Metti una sera a cena un microbiologo come Andrea Crisanti, che ora è anche senatore del Pd, ed un pm di Bergamo, Antonio Chiappani per esempio; e questi due iniziano a ragionare e fare dietrologia, dopo un caffè e un amaro lucano, su quel periodo che va dal 27 febbraio del 2020 ai primi giorni di marzo; e immaginano politici e amministratori colpevoli di aver diffuso epidemia e contagio di quel virus comunemente chiamato Covid, perché, secondo i calcoli del noto microbiologo nonché esperto parassitologo, se si fosse ordinata la zona rossa a Nembro e Alzano il 27 febbraio si sarebbero salvate 4.148 persone e 2.659 se fosse iniziata il 3 marzo.
Se due tipi così (uno scienziato che fino a un anno fa era corteggiato da giornalisti e conduttori tv, diventato popolare al punto da essersi guadagnato uno scranno a Palazzo Madama, nonostante che in precedenza avesse sollevato dubbi sulla validità del vaccino perché realizzato in tempi troppo rapidi; e un procuratore di cui onestamente non so niente, tranne che ha scelto il Crisanti come consulente, chissà perché proprio lui, forse per supportare con dati “scientifici” la sua tesi indagatoria?), ebbene, se due così si mettono insieme come minimo ci scappa un’inchiesta sull’allora capo di governo Conte, sull’ex ministro della Salute Speranza, sul presidente della Regione Fontana, sull’ex assessore alla sanità lombarda Gallera e via dicendo: per cui, come quando si gettano le reti a strascico, non si può mai prevedere il numero dei pesci che ci resteranno impigliati. Magari domani il procuratore ci spiegherà che anche il sindaco di Milano Beppe Sala ebbe la sua parte di responsabilità, e pure l’ex segretario del Pd Zingaretti e finanche Giorgio Gori che nei primi giorni vollero minimizzare la gravità del contagio andando a cenare nei ristoranti cinesi.
Tutti responsabili di aver diffuso il contagio in modo colposo, anche se il reato (pene previste fino a 12 anni di reclusione) prevede la partecipazione attiva e non l’omissione? Ce lo diranno i magistrati di Bergamo se ci saranno un rinvio a giudizio e un processo per quello che – lo ha spiegato benissimo l’avv. Gian Domenico Caiazza sul Riformista – sarebbe un “reato omissivo improprio”, ovvero una roba che sta più in cielo che in terra. Ma intanto il clima è quasi quello della Milano raccontata dal Manzoni in “Storia della colonna infame”, nella quale gli untori della peste venivano accusati da qualche improbabile testimone e subito dopo processati in base a teorie pseudo-scientifiche, nonché torturati e condannati.
E allora aspettiamoci un po’ di carcere preventivo, come ai bei tempi di Mani Pulite, quando il pool milanese prendeva i “corrotti” e li chiudeva al gabbio in attesa di una confessione; e se poi arrivava un suicidio, beh, pazienza. Oppure un lungo processo mediatico, sempre nello spirito della dietrologia, come quello per la trattativa Stato-Mafia, alla fine risultata una vera e colossale balla.
Col senno di poi si giudica male, soprattutto se ci mettono lo zampino un “esperto di zanzare” (così il prof Palù, virologo di livello internazionale, definì il suo allievo Crisanti) smanioso di tornare sotto i riflettori degli studi televisivi, e un procuratore che prende per oro colato le dichiarazioni pseudo-scientifiche del primo.
Non c’è dubbio che la politica italiana, nel complesso, abbia commesso degli errori nella gestione dell’epidemia ai suoi albori e finanche durante la fase acuta, ma questa è una questione che solo agli storici va demandata: non all’aula di un tribunale.
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