Sono bastate tre ore per inondare una miriade di account Whatsapp (nell’ordine di decine e decine di migliaia di utenti) con due messaggi anonimi contro Luigi Di Maio. Il primo ripropone il video del 2017 in cui Di Maio condanna i “cambi di casacca”. Il secondo messaggio sempre rigorosamente anonimo si inventa un manifesto “Insieme per il congiuntivo” firmato “Di Maio che facesse cose” con l’evidente lo scopo di screditare e demolire “Insieme per l’Italia” il nome del nuovo movimento politico fondato ieri da Luigi Di Maio insieme ad una sessantina di parlamentari.
Secondo le regole di Facebook (oggi Meta) i messaggi “virali” (inoltrati molte volte su Whatsapp) possono essere inoltrati ad un solo destinatario, ma questo “freno” ne limita solo parzialmente la diffusione a tappeto. L’obiettivo dell’”anonimo” – prima privatamente al maggior numero possibile di individui, e poi pubblicamente attraverso la Rete – è quello di affermare che Luigi Di Maio è un traditore e per giunta un ignorante.
Qualcuno potrebbe osservare “chi è causa del suo mal pianga se stesso” (per inciso un proverbio popolare ispirato da un verso del XXIX canto dell’Inferno di Dante) dal momento che la denigrazione anonima e sistematica delle persone è stata un’arma cinicamente utilizzata dai 5 Stelle sopratutto nei primi anni della loro breve parabola politica. Tra i tanti episodi mi viene in mente un attacco mediatico particolarmente sgradevole a Mara Carfagna.
Ma il fatto che la vittima di oggi sia l’ex capo politico del Movimento 5 stelle non ci può esimere dal ribadire che si tratta di modalità politico-mediatiche assolutamente barbariche che allontanano i cittadini dalla politica.
Nessuna censura per carità. A 16 anni fui condannato ad una ammenda penale per la diffusione di un volantino, politicamente più che corretto per l’epoca (era la notte di Natale del 1968) perché c’era scritto ciclostilato in proprio, ma non era indicata la sede dove era stato stampato.
La politica che usa l’anonimato, il ricatto e la demonizzazione come le sue tre armi principali avvelena la vita pubblica; é una vera e propria piaga del tempo presente. Basta leggere il libro Brigate Russe di Marta Ottaviani per verificare come le tecniche mediatiche utilizzate oggi contro Di Maio sono peraltro identiche a quelle della disinformazione del Cremlino. In Russia la macchina della disinformazione crea in continuazione un abile circuito a spirale tra messaggi personali, canali Telegram e vettori quali RT e Sputnik.
La strategia è chiara: costruire falsi miti e modelli culturali, nascondere la verità, depistare, inondare di bufale sulle democrazie, demonizzare e colpire i dissidenti. Diciamo la verità. La rete è una bella opportunità, ma l’uso che ne hanno fatto i 5 stelle per la “rottamazione” (slogan non felice di Matteo Renzi) è stato davvero devastante – a prescindere dall’ambiguo intreccio tra il Blog dei Stelle e gli interessi della società di consulenza Casaleggio Associati.
Nei prossimi giorni potremo valutare compiutamente l’impatto della campagna mediatica anti Di Maio, ma restano due domande in attesa di risposta.
La prima riguarda il futuro politico – sempre più incerto – di Giuseppe Conte. Nessun ha capito quale fosse il suo vero obiettivo in queste giornate convulse. Voleva interrompere la fornitura di armi all’Ucraina per “corteggiare” Beppe Grillo e magari lanciare un segnale a Mosca e/o a Pechino? Sperava di riuscire finalmente a mettere in crisi il governo di Mario Draghi? Oppure puntava a colpire – con la scusa di un atlantismo troppo zelante – il suo principale “nemico interno” Luigi Di Maio?
Nei corridoi di Palazzo Madama si sussurra che neppure i suoi collaboratori (Rocco Casalino compreso) abbiano capito quale dei tre obiettivi volesse ottenere. Forse sono solo voci maligne, non so, ma quel che è certo è che Conte non ha raggiunto nessun risultato.
La seconda domanda riguarda l’esito della scissione promossa da Luigi Di Maio. Come andrà a finire? In genere le scissioni non portano fortuna e lo hanno sperimentato sulla loro pelle Angelino Alfano, Denis Verdini e, last but not least, lo stesso Renzi.
Chi si stacca dalla “Casa Madre” fa sempre una grande fatica a trovare consensi duraturi. A meno di non cambiare completamente il senso di marcia. Forse Luigi Di Maio ha intuito la strada giusta? Manterrà le promesse? In effetti ha esordito con una autocritica condivisibile quanto plateale: “Da oggi inizia un nuovo percorso e per fare progredire l’Italia da Nord a Sud abbiamo bisogno di aggregare i migliori talenti e le migliori capacità, perché uno non vale l’altro“.
Accantonare la demagogia dell’ “uno vale uno” che per anni è stato uno dei cavalli di battaglia del M5S non è facile. Luigi Di Maio sarà capace di dedicare il minimo di attenzione a ricandidature e terzo mandato e viceversa impegnare il massimo delle sue energie per aggregare talenti e appassionarli alla politica?
Dovrebbe rileggere il Principe e memorizzare bene quanto scrive Niccolò Machiavelli nel XXII capitolo: «Non è di poca importanzia a uno principe la elezione de’ ministri: li quali sono buoni o no, secondo la prudenzia del principe. E la prima coniettura che si fa del cervello d’uno signore, è vedere li uomini che lui ha d’intorno; e quando sono sufficienti e fedeli, sempre si può reputarlo savio, perché ha saputo conoscerli sufficienti e mantenerli fideli. Ma, quando sieno altrimenti, sempre si può fare non buono iudizio di lui; perché el primo errore che fa, lo fa in questa elezione».
Nel giro di poche settimane vedremo se Luigi Di Maio vorrà e saprà circondarsi di persone “sufficienti” (ovvero intelligenti e competenti) per il lancio del nuovo movimento. Da chi avrà intorno si capirà se la nuova avventura politica di Di Maio ha qualche reale possibilità di successo o se essa finirà per ricalcare altre sfortunate scissioni.
(articolo già pubblicato da Formiche.it e ripreso con il consenso dell’autore)
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