Il commissario europeo all’economia Gentiloni in una recente intervista diceva che la pubblica amministrazione italiana, ma anche quella di altri paesi EU, doveva produrre una vera e propria mutazione genetica per costruire un modello efficace di progettualità per accedere ai fondi del Next Generation EU (NGEU). Poiché si tratta di definire, in tal modo, una politica economica, non solo nazionale, ma soprattutto europea non è tanto un problema – ha ripetuto più volte – di appropriata selezione di progetti, quanto di una corretta finalizzazione di questi. E, a tal fine, l’Europa ha dettato i criteri, sintetizzati nella terminologia delle transizioni, ecologica e digitale, e in una visione moderna, tecnologica e selettiva, degli elementi distintivi della coesione ed inclusione sociale.
Che si tratti di una politica europea lo ha ribadito Mario Draghi nel suo discorso per la fiducia quando ha sottolineato che è la prima volta nella storia che cittadini di un paese europeo si tassano per trasferire risorse a cittadini di altri paesi dell’Unione. La parte degli oltre 700 miliardi di euro NGEU composta da sussidi a fondo perduto (per l’Italia quasi 70 miliardi di euro) non sono debito né italiano né europeo, sono trasferimenti a favore dei paesi più in difficoltà, che ricavano le risorse nelle basi imponibili prodotte oggi dalle generazioni presenti di tutti i paesi membri. E che, se saranno spese bene, andranno poi alle generazioni future.
Nel momento in cui scriviamo, il nuovo governo, sta predisponendo una revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza(PNRR) e a livello decentrato Regioni ed Enti locali stanno preparando i progetti da affidare al ministro responsabile affinché siano coordinati con quelli nazionali. Tutti devono essere consapevoli, sia nella nuova Unità di missione creata al MEF, che negli uffici regionali e comunali allo scopo (speriamo) creati, della necessità di far discendere i progetti, non solo e non tanto dalla ricostruzione delle rovine al tessuto economico provocate dalla pandemia Covid-19, quanto dai nodi strutturali che impediscono ai paesi membri di crescere a tassi potenziali capaci di elevare il livello di benessere dei cittadine europei, soprattutto quelli delle generazioni future. Il nostro paese, e la nostra regione, sono “al palo” da più di 20 anni, da quando cioè non si è saputo concretizzare le esternalità positive che derivavano dall’ammissione nell’area Euro. Investimenti altamente produttivi e efficaci riforme potrebbero generare interventi pensati e realizzati anche indipendentemente dalle crisi recessive generate, prima quella finanziaria 2008-2012 e poi quella da pandemia del 2020.
Per un’iniziativa inedita ideata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze è stato costruito un Rapporto che raccoglie una serie di progetti di investimento e interventi di transizione economica, per la Toscana, presentati in un Seminario pubblico a Marco Buti, Capo di Gabinetto del Commissario europeo all’economia, Paolo Gentiloni. La natura e le specificità dei progetti sono analizzate diffusamente nel Rapporto che è pubblico, qui merita sottolineare la novità di metodo: si è infatti trattato di un esercizio di programmazione economico-sociale il più possibile in linea con logica del NGEU, un tentativo di dar corso a quella mutazione genetica di cui ha parlato Gentiloni. Si è infatti cominciato con l’indicazione delle criticità che caratterizzano la struttura economico-sociale della regione, per superare le quali si è proposto di avviare le transizioni economiche, indicate nel piano EU, da sviluppare con una serie di investimenti con queste strettamente coerenti.
Altro elemento innovativo è rappresentato dal metodo botton-up per la scelta dei progetti, non ad opera degli uffici delle amministrazioni pubbliche ma originati dalla società civile toscana. Sono stati attivati, a questo scopo un insieme di esperti, provenienti dal mondo dell’impresa e dal mondo accademico, divisi in base alle specifiche competenze. Questi hanno risposto con entusiasmo e tutti hanno fornito progetti completi o anche idee progettuali ancora in fieri, ma comunque innovative ed utili. Le proposte prefigurano “nuovi progetti”, con il comune carattere di essere innovativi e in grado di attivare il settore privato e il terzo settore dell’economia regionale. Questi progetti non muovono un ammontare di risorse rilevante e anche per questo non confliggono con quelli presentati dalla Regione o dagli EELL toscani per il PNRR, ma si aggiungono a questi, allargando il “portafoglio” progetti della nostra Regione, e sono valide proposte indipendentemente dall’esito del finanziamento europeo.
Molti di questi progetti possono anche diffondere effetti oltre il nostro territorio e svolgere il ruolo di benchmark per altre realtà territoriali italiane. In altre parole, il metodo adottato, di estrarre i progetti dal basso e dalle competenze locali, risponde alle formulazioni della Commissione che ha lamentato il criterio della “pesca a strascico” che ha caratterizzato il PNRR nella formulazione presentata in Parlamento. Se questo metodo si estenderà ad altri territori, magari per iniziativa delle Fondazioni di origine bancaria, avremo una proposta di piano nazionale coerente col NGEU e che trova fondamento nel principio di sussidiarietà, uno dei cardini dell’Europa Unita.
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