Ancora autocertificazioni: è questa l’amara realtà che ci attende nelle prossime settimane. L’ora dell’agognata libertà, evidentemente, non è ancora suonata per i “saggi” delle task force governative, che non ci hanno dato il via libera come molti di noi attendevano e speravano.
Siamo ancora a rischio di contagio, nonostante la tendenza generale dell’epidemia indichi un significativo miglioramento. E allora – essi pensano – è bene continuare a vietare gli spostamenti da comune a comune (se non per lavoro); è bene limitare le visite ai soli congiunti (fidanzate e fidanzati lo sono oppure no? e i cugini? e gli zii?); per cui sarà ancora obbligatorio, se ci si sposta per fare la spesa come per andare dai nonni, compilare e portare con sè l’ultima versione del modulo autocertificante.
Quindi niente assembramenti in pizzeria, niente passeggiate in coppia mano nella mano, niente aperitivi al bar con gli amici. Tutto o quasi tutto è ancora proibito, persino nelle regioni come la Calabria e la Basilicata dove la curva dei contagi si è praticamente azzerata.
La filosofia della task force e del governo che ne recepisce le direttive è ancora quella di vietare, prorogando a data da stabilirsi il regime vigente di Stato di polizia (con tutto il rispetto per le forze dell’ordine che fanno semplicemente il loro dovere); e con le assurdità di cui siamo stati informati, come quella della ragazza a Milano che andava a fare la spesa, ed è stata multata perché era vestita in tuta da jogging.
Ci dev’essere un autentico piacere nel vietare; un’ebrezza che solo i potenti hanno il privilegio di provare. E che Giuseppe Conte sicuramente sperimenta quando pronuncia le frasi: “Noi consentiremo…” o “Noi non consentiremo…” E’ il brivido dei pieni poteri, che si annida nella profondità dell’animo di ogni politico; specialmente quando questi è stato catapultato ai vertici non dopo un lungo percorso di formazione, non grazie a elezioni democratiche, ma così, da un giorno all’altro, per una fortunata coincidenza di eventi.
Eppure un’altra via da indicare agli italiani, al posto dei divieti, delle autocertificazioni e delle multe, ci sarebbe. La potremmo chiamare senso di responsabilità, ma così si rischierebbe di utilizzare una formula astratta e fin troppo abusata in passato.
Preferirei allora ricorrere a una parola apparentemente più semplice e comprensibile, prudenza,che però vorrei spiegare grazie a un termine greco corrispondente: mètis.
Scrive Omero nell’Iliade: “Per mètis più che per forza eccelle il boscaiolo. E’ per la mètis che il pilota sul mare vinoso guida la rapida nave, a dispetto dei venti. E’ per la mètis che l’auriga può superare l’auriga” (Canto XXIII).
Come hanno spiegato Detienne e Vernant in Le astuzie dell’intelligenza nell’antica Grecia (Laterza), in riferimento alla corsa di carri narrata da Omero dove Antiloco vince i suoi avversari più forti grazie ai consigli ricevuti dal vecchio padre Nestore, mètis è l’intelligenza pratica, distinta dall’epistème tanto cara a Platone; ma proprio per questo si rivela utilissima nella vita di tutti i giorni, in particolare nei momenti di difficoltà.
Mètis è il pensiero flessibile che si muove tra passato, presente e futuro. Perché fa tesoro delle esperienze del passato, e induce comportamenti non impulsivi ma dettati dalla riflessione; perché porta l’uomo a saper cogliere le occasioni propizie che arrivano nel momento presente (kairos); e perché sa progettare, prudentemente, il futuro.
Naturalmente è Ulisse il campione omerico della mètis, per questo definito “polùmetis” (che Leopardi traduce con “astuto”), quando si libera dalle grinfie del Ciclope o riesce a sopraffare i Proci che hanno invaso la sua reggia. Ma non dimentichiamoci di Penelope che ha, altrettanto intelligentemente e astutamente, tenuto a bada gli stessi durante la lunga assenza del marito.
È dunque richiamandosi ai classici e all’idea di mètis, che in questo momento si potrebbe indicare agli italiani una via per uscire dalla condizione di minorazione civica – in cui la clausura forzata, le autocertificazioni e le multe li hanno costretti – e restituirgli, così, la loro dignità di esseri pensanti, prudenti e previdenti.
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