Da iscritto allo SPI della Cgil trovo che la posizione di Maurizio Landini sulle pensioni non sia ben informata.
Forse non è solo colpa di Landini, ma del profondo declino del glorioso ufficio studi della CGIl che da anni ha perso lo smalto di un tempo.
Per inciso in vista del PNRR tutti i sindacati dovrebbero potenziare i loro uffici studi dotandoli di energie intellettuali adeguate.
Affermare il diritto al lavoro e tutelare i diritti del lavoro nelle società digitali e nella GIG economy è una grande sfida. I sindacati dovrebbero essere capaci di anticipare il futuro per non subirlo o rincorrerlo quando i buoi sono scappati.
Senza una conoscenza dei fatti e senza approfondite ricerche sulle trasformazioni del lavoro il rischio e’ che in Italia la transizione digitale ed ecologica segua il modello cinese.
In Cina – in assenza delle libertà sindacali – gli orari di lavoro sono insopportabili, la mobilità e’ selvaggia, la precarietà estremamente diffusa.
Last but not least con la sorveglianza digitale di massa si è arrivati ai lavori forzati come e’ accaduto e accade tuttora ad un milione di uiguri di lingua turca nella regione dello Xinjiang.
Tornando alle pensioni Maurizio Landini ha sbagliato a contrapporsi frontalmente al Governo Draghi dando l’ impressione che per l’ ennesima volta i sindacati siano capaci di difendere solo i diritti dei garantiti.
In questa occasione Landini forse ha solo usato le parole sbagliate (non lo so), ma purtroppo per anni i sindacati non hanno difeso il futuro dei nostri giovani.
Maurizio Landini dovrebbe sapere che tutti i nonni si preoccupano moltissimo non solo delle loro, ma anche delle future pensioni dei loro figli e dei loro nipoti.
Chi puo’ permetterselo (una significativa fetta di pensionati) spende intorno a 150/200 euro al mese della sua pensione per pagare una varietà di polizze private (assicurativo/previdenziale) in favore di figli e nipoti. Perché?
Il motivo è semplice: non vogliono lasciare questo mondo con l’ansia che i loro cari vivranno gli ultimi anni della loro vita in povertà con pensioni da fame.
La CGIL di Luciano Lama, Bruno Trentin e Sergio Cofferati ha storicamente interpretato un riformismo intelligente e lungimirante.
Basti pensare agli accordi raggiunti insieme a CISL e UIl anche in materia di pensioni con gli esecutivi presieduti da Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini.
Finché si discute della gradualità con cui uscire da “quota 100”, di lavori logoranti, di categorie fragili, ecc. il confronto si sviluppa sul piano fisiologico ed è giusto affidarlo al negoziato tra parti sociali e governo.
Ma Landini non si è limitato a questo: ha evocato il ritorno al retributivo. Quando l’ ho letto mi è venuto subito in mente Fausto Bertinotti. Non voglio negare che alcuni lavoratori schiavi per decenni della precarietà quando andranno in pensione avranno bisogno di interventi integrativi in termini di politica sociale.
Ma rivendicare il “ritorno al sistema retributivo” come ha fatto Landini è un altra cosa. La proposta evoca lo spettro di un sistema previdenziale insostenibile che come storicamente è avvenuto in Italia toglie risorse ad una politica sociale all’ altezza dei bisogni della società contemporanea, e dei giovani in particolare.
Maurizio Landini sinora non aveva inseguito formule ideologiche come da sindacalista e politico ha fatto Fausto Bertinotti in tante occasioni. Il suo discorso di lunedì a Palazzo Chigi sul ritorno al sistema retributivo è viceversa una scivolata.
Nell’economia italiana di oggi (al di là di farsi carico di esigenze specifiche dei precari a cui ho accennato nei paragrafi precedenti) evocare tuot court il retributivo non e’ ne’ di sinistra né di destra, è semplicemente una stupidaggine, come una stupidaggine e’ stata quella dei navigator per i giovani in cerca di lavoro tanto cari al M5 stelle.
Ben altre sono le esigenze da soddisfare. Occorre aumentare le risorse pubbliche per la politica sociale e sanitaria (ma non per quella previdenziale) per interventi incisivi a cominciare dalle giovani coppie e delle famiglie con figli, come avviene da anni in Francia e in altri paesi europei.
La quasi assenza di asili nidi nel mezzogiorno – per dirne una – è la riprova della arretratezza del welfare italiano.
In queste ultime settimane il governo Draghi sta pestando i piedi a interessi potenti come dimostra – su versanti assai diversi – una attenta lettura del Financial Times (Londra), Global Times (Pechino), RTnews (Mosca).
In un momento così difficile, ma per molti aspetti assai promettente per cambiare davvero in meglio l’ Italia, tutti i sindacati possono avere un ruolo importante per difendere l’ interesse nazionale, rilanciare la crescita economica e creare nuovi posti di lavoro. CGIL, CISL, UIL, ma anche COBAS e UGL.
C’ è, però, un punto preliminare da chiarire bene. Tirare fuori il retributivo (o altre assurdità simili) mi fa venire in mente le ricorrenti provocazioni politiche di Fausto Bertinotti contro Romano Prodi. Sappiamo tutti come e’ finita….
Per evitare la “sindrome Bertinotti” e’ meglio mettere le mani avanti e prevenire.
Speriamo di no, ma se dopo il lunedì nero di Palazzo Chigi la “sindrome Bertinotti” dovesse diffondersi e colpire i Landini, gli altri dirigenti sindacali (o tanto per non far nomi Marco Travaglio, Matteo Salvini e chiunque altro) nessun logoramento del governo dovrebbe essere tollerato.
Spetterebbe immediatamente a Enrico Letta, Giuseppe Conte, Silvio Berlusconi, Carlo Calenda e Matteo Renzi agire per rendere più coesa ed efficiente l’ attuale maggioranza parlamentare che sostiene Mario Draghi.
I leader dei partiti che ho citato devono intervenire subito perché l’ Italia non torni indietro e la “sindrome Bertinotti” non si diffonda.
A questo imperativo politico aggiungo un auspicio ed un suggerimento personale che guarda ad un orizzonte piu’ ampio.
Sono profondamente convinto che sin d’ ora si debba lavorare ad una coalizione politica larga di PD, Azione, Forza Italia, M5s, Verdi, Italia Viva e +Europa che – con Draghi candidato Presidente del Consiglio – si presenti agli italiani con l’ obiettivo di vincere le prossime elezioni politiche.
Lo dico perché il lavoro per spendere bene il “debito buono” è appena agli inizi e Draghi e i partiti che lo sostengono con maggiore coerenza hanno un compito immenso per i prossimi 4 o 5 anni. Serve Draghi e servono i partiti per riformare l’ Italia.
Considerare Draghi una parentesi è l’errore più grave che i partiti politici possono fare, e non solo perché il PNRR non finisca per diventare una mangiatoia… D’ altra parte Draghi non deve mai dimenticare che senza i partiti la democrazia non esiste.
E’ di questo binomio (Draghi e partiti) che hanno davvero bisogno i nostri ragazzi per non andarsene all’ estero e vivere in una Italia migliore, profondamente diversa perché finalmente valorizza il merito.
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