Si lo so, sembra la classica barzelletta alla Gino Bramieri, dove chissà perché la brutta fine di solito la fa l’Italiano. Invece voglio raccontare di una storia vera. Siamo tutti informati che tra un Americano e un Cinese (ogni riferimento a persone o cose è puramente casuale) non corra proprio buon sangue e i due minacciano di scatenare una guerra commerciale che rischia di allargarsi a macchia d’olio, costringendo presto all’intervento le banche centrali. L’Americano mette dazi sui prodotti cinesi e il Cinese, indispettito, si ricorda di essere il maggior possessore di titoli di debito americani (1.100 miliardi di $ per intenderci) e per ripicca non solo non ne sottoscrive più, ma minaccia di venderli tutti d’amblais. Può farlo? Si, può. “È il mercato bellezza”.(cit.). Il problema è che il mercato è una catena agitata, dove gli anelli più robusti sono dove parte la scossa, quelli più deboli alla altra estremità.
Così se io agito la catena dell’economia internazionale, il massimo effetto l’avrò sugli anelli più deboli della catena, (i Paesi con indicatori economici più modesti) tra cui anche quello dell’Italia. Come? Semplice. L’incertezza commerciale si trasferisce subito sul comparto obbligazionario e azionario in termini di volatilità. Nel primo caso sono colpiti tutti i titoli, anche quelli del comparto pubblico. Una prova? Nella prima asta post attrito cinese-americano i btp italiani (a 3 e 7 anni) in emissione hanno sì raccolto i 5,2 miliardi in collocamento, ma a rendimenti subito schizzati all’insù. Ma se salgono i rendimenti non è un bene? Mica tanto.. più salgono e più significa che ad esso sono associati rischi maggiori. Sarebbe bello poterlo spiegare un attimo anche ai nostri politici, magari “incatenandoli” a studiare un po’ di economia.
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