Ormai è un coro. L’economia italiana non va. L’ha dovuto ammettere anche il governo nell’ultimo Documento di Economia e Finanza. E’ vero. La crisi a livello internazionale non aiuta. Ma non aiutano nemmeno le misure anticrisi che sono state varate. Le due principali, Quota 100 e Reddito di cittadinanza, sono state un flop, dal punto di vista economico e da quello sociale. Quota 100 nelle intenzioni dell’Esecutivo doveva servire e a liberare posti per i giovani e a mandare in pensione le persone dopo tanti anni di lavoro. Ebbene è lo stesso Governo ad ammettere che quel rapporto di sostituzione che era stato sbandierato fino ad ieri, uno che va in pensione e tre che entrano a lavorare, è del tutto irrealistico. Bene va, ma non sarà nemmeno così, se il cambio è alla pari. La Cgil poi ci dice che l’adesione alla misura è molto più bassa delle stime fatte inizialmente, tre volte meno. Così nel triennio di sperimentazione ad usufruire della misura, è bene ricordare che la Fornero non è stata abolita ma solo congelata, saranno circa 325mila persone, invece delle previste 975mila. Il risultato è che per questi numeri ridicoli si sta buttando dalla finestra un sacco di soldi creando fra l’altro una pesante sperequazione con tutti quelli che fra tre anni, a sperimentazione finita, non potranno, nemmeno se lo vorranno, usufruire della misura. Stesso fallimento per il reddito di cittadinanza. Qui i richiedenti sono stati meno di un 1 milione rispetto ai 5 previsti e l’impatto del denaro che entra in circolazione sarà quasi nullo, ancora un’ammissione del governo, per il rilancio dell’economia. Con la conseguenza non secondaria che la misura non incentiva certo a trovarsi un lavoro. Intanto lo spread, che per un anno è rimasto mediamente attorno a 250 punti, ha ripreso lentamente a salire, l’occupazione peggiora, i rendimenti dei titoli decennali aumentano, il deficit sale al 2,4%, il debito pubblico cresce al 132,7%, l’aumento dell’IVA incombe e nessuno sa dove trovare i soldi per sterilizzare le clausole di salvaguardia. Su tutto poi incombono la flat tax, che flat tax non è, le privatizzazioni impossibili da 18 miliardi per il 2019 e per 5,5 miliardi per il 2020, l’autonomia differenziata e la vicenda Alitalia, vero e proprio buco nero che continua a far sparire miliardi di soldi pubblici (ultimamente i 900 milioni prestati dal governo per tentare di risanare l’azienda).
A fronte di questo stato di cose il Governo ha davanti a se solo due strade e la scelta su quale imboccare va fatta entro i prossimi tre mesi: o la maggioranza ha il coraggio di dire finalmente la verità, rinnegando il tanto sbandierato “contratto” di governo ed impostando una manovra economica seria e realistica, o cerca di sopravvivere negando l’evidenza e puntando a resistere il più possibile con la conseguenza di dover poi comunque gettare la spugna sotto l’incalzare della crisi economica innescata dal rialzo dello spread. Sbocco inevitabile dell’aggravarsi della situazione economica le elezioni anticipate che a quel punto si svolgerebbero nella primavera del 2020 con un quadro economico fortemente deteriorato.
Per anticipare una situazione non certamente favorevole agli occhi dell’elettorato una parte non secondaria della Lega, quella più realista e sensibile all’esigenze dell’economia, sta pensando di bruciare le tappe facendo andare in crisi la maggioranza, subito dopo le elezioni europee, su un tema fortemente identitario per l’elettorato leghista, come può essere quello dell’autonomia differenziata. Scopo della manovra: avere una scusa per anticipare il voto ad ottobre prima del dispiegarsi degli effetti negativi del quadro economico.
Una scelta che permetterebbe di non dover ammettere il fallimento del contratto fatto con i 5Stelle e che, dopo un voto che stando ai sondaggi proietterebbe la Lega ampiamente sopra il 30%, punterebbe alla costituzione di una maggioranza Lega-Fratelli d’Italia, scaricando Berlusconi il cui elettorato verrebbe di fatto assorbito.
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