Anche se i dati non sono ancora definitivi, mentre scrivo queste righe, le elezioni politiche svoltesi ieri hanno evidenziato una netta affermazione di Giorgia Meloni.
Premetto che non ho votato per lei né per alcuno dei partiti facenti parte della coalizione alla quale faceva riferimento. Per quanto di scarso interesse generale, ho espresso il mio voto per quella che – da oggi – si avvia ad essere la principale forza di opposizione.
Tuttavia, come costume dei paesi saldamente democratici, non posso che congratularmi con Giorgia Meloni per la sua indiscutibile affermazione.
Questa è la democrazia a suffragio universale: la maggioranza indica il vincitore.
Lecito non gioire, ovviamente, ma non lo è lasciarsi andare a reazioni improntate al livore e all’astio: siamo nell’agone della politica, non sul terreno del tifo calcistico da bar sport.
Giorgia Meloni si è imposta intercettando, con la sua innegabile coerenza, un malessere diffuso nel Paese. Quel concentrato di paure e di incertezze sul futuro che soffia in tutta Europa (Svezia docet!) ma ancora di più nel nostro Paese, a causa di una forte debolezza economica e strutturale.
Per gli sconfitti si apre una fase di riflessioni e di analisi.
In particolare, credo, per il Partito Democratico, al quale pure ho dato la mia preferenza. Non si tratta, a mio avviso, di dibattere sulle “mancate alleanze”, che probabilmente avrebbero portato a risultati ancora peggiori. Ma sulla identità ultima e sul progetto valoriale di questa formazione politica. La quale, a mio avviso, si è allontanata dall’alveo del socialismo riformista e liberale per avvicinarsi ad una realtà assimilabile a quella di un partito radicale di massa: molto attenta al tema dei diritti civili ma assai meno incidente nelle preoccupazioni economiche delle fasce medie e deboli del Paese. Ritengo emblematico che ieri la candidata Monica Cirinnà (pare non eletta, e forse è meglio così) non abbia trovato di meglio che esprimere il proprio sdegno per il fatto che nei seggi vi sia una suddivisione nei tavoli degli scrutatori tra “uomini” e “donne”, con la da lei denunciata discriminazione per i soggetti transessuali. M’immagino l’interesse (o meglio l’irritazione) verso tale sdegno di chi è angosciato dai costi energetici e dalle bollette, affrontando un’inflazione al 9%.
Non è un caso se l’unico collegio uninominale conquistato dal PD a Milano sia stato quello di Milano Centro (la cosiddetta zona ZTL) mentre le zone maggiormente popolate dalla fascia media e debole della popolazione abbiano espresso il proprio consenso proprio a Giorgia Meloni. Pensate soltanto al collegio “popolare” di Sesto San Giovanni, una volta definito la “Stalingrado” d’Italia, dove ha maramaldeggiato e vinto a mani basse nientedimeno che Isabella Rauti!
Questo il cammino che attende il Partito Democratico nel futuro: recuperare il ruolo di forza propulsiva del socialismo riformista e liberale europeo, ponendo attenzione alle esigenze della popolazione, soprattutto di giovani, donne e fasce più deboli. Attento alle indicazioni di intellettuali, esperti ed economisti e non già di quelle provenienti da rapper e influencer.
Tornando alla vincitrice delle elezioni, Giorgia Meloni, le auguro buon lavoro. Non già per stolta piaggeria, ma semplicemente per il fatto che un suo fallimento sarebbe di gravissimo nocumento per il Paese.
Le darei anche qualche consiglio, pur consapevole che mai potrebbe leggerli. Ma… chissà.
Eccoli:
- Scegliere con cura i soggetti per i ruoli chiave di governo, sulla base non già della fedeltà, della militanza o degli accordi con gli alleati, bensì con il criterio essenziale della competenza. Quand’anche fosse indiato per alcuni dicasteri fondamentali un cosiddetto “tecnico” non si tratterebbe di debolezza, bensì di lungimiranza.
- Dedicare la dovuta attenzione alla scuola e alla cultura. Ancora recentemente ho scritto circa la mancata attenzione e i tagli di bilancio in questo settore fondamentale. Come dice il Talmud, il mondo può essere salvato solo dal soffio della scuola.
- Garantire investimenti nella sanità pubblica. Le recenti vicende hanno mostrato come troppo spesso questo comparto ha dovuto operare con grande affanno perché depauperato di risorse vitali. Non è accettabile attendere mesi per un accertamento diagnostico. L’Italia non può diventare un Paese con una sanità efficiente solo per chi ha un’assicurazione, come negli Stati Uniti. Anche perché – come diceva Emil Cioran, che Giorgia Meloni ben conosce – l’America del Nord è una civiltà senza futuro.
- Affrontare il tema generale della sicurezza, in un necessario equilibrio tra le esigenze della popolazione e lo spirito di umanità che permea la nostra cultura.
- Porre mano al drammatico problema fiscale, con progetti non demagogici ma perseguibili, che favoriscano gli interessi di tutta la popolazione e non soltanto di alcune fasce. Affrontando il tema dell’evasione, soprattutto quello dei grandi evasori e degli sfruttatori del lavoro in nero.
- Infine, ma non per importanza, le suggerirei una grande attenzione ai problemi delle donne. Giorgia Meloni si appresta a diventare il primo Presidente del Consiglio “donna” nel nostro Paese, e credo che il suo essere tale e, quindi, l’apparente novità del fatto abbia influito nel risultato elettorale. Non sprechi tale occasione, adoperandosi in tal senso. Non solo per le donne di una certa etnia o religione, ma per tutte.
Da ultimo spero che Giorgia Meloni sappia mantenere uno spirito non arrogante ma di dialogo, consapevole delle enormi fluttuazioni che ormai permeano l’elettorato italiano il quale, come sciame d’api, oggi c’è e domani si posa su nuovi fiori.
Tenendo a mente, come citato nei testi sapienziali, che il tramonto inizia a mezzogiorno.
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