Benvenuto Luigi Di Maio nel club dei garantisti, che è aperto a tutti: anche a chi, come lui, un tempo avrebbe impiccato all’albero più alto chiunque fosse stato inquisito da un Pm della Repubblica, specialmente se accusato di corruzione. Perché – come sosteneva il Grande Inquisitore – non esistono innocenti, ma solo colpevoli ancora da scoprire.
E così, sulla base di questo assioma giustizialista, l’Italia è stata trasformata nel paese del processo kafkiano: in cui è l’imputato a dover dimostrare la propria innocenza, poiché, se è stato avviato un procedimento a suo carico, questa sarebbe di per sé la prova della sua colpevolezza (sic). E pazienza se la nostra Costituzione prevede la sacrosanta presunzione d’innocenza per chiunque.
Ma di certo non sarebbero bastati i Pm di Mani Pulite a smantellare cinquant’anni di storia repubblicana, se attorno a loro non si fosse generato un vasto movimento composto da fiancheggiatori e da aperti sostenitori: da una parte i grandi organi della carta stampata, a partire dal Corriere della Sera e Repubblica per arrivare al Fatto travagliano dei nostri giorni; e dall’altra i partiti di sinistra che rinnegarono la loro origine garantista (tranne che per alcuni rari esponenti), nonché i populisti della Lega bossiana e, soprattutto, i seguaci di Beppe Grillo.
Proprio grazie a questo sistema di alleanze e di supporto ideologico, in Italia è nata e si è consolidata una vera e propria struttura di potere, che ha distorto lo schema classico delle società liberali basato sulla separazione dei poteri, e che ha tenuto in pugno (almeno fino all’avvento della pandemia e di Mario Draghi) le sorti di leader politici e di interi governi: è quello che Piero Sansonetti – uno dei pochisssimi giornalisti veramente indipendenti – ha chiamato “il partito dei Pm”.
E’ per volere dei Pm che la vita di un qualsiasi cittadino può essere stravolta da un giorno all’altro e venire sbattuta sulle prime pagine dei giornali (complici) con accuse infamanti tutte ancora da dimostrare in un processo, ma che intanto producono danni irreparabili: di carattere morale e talvolta persino fisico.
Fu così che Enzo Tortora, il celebre giornalista e presentatore televisivo, si ammalò gravemente e poi morì: in seguito a un’accusa di spaccio di droga, dimostratasi totalmente infondata, da parte di un Pm senza scrupoli, che lo aveva fatto ammanettare e rinchiudere in carcere per molti mesi.
Ed è così che l’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti – quello a cui Luigi Di Maio ha chiesto pubblicamente scusa per averlo “condannato” prima della conclusione del processo – ha visto la sua carriera politica distrutta ed ha subito un processo durato cinque anni, dal quale è appena uscito a testa alta.
Ben venga, allora, il ravvedimento di Luigi Di Maio; anche se nel suo Movimento si tratta di un caso isolato, visto che gli altri esponenti di spicco, a partire dall’ex Guardasigilli Bonafede, restano tutti forcaioli convinti.
Intanto si stanno raccogliendo le firme per i referendum che vorrebbero riformare la Giustizia: dalla separazione delle carriere tra Pm e magistrati giudicanti, alla riforma del Csm e alla autentica responsabilità civile dei magistrati.
Come è già avvenuto in passato per dei passaggi cruciali della nostra storia, dietro ci sono i Radicali che si muovono seguendo gli insegnamenti di Marco Pannella, un vero campione del garantismo e del liberalismo; ai quali si sono uniti Matteo Salvini e, negli ultimi giorni, Goffredo Bettini del Pd.
Benvenuti anche a loro: il club dei garantisti è aperto a tutti, a destra e a sinistra.
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