Al di là delle stucchevoli schermaglie politiche mosse da sicuramente involontarie ma reali coincidenze, l’intervento dell’on. Giovanni Donzelli alla Camera dei Deputati assume indubbiamente un peso importante nella vicenda del cittadino-detenuto Alfredo Cospito.
Se è vero come par essere vero, visto che tra le molte prese di posizione nessuno ha ritenuto di smentire il testo delle intercettazioni letto in aula dal Vicepresidente del Copasir Donzelli, il “caso Cospito” assume tutta un’altra valenza politica ma anche giudiziaria.
Infatti, se l’obiettivo dello sciopero della fame messo in atto da settimana dall’anarchico non è più quello di far riflettere sulla propria vicenda personale e sulle eventuali inadeguate misure messe in atto a seguito di una sentenza passata in giudicato, ma bensì è diventato quello di una lotta senza quartiere al regime carcerario del 41-bis, il cosiddetto “carcere duro” ideato per mafiosi e terroristi, la vicenda assume decisamente un’altra portata etico-culturale ancora prima che politica.
Portata che -dopo le parole del cittadino-detenuto Cospito rese pubbliche nell’aula del Parlamento dall’on. Donzelli- non potrà più essere sottovalutata né disconosciuta da nessuno; né da coloro a cui è demandato il compito di riesaminare il cosiddetto “caso Cospito” e confermare o alleggerire il regime carcerario dell’anarchico, né, tantomeno, da tutti coloro: politici, scrittori ed intellettuali (più o meno autentici) che, in queste settimane, hanno solidarizzato con la protesta sacrosanta del cittadino-detenuto Cospito.
Adesso le ambiguità stanno a zero!
O si è per la legalità, certamente giusta e proporzionata ai reati commessi ed acclarati (come nel caso di specie), o si è, anche inconsapevolmente ma inevitabilmente, per la criminalità.
Tertium non datur, per nessuno!
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