Un tempo si combatteva la povertà, non i poveri. Oggi non è più così. Le crisi economiche sempre più frequenti e a scala globale, le guerre che esplodono di nuovo un po’ ovunque, le conseguenze sociali ed economiche di eventi epocali repentini come le pandemie o il cambiamento climatico, tutto ciò aumenta enormemente le disuguaglianze sociali e rischia di spingere sempre più verso atteggiamenti cinici, opportunisti, di chiusura e di ripiegamento a difesa del proprio interesse particolare, personale così come di categoria o di corporazione. Vale per i ricchi, che si riscaldano spesso al fuocherello della filantropia senza pensare che un diritto acquisito – quando non generalizzabile – diventa un privilegio, vale anche per i meno abbienti, quando indulgono a volte troppo facilmente a un facile assistenzialismo, facendo finta di ignorare che esso ha sempre un costo a debito che toccherà poi alle generazioni future ripianare. In questa sorta di guerra di tutti contro tutti ciò che prevale è alla fine il rancore e l’incapacità di riformare le cose: se qualcuno cade, è colpa sua. Chi resta in piedi è perché se n’è comunque approfittato.
In questi giorni il dibattito in Italia si è concentrato su due misure di contrasto alla povertà. La prima è proposta di un salario orario minimo fissato per legge, che per alcuni spiazzerebbe la contrattazione collettiva – da sempre competente in materia di organizzazione e trattamento del lavoro – e inciderebbe solo su un’esigua minoranza di lavoratori sotto soglia retributiva dignitosa, per altri si renderebbe invece necessaria per il mancato annoso rinnovo della gran parte dei Contratti Nazionali di lavoro e per l’assenza di una seria legge sulla rappresentanza sindacale. La seconda è la riforma del reddito di cittadinanza, ora sostituito dall’“Assegno di Inclusione” e dal “Supporto per la Formazione e il Lavoro” ma reso meno universalistico, più selettivo e più breve. Sullo sfondo i grandi problemi strutturali della società italiana: la scarsa produttività del sistema lavoro del nostro Paese, il basso grado di innovazione tecnologica delle nostre (troppo) piccole imprese, la mancanza di serie politiche attive del lavoro e una diffusione ormai strutturale della povertà estrema che rtiguarda oggi circa sei milioni di persone.
Ne parliamo – riflettendo, dati alla mano, intorno alla questione del salario minimo e della recente riforma del Reddito di Cittadinanza – VENERDÌ 2 FEBBRAIO P.V., dalle ore 17:00 alle ore 19:30, presso il DOPO LAVORO FERROVIARIO (P.zza Dante Alighieri N. 1, 51100 Pistoia), con MARCO BENTIVOGLI(Coordinatore Nazionale di BASE ITALIA ed Esperto di innovazione), con Daniele Gioffredi (Segretario della Camera del Lavoro di Pistoia) e con Marcello Suppressa (Direttore della Caritas Diocesana di Pistoia).
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