A mio marito comincia a colare il naso intorno al primo dicembre. 3 o 4 giorni dopo tocca a me. No Covid, tamponi sempre negativi. Arrivano anche tosse e febbre.
Un’auscultata ci starebbe, ma il medico di base ha chiuso studio il martedì 6 dicembre -il misterioso “prefestivo”- per riaprirlo il 9, salvo che il primo slot disponibile per appuntamento è il 16.
Nessun sostituto, per necessità c’è la guardia medica, ma per esperienza so che la guardia medica ti dirotta al pronto soccorso.
Tentiamo con il privato (abbiamo un’assicurazione privata): chiedo via mail un appuntamento al servizio Medelit, nessuna reazione per 24 h, quindi ciao ciao (eppure dovrebbero funzionare h24).
Tento con un altro centro: zero carbonella. E’ il ponte di Sant’Ambrogio, non vorrai mica trovare qualcuno che ti curi! I milanesi fuggono, in città solo turisti che comprano mutande firmate.
Considero rapidamente l’opzione pronto soccorso: ma le ultime due volte che ci sono stata con mia mamma, per una colica e una rottura del femore, l’esperienza è stata tragica. 48-72 ore di astanteria San Raffaele, luogo di lamenti e sofferenze di ogni tipo. Sai che se scavalli il PS trovi l’eccellenza, ma è quasi un mantra: “Non ci sono letti in reparto”. Quando dicono letti va inteso “medici” (il reparto ha un sacco di letti vuoti, ma manca il personale necessario per gestirli).
Smuovo mari e monti, lo confesso, e alla fine un buco in reparto glielo trovo. La forza della disperazione, so di troppi anziani che dai pronto soccorso non escono più.
Quindi niente pronto soccorso. Resta l’opzione medici amici. Percorro quella.
Ripeto: se riesci a superare le forche caudine della medicina territoriale che non esiste più ma continua a pretendere di fare da filtro, trovi la famosa eccellenza, quella per la quale da tutta Italia vengono a curarsi qui le malattie serie. Ma prima devi traversare l’inferno.
E’ ridicolo che io abbia l’obbligo di avere un medico di base, ma il medico di base non abbia l’obbligo di visitarmi in tempi ragionevoli: uno stetoscopio non è una TAC, bastano 2 minuti.
Ma se lui ha 1800 pazienti, non si capisce come potrebbe vedermi a breve giro. Sulle visite a domicilio: vi prego, non fatemi ridere, non ne vedo una da anni.
Intanto si costruiscono le famose Case di Comunità, ho visto il bel rendering di quella che dovrebbe nascere vicino a casa mia: edificio nuovo di zecca, medici di base, specialisti, esami, 365 giorni l’anno h 24. Sì, al cinema.
Quelle che esistono già abbassano la claire nel week end e la sera ti saluto.
Quindi, non prendiamoci più in giro. Se la medicina di base in Lombardia non esiste più inventiamoci qualcosa d’altro e non continuiamo a inaugurare scatoloni vuoti.
I soldi, anche quelli del PNNR, spendiamoli bene.
Per esempio pensiamo a come potere eventualmente utilizzare la rete capillare delle farmacie, almeno parte delle quali potrebbero costituire un importante presidio territoriale.
Fatemi pagare la visita di medicina generale, la pago, sempre meglio di questo stato di abbandono assoluto.
Non mi intendo di sanità e non mi avventuro in proposte. Ma la catastrofe della sanità territoriale dovrebbe essere il primo tema di campagna per le elezioni regionali lombarde.
Dovremmo scendere in piazza per questo.
I candidati alla presidenza, tra i quali il presidente uscente e l’assessora alla Sanità, dovrebbero intendersene parecchio e illustrarci con chiarezza le loro proposte, a cominciare da come sopperire alla carenza di medici.
Non c’è più tempo, la situazione non si regge più.
p.s: e poi basta con questa ossessione del lunedì-venerdì, del week end e dei ponti. I medici non sono impiegati del catasto. Una città come Milano non può permettersi di non garantire servizi essenziali 2 giorni e mezzo su 7.
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