Tentiamo di analizzare serenamente luci e ombre del DDL Zan. Come noto, il Disegno di Legge estende le circostanze di punibilità (e le aggravanti) che gli art. 604 bis e ter e la legge Mancino del 1993 applicano alla propaganda di idee discriminatorie per motivi razziali, etnici o religiosi ai casi di discriminazione basati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità.
C’è una prima osservazione di fondo molto brillantemente messa in luce da Luca Ricolfi sul Gazzettino del 3 luglio (“Due buoni motivi per dubitare della Legge Zan”). Ovvero: siamo sicuri che abbia senso allungare la lista delle categorie protette da atti discriminatori? Perché la lista è potenzialmente infinita. Perché mai discriminare uno perché omossessuale deve costituire un’aggravante rispetto al discriminare uno perché è, poniamo, grasso, brutto, timido.. ecc.? Non è che si rischia di creare discriminati di serie A e serie B? Aggiungerei peraltro che la legge Mancino, che il Disegno di Legge Zan appunto utilizza come “veicolo” normativo, era nata per sancire il rigetto dell’ideologia fascista (già previsto in Costituzione) e per concretizzare l’adesione alla Convenzione internazionale di New York (1966) sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. Cioè deriva la sua ragione d’essere in un solco costituzionale e internazionale ben preciso, decisamente un altro film rispetto alle motivazioni del DDL Zan.
Ma andiamo oltre e ammettiamo che la particolare emergenza e diffusione di fenomeni discriminatori che affliggono chi ha inclinazioni sessuali non standard (mi si perdoni lo sforzo di brevità ma spero ci capiamo) faccia premio sulle obiezioni di Ricolfi e anche sulla forzatura di aver cannibalizzato un dispositivo legislativo nato con tutt’altro spirito. Analizziamo dunque il testo di Zan.
Una prima perplessità nasce dalla perimetrazione dell’oggetto della discriminazione. Particolare quasi mai evidenziato ma quel sul sesso.. significa che (alla lettera) comprende anche le discriminazioni basate sul sesso ovvero anche le donne e gli uomini etero purché discriminati in quanto tali. Il che è vagamente surreale perché è evidente che il tema delle pari opportunità non solo è completamente altro rispetto alla tutela e al rispetto delle particolarità sessuali (omo- bi- trans- ecc.) ma, come evidente dal dibattito pubblico, è solo questo secondo aspetto che (giustamente) vuole essere affrontato dagli stessi propugnatori della Legge.
La parte pregiata del Disegno di Legge è la tutela delle categorie di persone che, da sempre, sono facilmente oggetto di derisione, discriminazione, attacchi anche feroci, talvolta pure fisici. Direi, e questo forse è l’aspetto più di valore, le fa sentire riconosciute, accettate, meno sole. Certamente un passo di civiltà (nonostante le riserve di cui sopra).
La parte critica è l’art. 4, che riporto integralmente:
Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.
(il resto dell’articolo è possibile leggerlo su www.luminosigiorni.it)
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