Una nutritissima compagine di esercenti di sale d’essai si ritrova per discutere del presente (leggasi “futuro”) del settore, analizzando i dati del primo anno post pandemico di vera riapertura.
Quei dati parlano chiaro: calo del 50% rispetto al 2019. Una botta tremenda ma, sottolineano, in linea con i dati nazionali (leggasi “dei cinema commerciali”). Il contesto è terrificante, ma il clima è tutto sommato sereno: si dice che ce la faremo, che il cinema italiano saprà riprendersi, qualcuno azzarda numeri sul boxoffice complessivo del 2023, “l’obiettivo è arrivare a 400 milioni di euro” (il 2019 aveva chiuso a 635 milioni), ma nessuno (leggasi “nessuno”) dice come, con che mezzi, né con quali interventi il cinema dovrebbe rinascere da quel -50%.
Forse perché la vera domanda è: come può sopravvivere? Di cosa campa?
Secondo una ricerca dell’European Audiovisual Observatory nel 2022 l’Italia ha recuperato il 48,6% degli spettatori rispetto alla media 2017-2019, il dato più basso in un’Europa che viaggia in media oltre il 67%. La Grecia, penultima, sta al 56,6%. Anche sugli incassi siamo ultimi, avendo recuperato il 52,3%, ma qui l’Europa viaggia addirittura oltre l’80% e la penultima, Cipro (sic) ci stacca di 8 punti.
Ma c’è un dato, su tutti, rivelatore: la quota dei film nazionali. L’Italia, complice il sistema di finanziamento statale, è l’unico paese ad aver mantenuto esattamente la stessa percentuale del triennio pre-pandemico; tutti gli altri hanno visto variazioni, in alcuni casi anche molto sostanziose. L’Italia è ferma: finanzia gli stessi film, anche se incassano la metà. La sempre verde “magia del cinema in sala”, insuperabile claim degli alti vertici del settore: La stranezza, campione d’incassi della scorsa stagione, ha raggiunto i 5,6 milioni, ma ne è costati 10; Il signore delle formiche sfiora gli 1,8 milioni, ma con un budget di 7,3 milioni; gli altri ve li risparmio, perché si è fatto tardi.
La relazione della stessa FICE aggiunge altri dati sconfortanti: solo il 56% delle sale associate ha un bar, solo il 60% ha un database degli spettatori, solo il 41% comunica attraverso i social e circa la metà delle sale ha ridotto il numero di spettacoli settimanali.
In quale folle realtà del multiverso questo scenario può essere rassicurante? Anzi, pardon, in quale grottesca realtà del multiverso le sale possono pensare al futuro, alla luce di questi dati e di un Ministero che propone, come unica idea di rilancio, di tenere aperti i cinema per tutta l’estate (a Rimini come a Pavia) confidando nella promessa dei film europei a 3,50€?
Ah già, nella bizzarra realtà in cui viviamo.
(articolo ripreso, con il consenso dell’autore, dal sito Carnage News)
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