In un’Unione monetaria il cambio di governo e di maggioranza del paese più grande e con l’economia più forte suscita attenzione, preoccupazione e speranze. Questo perché la nuova politica economica può generare delle esternalità importanti sull’economie dei paesi partner: se la nuova politica sarà più restrittiva (espansiva) produrrà effetti restrittivi (espansivi) anche negli paesi dell’Unione. Ora è ovvio che il nuovo governo rosso, giallo e verde della Germania con cancelliere il socialdemocratico Scholz e come ministro delle finanze il liberale Lindner, generi attese contrastanti, in prevalenza apprensione, nel paese con la seconda economia industriale dell’Eurozona e il debito più alto, cioè l’Italia.
Durante le due crisi, finanziaria e pandemica, la Germania ha tenuto un comportamento non sempre univoco. La pressione sulla Commissione Europea per affermare regole rigide sul controllo dei conti dei paesi membri si è via via allentata fino ad ammettere significative deviazioni rispetto al Patto di Stabilità e Crescita e al Fiscal Compact. Tuttavia, per tutto il periodo ha mantenuta inalterata la politica economica volta a conseguire un persistente surplus della bilancia commerciale, un vero e proprio squilibrio macroeconomico, tra l’altro incompatibile con le indicazioni dello stesso PSC. Angela Merkel è riuscita a controllare le pretese degli ordoliberali, ma nello stesso tempo a seguire una via prudenziale che impedisse la ripresa delle spinte inflazionistiche.
Il nuovo governo esordisce con un contratto di 177 pagine in cui per la prima volta si prevede un ampio piano edilizio, con 400.000 mila nuovi appartamenti l’anno, e un massiccio programma di investimenti pubblici nell’agenda climatica e nella digitalizzazione, quindi una politica di spesa pubblica molto espansiva. Sul piano del controllo del debito, i liberali hanno ottenuto di ripristinare il freno all’indebitamento nel 2023, dopo la sospensione da Covid, e hanno concesso il via alla formazione di un nuovo PSC, più flessibile e con nuove regole e più semplici e trasparenti, ma sempre in grado di contenere le velleità di debito facile che potessero emergere nei vari paesi membri in continuazione del sbornia del 2020-2021.
La rigidità tedesca, e dei paesi frugali satelliti, nasce come effetto di un’impostazione che vede nell’inflazione il male maggiore e di conseguenza nella “dominanza fiscale” il pericolo più impellente. Un decennio di semi-deflazione ha spostato verso la “dominanza monetaria” il pendolo. Ora le due posizioni estreme devono essere mediate per raggiungere un più equilibrato mix di politica fiscale e politica monetaria, con l’Europa come protagonista primario.
Ma la storica rigidità tedesca è anche il frutto di una diffusa sfiducia manifestata da sempre nei confronti dei paesi del Sud, talvolta non giustificata, ma tal altra si. Oggi, l’Italia ha quindi, più di ogni altro paese membro, per le dimensioni e per il rilievo degli interventi cui è destinata, l’occasione per eliminare per sempre questo pregiudizio. Deve rispondere perfettamente ai condizionamenti e agli obbiettivi del NEXTGENEU e del RRF, facendo stavolta degli eccellenti “compiti a casa”. In altre parole, la realizzazione di un buon PNRR italiano potrà porre le premesse per una maggiore flessibilità del nuovo PSC.
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