Nel caos di informazioni prima annunciate, poi smentite, poi scandite con enfasi dal governo cinese sulla diffusione del corona virus, ci si sarebbe aspettati che anche i mercati finanziari reagissero come palline impazzite in un flipper.
Invece sorprende, a dire il vero, che dopo una settimana di passione sui mercati azionari, i listini abbiano già “metabolizzato” il virus, ricucendo gli strappi e anzi, persino il reddito fisso (ovvero il mercato obbligazionario) ne abbia giovato. Senza andare troppo lontani nell’analisi, soffermiamoci sul caso italiano.
Riassumiamo: siamo la maglia nera del PIL europeo, abbiamo una crisi di governo in evoluzione e c’è il corona virus.
Il cocktail sarebbe stato micidiale per il debito pubblico di un qualunque Paese, figurarsi per quello italiano, invece?…
Invece lo spread si assesta a 130 punti (sui minimi da maggio 2018) e anzi, il mercato internazionale mostra una grande fame di BTP (all’ultima asta di martedì 11 febbraio c’è stata una richiesta 5 volte superiore all’offerta). Il mercato è impazzito? Macché. Il mercato ha capito che le nostre schermaglie politiche rientrano ormai nel modo italico di fare politica, ma soprattutto, se c’è una epidemia mondiale in atto, che avrà di certo ripercussioni sulla economia mondiale, allora vuole dire che le banche centrali dovranno riproporre stimoli di carattere monetario… E chi beneficia di tutto ciò? Chi offre i rendimenti dei titoli di stato maggiori, o, in altri termini, chi riflette la peggior qualità : l’Italia ad esempio. Che beneficia del sold out delle sue aste di titoli di stato, risparmiando sugli interessi del debito pubblico.
È brutto dirlo, ma in termini economici, la nostra Italia, beneficia maggiormente per una psicosi derivante da una epidemia mondiale, che per i risultati di politiche sociali applicate a livello locale e dai benefici economici (ancora) molto incerti.
Non tutti i mali vengono per nuocere? Forse e conti alla mano, al ministero dell’economia qualcuno potrebbe supporre così.
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