La crisi sanitaria in atto si sta trasformando in una crisi economica senza precedenti dal secondo dopoguerra
Il punto è che i paesi europei sembrano voler gestire l’emergenza ognuno per sé, con le risorse proprie.
E per quanto la Commissione Europea abbia fatto molto di più di quanto si pensi vedo che manca la percezione, a livello dei singoli Stati aderenti, che il Covid – 19 rappresenti un pericolo globale sia perché ci sono state conseguenze differenziate ad oggi a livello sanitario (la Germania ha oggettivamente molti meno decessi dell’Italia) sia perché pare esservi la cieca fiducia in un vaccino o in un farmaco antivirale da qui a poco.
Quindi l’evento non è ancora percepito come catastrofico nei Paesi dell’area del Nord Europa notoriamente inclini, storicamente, ad affrontare impassibilmente le prove difficili della storia.
Di qui l’arcigna decisione dell’ Eurogruppo di allentare (solo) le condizioni per accedere al MES, un meccanismo messo a punto per fronteggiare le crisi finanziarie.
L’ Eurogruppo si è infatti orientato a consentire agli stati di accedere al MES il Meccanismo europeo di stabilità a condizioni meno rigorose.
Il MES ( detto anche Fondo salva-Stati) è un’organizzazione internazionale istituita in sede di modifiche al Trattato di Lisbona (approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeoa Bruxelles il 25 marzo 2011).
E’ una organizzazione intergovernativa fondata su un consiglio di governatori (formato da rappresentanti degli stati membri) e su un consiglio di amministrazione e del potere, attribuito dal trattato istitutivo, di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo-organizzazione.
Il MES è regolato dalla legislazione internazionale e ha sede in Lussemburgo. Il fondo emette prestiti (concessi a tassi fissi o variabili) per assicurare assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà a condizioni molto severe. Queste condizioni rigorose “possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite” e possono essere attuati, inoltre, interventi sanzionatori per gli stati che non dovessero rispettare le scadenze di restituzione.
Il fondo è gestito dal Consiglio dei governatori formato dai ministri finanziari dell’area euro, da un Consiglio di amministrazione (nominato dal Consiglio dei governatori) e da un direttore generale, con diritto di voto, nonché dal commissario europeo per gli affari economico-monetari e dal presidente della BCE nel ruolo di osservatori. Le decisioni del Consiglio devono essere prese a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice. Il MES emette strumenti finanziari e titoli, simili a quelli che il FESF emise per erogare gli aiuti a Irlanda, Portogallo e Grecia (con la garanzia dei paesi dell’area euro, in proporzione alle rispettive quote di capitale nella BCE), e potrà acquistare titoli di stati dell’euro zona sul mercato primario e secondario. Il fondo potrà concludere intese o accordi finanziari anche con istituzioni finanziarie e istituti privati. È previsto l’appoggio anche delle banche private nel fornire aiuto agli stati in difficoltà. In caso di insolvenza di uno Stato finanziato dallo MES, quest’ultimo avrà diritto a essere rimborsato prima dei creditori privati.
L’operato del MES, i suoi beni e patrimoni ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono dell’immunità da ogni forma di processo giudiziario. Nell’interesse del MES, tutti i membri del personale sono (udite ! udite!) immuni a procedimenti legali in relazione ad atti da essi compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni e godono dell’inviolabilità nei confronti dei loro atti e documenti ufficiali
Dati questi presupposti ricorrere al MES (un’ organismo stato-centrico) per l’Italia sarà come ricorrere né più ne meno come ad una banca internazionale; tipo quello che è capitato alla Grecia.
E’ uno strumento diretto ad indebitare ulteriormente il nostro Paese a condizioni molto onerose, verso gli altri paesi dell’Euro, di fatto, in primis, la Germania.
Il debito col MES se assunto andrà poi ovviamente ripagato.
Mentre la richiesta di emettere obbligazioni europee (Euro Bond) si scontra contro un muro di diffidenze per la semplice ragione che ogni Stato crede di poter fare affidamento sulle proprie risorse, cioè sulle proprie emissioni di obbligazioni e non vuole condividere il debito in solido con gli altri stati meno ‘ virtuosi’ nei conti pubblici.
Non possiamo, a mio avviso, accedere a questo cappio al collo.
L’Italia temo dovrà fare da sé questa volta, e non potrà contare su Principi Stranieri disposti a salvarci.
Le misure messe in campo ad oggi dal Governo sono indispensabili ma insufficienti per sostenere la domanda interna anche se credo la domanda rimbalzerà dopo lo shock della chiusura forzosa, come sempre accade dopo periodi di violenta caduta c’è la necessità impellente, a emergenza sanitaria attenuata, di sostenere e far ripartire l’economia, l’occupazione, le imprese.
Con chiarezza di obiettivi e attenzione a evitare un’incombente instabilità sociale.
Il decreto liquidità è solo il primo passo di emergenza ma non basta e troverà delle resistenze nel sistema bancario italiano, molto burocratico.
Va creata una misura nazionale, un prestito nazionale irredimibile da fare sottoscrivere ai ns cittadini: lo fece Giolitti e anche un altro personaggio politico quando ancora l’Italia non era ancora una completa dittatura. Che sblocchi i denari consolidati nelle rendite che rischiano di diventare fittizie (inutile avere molti immobili se poi scema il loro valore, nessuno potrà pagare il canone e saranno tartassati)
Serve certo una grande responsabilità collettiva e individuale.
Il denaro andrà speso bene e non distribuito ai settori opachi della economia; quelli del lavoro nero, del lavoro mafioso, delle corruttele e della politica del giorno dopo; non dobbiamo dare l’estro ai cattivi luoghi comuni del Die Welt che gli italiani sono dei mafiosi
Se ci sono i mafiosi e i corrotti vanno trattati senza pietà come il Covid : vanno debellati costi quello che costi e con buona pace di chi si appella allo Stato di diritto : quando i Galli sono alle porte serve difendere la città ; avremo tempo per la compliance oppure Brenno ( o il Mes se volete) metterà la spada sul piatto della bilancia
Un’assunzione di responsabilità anzitutto a livello nazionale, premessa di ogni credibile ripresa, si conferma dunque urgente e necessaria.
Un rilancio attraverso un ambizioso e organico piano nazionale, capace di mobilitare la nostra principale risorsa, l’ingente risparmio, dicevamo prima, nazionale, nel quadro di un insieme sinergico di misure e investimenti pubblici e privati.
Senza ulteriore debito pubblico – quello è un limite obiettivo alla nostra sovranità- ma ad esempio attraverso la sottoscrizione di titoli sostanzialmente irredimibili comprati dagli italiani e negoziabili sul mercato, come qualcuno va da anni proponendo.
Nell’ambito dei negoziati europei, potremmo così non chiedere più solo ulteriore flessibilità ma dimostrare una capacità autonoma di riformarci per crescere e tornare competitivi.
È un aspetto cruciale: di fronte a compromessi frutto dell’arte del possibile in Europa, se non rimontiamo con iniziative nazionali concrete la china della sfiducia, non possiamo pensare di arrivare lontano.
Primo passo per affrancarci da una Europa arcigna e dare un esempio che possiamo stare in piedi da soli.
Prima passo per ripensare al ritorno ad una nostra autonomia visto che la libertà di ognuno è inversamente proporzionale al suo stato di bisogno e visto che il concetto di bene comune europeo è ormai offuscato da tempo e si deve prenderne atto che il vento europeista degli anni 50 e 60 di Schumann è cambiato.
Rafforzandoci come Paese avremo più carte in Europa e al limite per andarcene dall’Europa se proprio sarà inevitabile.
Casualmente 100 anni fa ci fu anche la più grande pandemia della Storia (1918/1920); la famosa influenza spagnola da molti stranamente dimenticata e a me raccontata da mio nonno, Cavaliere di Vittorio Veneto. Se non la avessimo dimenticata conteremmo meno morti adesso.
Corsi e ricorsi: 100 anni fa ci fu chi si immolò in guerra sul Piave per noi tutti, generazioni future, contro gli imperi centrali : i tedeschi gli austro – ungheresi appunto. Vincemmo (aiutati da Francesi Inglesi e Americani).
Facciamolo anche noi; non dobbiamo dare la vita ma solo dare prova di coraggio e di etica.
La nostra linea del Piave è ancora,100 anni dopo, questa.
LUCIANO PALLINI
Confesso che io sono per l’Europa arcigna piuttosto che per l’Italia del debito. Tutte le formule che si possono inventare hanno un solo fine: continuare a spendere senza regole. Ad indebitarci come se non ci fosse un domani. E’ più onesto dire che si vuole semplicemente uscire dall’euro. Legittimo, ci mancherebbe, basta considerare le conseguenze economiche ma anche sulla tenuta democratica del paese ridotto – ormai siamo avanti – ad una patetica repubblica delle banane con un Girella alla guida.
Ugo
Carissimo Luciano,
Devo replicare .
Non ho detto che si deve andare via dall’Europa. Ho detto che dobbiamo cercare di fare da soli il più possibile e non indebitarci ulteriormente col MES
E’ Sotto gli occhi di tutti che ci sia più diffidenza che cooperazione col ns paese
LUCIANO PALLINI
Bene che si resti in Europa. Che si possa fare da soli ho qualche dubbio. Già non si trovan0o i 50 miliardi per il primo decreto di rilancio. L’Italia non ha accesso ai mercati senza la BCE e sospetto che senza garanzie da MES e altri strumenti complicati come OMT abbia dei limiti nei nostri acquisti.