove, di cui quella della disuguaglianza è divenuta politicamente cruciale. Nella nuova edizione, in particolare nei capitoli sulle politiche di bilancio e monetaria e sulla stabilità finanziaria, vengono sintetizzate queste ricerche e vengono, alla luce delle loro conclusioni, analizzate e discusse le risposte delle politiche economiche.
Allo stesso tempo, la crisi dell’Eurozona ha testimoniato i limiti dell’interazione tra riflessione e politica economica in Europa. La creazione di una moneta transazionale nuova ha rappresentato un’impresa di grandi ambizioni. Molte delle difficoltà che ha incontrato potevano essere anticipate e potevano essere individuate fin dall’origine dalle ricerche economiche, se non annunciate dalla storia stessa. I problemi connessi all’eterogeneità dell’area monetaria, per l’insufficienza dei meccanismi di aggiustamento o per gli scarsi incentivi alla disciplina di bilancio, per citare solo questi, erano conosciuti. Le altre difficoltà legate principalmente alla non mutualizzazione del rischio bancario o all’assenza del potere di ultima istanza da parte degli stati, erano sottese, ma non erano state mai diagnosticate interamente. Per anticipare e prevenire la crisi sarebbe stato necessario un dialogo più ricco e più esigente tra ricerca e politica economica. Invece, è mancato dal momento che si intensifica la possibilità che la stessa sopravvivenza dell’euro sia messa in discussione.
Malgrado i progressi significativi raggiunti negli ultimi anni, l’Europa continentale conosce un ritardo nello scambio tra teorie, azione e valutazione. Lo scambio tra ricerca e la vita pubblica rimane insufficiente. Pregiudizi e tabù sembrano prevalere. L’attuazione delle politiche ne soffre e gli errori mettono troppo tempo ad essere identificati e corretti. Spesso risorse pubbliche scarse sono dilapidate per soddisfare interessi particolari, ma molto spesso nel nome di una visione erronea dell’interesse generale. In altri casi, l’esperienza mostra che la voce dell’Europa è inascoltata nel dibattito internazionale se non quando è intellettualmente ben argomentata, il che fa supporre che gli europei, quando dibattono tra loro sulla fiscalità, l’occupazione o l’avvenire dell’Euro, superando la riproduzione sterile dei pregiudizi nazionali, sono in grado di impegnarsi a discutere con rigore e buona fede e ad elaborare una comune analisi.economia
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