Quelle in Gran Bretagna non sono state normali elezioni politiche: sono state un secondo referendum sulla Brexit. Ma un referendum nel quale agli elettori era data la scelta tra un’opzione chiara rappresentata dal voto Tory, la Brexit appunto, e un’opzione molto nebulosa, rappresentata dal voto Labour. Comprensibilmente, hanno scelto di voltar pagina rispetto al dramma inglorioso in cui quel grande Paese si è dibattuto per tre anni e mezzo dopo il referendum del giugno 2016. Il Labour ha perso rovinosamente perché ha proposto la combinazione impossibile tra una tiepida opzione pro-UE e una linea di politica economica statalista e dirigista incompatibile con i trattati UE. Ora per il Regno Unito si apre un nuovo periodo di sofferenza: si riapre la questione dell’Irlanda del Nord, la quale si sentirà sempre più tagliata fuori per effetto della nuova frontiera lungo il Canale di San Giorgio, e dove il Sinn Fein per la prima volta ha prevalso sul partito unionista; e si riapre la questione della Scozia, dove ha stravinto il partito Nazionale Scozzese, favorevole a restare nella UE, che ora tornerà alla carica per un nuovo referendum sull’indipendenza (che comunque non porterebbe automaticamente all’appartenenza alla UE). Quanto a noi al di qua della Manica, non tutto il male vien per nuocere: dal punto di vista della UE la Brexit segna, certo, una perdita grave in termini di peso economico e geo-politico, ma segna anche la fine della presenza ingombrante di un Paese che ha sempre remato contro il processo di integrazione politico-istituzionale. L’uscita dell’UK può essere l’occasione di un rilancio di questo processo, nel quale Francia e Germania sono già impegnate. Un forte impegno su questo terreno anche dell’Italia sarebbe prezioso, per noi e per la stessa UE; ma tutto quello che noi sappiamo fare, in questo momento, è… chiedere il rinvio del nuovo accordo sul Fondo Salva-Stati perché il nostro ministro degli Esteri non ha ancora capito che cos’è e come funziona.
Roberto
Prima delle elezioni tutti i partiti europeisti garantivano una riforma del sistema ma sconfitti i sovranisti hanno rapidamente dimenticato le loro promesse.