Draghi se ne va. Fra poche ore il suo posto sarà preso da Giorgia Meloni. Auguri a lei. Auguri all’Italia. Se ne sente un gran bisogno in una situazione così critica a scala internazionale e così ingarbugliata dal punto di vista politico, economico e sociale nel paese.
C’è chi dice che la Meloni ha studiato in questo mese “da Draghi”. Speriamo sia vero. E speriamo che abbia appreso qualcosa lasciando da parte quel frasario e quell’armamentario usato negli anni di opposizione, provenienti da quel substrato culturale di destra sfascista piu’ che fascista che ha supportato per molto tempo la sua esperienza politica.
Ma cosa c’è da imparare da Draghi. Cosa possiamo cercare di prendere da esempio nella sua breve esperienza di Capo del Governo?
In primo luogo il suo “standing” all’estero ed in particolare in Europa. Draghi è stato nelle istituzioni internazionali sempre a testa alta rappresentando sempre e in ogni momento la sua nazione. Ma lo ha fatto conscio del fatto che l’Italia è un “grande paese”, fondatore della Ue, con uno dei piu’ grandi e avanzati sistemi industriali del mondo, e che per questo deve giocare assieme la carta della Autorevolezza con quella della Responsabilità. Chiunque è in grado di capire che nel mondo delle istituzioni internazionali il nazionalismo assoluto, il “noi prima di tutti”, può valere per alcuni, pochi, paesi forti e per altri diseredati in cerca di qualche fortuna consentita, per brevi periodi e per casuali occasioni, nel sistema globale. Si veda, per questo secondo caso, la “fortuna” dell’Ungheria legata alla particolare situazione di legame diretto con la Russia in questa situazione di guerra e di crisi energetica. Ma non può essere il modo di agire dei paesi a livello internazionale. Meloni dice che farà valere di piu’ gli interessi italiani in Europa e nel Mondo. Siamo ansiosi di vedere i risultati.
In secondo luogo il suo modo di affrontare i singoli dossier dell’Agenda di Governo. Una grande attenzione ai “numeri”. “I numeri non sbagliano mai” ci racconta Jordan Ellemberg. Non va preso alla lettera ma va apprezzato laddove significa una grande attenzione alle cose come stanno e non come vorremmo che fossero. Analisi della situazione, chiarimento della policy, con obiettivi e strumenti ben definiti, e quindi valutazione dei risultati. Le conferenze stampa di Draghi sono sempre state asciutte. Con poco spazio alle allusioni, ai risentimenti politici, alle narrazioni giustificative. Non sarà facile per nessuno ritornare alle conferenze stampa “elettoralistiche” mirate esclusivamente alla ricerca, talvolta truffaldina, del consenso.
In terzo luogo una chiara impostazione di fondo che ha fatto da riferimento a tutte le decisioni prese nel corso dei due anni di governo. Questa impostazione può essere così rappresentata con alcune affermazioni “cardine”. La ricchezza va prima prodotta e poi redistribuita. La redistribuzione senza una attenzione alla crescita diventa “distribuzione della povertà”. La povertà va combattuta anche con interventi, in fase di emergenza, di tipo assistenziale ma con uno sguardo all’uscita dalla condizione di povertà. Il sostegno alle difficoltà non puo’ essere infinito e senza condizioni. Ma deve prevedere una “fine”. La spesa pubblica può essere fatta anche in deficit ma per un paese indebitato come l’Italia solo in condizioni di emergenza, solo per interventi legati a investimenti di lungo periodo che rafforzano il sistema e meglio se garantiti dalle Istituzioni europee. Fuori da questo “recinto” un’ulteriore spesa pubblica in deficit rischia di mettere l’Italia sotto la pioggia della speculazione internazionale. Si tratta di tre affermazioni forti, legate fra di loro e capaci di dare una bussola alla navigazione quotidiana. La speranza è che la Meloni non si faccia sviare da vecchi slogan e da vecchi e nuovi imbonitori da strapazzo.
Poi ci sarebbero i risultati raggiunti in sede di “battaglia alla pandemia”, di crescita economica e di avvio della fase di attuazione del PNRR (dove assieme alle luci ci sono anche le ombre). E ci sarebbe l’ultima importante battaglia in sede europea sulla gestione comune della crisi energetica dove, stando alle ultime informazioni, il risultato si presta sia a valutazioni positive sia a valutazioni negative. Di positivo c’è che Draghi e l’Italia hanno rappresentato la “punta di diamante” di una visione europea forte e solidale. Peccato che non ci fosse una Merkel in Germania a dialogare con Draghi su livelli più alti.
Ma, per quanto ci riguarda, dato il breve tempo di durata del Governo Draghi ci interessa sottolineare piu’ l’approccio alle scelte che le scelte stesse sui singoli dossier. Se non sarà disperso questo approccio alle cose rappresenterà la migliore eredità per il Governo che sta per iniziare la propria attività. E’ dall’approccio alle cose che dipendono i risultati veri. Poi sui singoli temi si vedrà, ci saranno tanti punti di vista da assecondare, tante promesse da mantenere. L’importante che ci sia uno “stile” di fondo che guarda alto e lontano e che non ci fa ripiombare nella “sceneggiata italiana” che abbiamo dovuto subire nella precedente legislatura. Sarebbe un disastro per il paese.
Lascia un commento