Per rinnovare le presidenze dei gruppi parlamentari, Elly Schlein ha scelto di non correre rischi e di assicurarsi due fedelissimi: quindi non tramite voto e neppure dopo un’aperta discussione, ma per acclamazione, come si usava in passato per eleggere il Pontefice o, se vogliamo esempi più recenti, come vanno le cose nel partito di Berlusconi.
Così ora sappiamo, per certo, che il nuovo corso del Pd non seguirà l’impronta riformista di Stefano Bonaccini, nonostante la carica presidenziale concessagli, ma quella di Francesco Boccia, neo-capogruppo dei senatori dem, sostenitore della “linea politica unitaria di tutti i progressisti (compreso il M5S)”. E se questo non è sufficiente per capire il personaggio, allora leggete la seguente dichiarazione: “Mi sembra evidente che la posizione del Pd e quella del M5S abbiano punti di convergenza” (dall’intervista rilasciata a La Stampa). Amen, l’affare è fatto, i dem sono pronti per una riedizione del Conte bis: l’ammucchiata giallo-rossa.
Marginalizzati, dunque, i riformisti (chiedere conferma al senatore Marcucci, ultimo renziano sopravvissuto al disastro in casa Pd), la Schlein può procedere tranquillamente nella sua opera di trasformazione di un partito originariamente di centrosinistra in uno solo di sinistra, grazie anche alla rentrée dei bersaniani, nel quale radicalismo di massa e diritti civili saranno gli ingredienti principali della ricetta.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Perché così facendo, spostando cioè il Pd a sinistra, la neo-Segretaria lascia uno spazio vuoto e in politica, come in fisica, i vuoti non possono restare tali a lungo. E siccome Forza Italia ha abbandonato il campo liberaldemocratico per rifugiarsi sotto l’ala protettrice e sovranista della Meloni, dopo che Berlusconi aveva definitivamente perso la battaglia per la leadership della coalizione, non ci sono altri che possano seriamente aspirare a colmare quel vuoto se non Azione, Italia Viva, i liberali come Oscar Giannino, Alessandro De Nicola e Sandro Gozi, e teoricamente +Europa.
Questo potrà avvenire se il progetto di dar vita al nuovo partito riformista, superando il concetto di federazione, si realizzerà nell’immediato futuro, senza dover aspettare le elezioni europee fra un anno. Un partito con una leadership chiara, ma con solide radici nei territori, per cui ci dovranno essere livelli intermedi di organizzazione e discussione, per stabilire un flusso di comunicazione bidirezionale: dal basso verso l’alto e dall’alto verso il basso.
Un partito che segni una totale discontinuità con quelle tradizioni politiche (cattolicesimo e comunismo) che sono state alla base della nascita e della vita dei partiti novecenteschi. Perché la fine della globalizzazione; le minacce di varia natura portate alle democrazie dai regimi autoritari; la guerra d’invasione ai confini d’Europa; l’urgenza di controllare i flussi migratori per sopperire alla mancanza di mano d’opera; la necessità di ripensare il welfare, di riorganizzare la sanità e di migliorare il sistema della ricerca, dell’istruzione e della formazione; e, dulcis in fundo, la prospettiva di realizzare una transizione energetica che non sia ideologica e destabilizzante sul piano industriale, ebbene, tutte queste sfide non possono essere condotte con i metodi e le vision dei partiti del secolo scorso. Ci vuole una cultura pragmatica e realistica, aperta ai cambiamenti della società ma concentrata sul raggiungimento degli obiettivi attraverso le riforme necessarie. Ci vuole, semplicemente, un partito liberaldemocratico.
Alessandro Petretto
Talmente chiaro da essere ovvio. Ma il messaggio sarà accolto.? Le idee ci sono ma non ancora i voti e non sarà facile intercettarli. Gli italiani non hanno mai amato la razionalità in politica. Quindi accanto alle competenze ci vogliono figure nuove che vadano al cuore degli elettori delusi e sappiano attraversare il campo della comunicazione moderna. Perché quando Calenda o Marattin distruggono in TV i malcapitati interlocutori ho la sensazione che perdano voti? Non è certo colpa loro ma dei prevalenti falsi meccanismi comunicativi. I miei studenti di Politica economica me lo dicono sempre quando parlo di spesa pubblica, debito e tasse: professore lei non prenderebbe un voto se non tra qualcuno di noi
luciano
E’ proprio come idi. Purtroppo la responsabilità non attrae consensi di massa. Resta la funzione, scomoda, di grilli parlanti che non si tacciono