Il dibattito politico, ormai stucchevole, sul fantomatico “centro” politico, sconta l’equivoco di prospettiva di imporre ad ogni costo un’etichetta geometrica o se volete geografica (appunto: il “Centro”) a tutto ciò che non è organico né al Centro Destra a trazione Meloni/Salvini né al “campo largo” evocato da Letta. Li chiameremo per brevità nel seguito “non allineati”.
Un vero e proprio bias percettivo che colpisce molti commentatori, ultimo della serie Ezio Mauro su Repubblica (“Il mito del Centro”), ma pure da alcuni degli stessi non allineati (Toti per esempio lo mette addirittura nel nome della sua creatura politica: Italia al Centro).
Non è una mera questione nominalistica perché la parola Centro porta con sé un sapore di incucio, di politique politicienne, di amore per le poltrone fine a sé stesso. Ezio Mauro lo delinea con compiaciuta ferocia: centro vuol dire moderatismo, che significa antipopulismo, democraticismo, soprattutto governismo, pronto a diventare riformismo tiepido oppure conservatorismo pallido, secondo le opportunità del momento e le convenienze. E non a caso in queste acque intorbidite c’è perfino un Mastella che si autocandida a federatore del Centro o, tanto per fare casino, Berlusconi che, allarmato, proclama “il Centro è Forza Italia”.
Stendiamo un velo pietoso e diciamolo una volta per tutte: non ha alcun senso considerare tutti i non allineati come potenzialmente un unico polo, il mitico “terzo polo”. Resta però il fatto che in questo Paese c’è assoluta necessità di un Terzo Polo che proponga agli elettori una prospettiva alla soffocante alternativa delle due coalizioni che oggi si fronteggiano. Ma non una minestra riscaldata con ingredienti Mastella, Tabacci e altri improbabili. Bensì un partito che definirei riformista, esattamente quel partito che il PD ha scientemente scelto di non essere dai tempi sciagurati della gestione Zingaretti/Bettini e dell’innamoramento per i Cinque Stelle.
Chiamiamolo Partito X, e proviamo a scriverne il manifesto identitario in 5 punti:
- Perché il Partito X? Perché nel nostro Paese il cittadino si è come assuefatto all’inefficienza, al collasso del funzionamento della macchina dello Stato e offre il suo consenso (quando non si rifugia in una desolata indifferenza, da qui il crescente astensionismo) a forze politiche che non hanno assolutamente come obiettivo il bene comune e agiscono senza prospettiva e senza un “orizzonte lungo”. Il panorama dell’offerta politica nel nostro Paese offre prevalentemente partiti che suscitano paure largamente ingiustificate, si baloccano in questioni del tutto secondarie e risibili o coltivano improbabili soluzioni semplicistiche a problemi complessi. Quasi tutti inchiodati a proposte di piccolo cabotaggio e soprattutto attentissimi a non irritare l’elettorato di riferimento. Il Partito X vuole rompere questo schema soffocante.
- Identità culturale.L’identità culturale del Partito X è il liberalismo social-democratico. Esso persegue l’idea di una società aperta, democratica, sanamente competitiva e solidale. Che non lascia indietro gli ultimi (e nemmeno i penultimi) e insieme, valorizza il merito e le pari opportunità sia di genere ma anche di provenienza sociale, che intende ripristinare l’ascensore sociale bloccato ormai da decenni. Il Partito X abborre il populismo, le soluzioni facili e velleitarie, le posizioni stancamente ideologiche e l’antifascismo da salotto. Il Partito X è fermamente antifascista e contro tutti i totalitarismi e pure contro le false democrazie (o democrature). Ritiene che la democrazia, i diritti individuali, la parità uomo – donna, la libertà di culto e di vissuto della sessualità individuale siano valori indisponibili e intoccabili. Il Partito X è un partito “laico” nel senso di orgogliosa indipendenza da schemi ideologici attraverso i quali leggere il mondo che ci circonda. E per questo è contro ogni integralismo, ogni demonizzazione dell’avversario solo in base a etichette.
- Il Partito X è orgogliosamente riformista e in questo senso si considera un partito “scomodo”. Nel senso che sfida le tranquille abitudini, i piccoli interessi, le garanzie, le rendite di posizione. Combatte l’atteggiamento largamente inconscio in primis tra i politici ma anche tra i cittadini, di preferire la melassa, il consociativismo, la vuota invocazione di un non ben precisato cambiamento piuttosto che la sua concreta attuazione. Sentimenti che costituiscono una cappa soffocante in questo Paese, che blocca l’ascensore sociale, che inibisce le forze intellettuali e imprenditoriali che resistono nonostante tutto. Il Partito X ritiene che in questo Paese vi siano delle assolute urgenze e delle situazioni spaventosamente critiche. Per esempio: l’istruzione (i pessimi risultati INVALSI avrebbero dovuto far sì che tutte le forze politiche si interrogassero sul disastro.. nulla di tutto questo), un Sud ancora lontanissimo dai livelli minimi di legalità ed efficienza, il sistema della Giustizia, l’impatto della inevitabile transizione ecologica. Sono tutti temi prioritari e decisivi.
- Pragmatismo, competenza e razionalità.Il Partito X argomenta su base razionale, pragmatica e di competenza sulle cose. Senza tabù, senza pregiudizi e senza sconti. Senza lisciare il pelo delle mode del momento e con la costante ricerca di un dialogo chiaro e sincero con tutti gli interlocutori. Nella convinzione che il consenso ai cittadini va guadagnato attraverso la fatica di argomentare, spiegare con chiarezza anche realtà complesse e scomode, senza atteggiamenti tattici di convenienza e senza ingigantire o sminuire le problematiche sulla base di un ritorno elettorale spicciolo. Il Partito X è aperto al dialogo con le altre forze politiche, senza pregiudizi e insieme senza complessi purché il dialogo sia rispettoso e corretto e abbia come stella polare il bene dei cittadini.
- Forza europeista. Il Partito X si colloca in pieno nel solco della tradizione europeista del nostro Paese. In primis per motivi ideali e culturali: riteniamo che si debba essere consapevoli di quale immenso privilegio sia stato nascere e vivere in questa parte del mondo. Nessun altro luogo del pianeta può vantare di aver fornito un contributo allo sviluppo della civiltà umana minimamente paragonabile a quello del nostro continente. In Europa sono fioriti il Rinascimento, l’Illuminismo, il Romanticismo, l’Espressionismo, in Europa si sono concepite le maggiori invenzioni tecnologiche, il giusnaturalismo e l’elaborazione teorica del contratto sociale e, ça va sans dire, la democrazia.
Ma la convinta adesione ad una visione sempre più integrata del nostro continente si basa non solo su motivazioni ideali, per quanto fondamentali, ma anche banalmente di convenienza. È indispensabile addivenire al più presto (anche a prezzo di dolorose esclusioni per chi non si ritenga pronto) a un’Unione che abbia comune politica estera e una difesa autonoma. Nella consapevolezza che gli interessi europei non coincidono necessariamente con quelli di altri alleati. È l’unica strada per recitare nello scacchiere mondiale un ruolo da protagonista, per testimoniare i propri valori fondanti e non essere, prima volta nella storia dell’umanità, condannati a divenire periferia del mondo.
(il resto dell’articolo è possibile leggerlo su www.luminosigiorni.it)
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