Mentre da anni combattiamo per portare da Londra a Milano la Sezione della Corte Centrale dei brevetti (farmaceutici ndr), acquistiamo azaleee e promuoviamo raccolte fondi per malattie rare per una ricerca sottostimata negli investimenti pubblici, da più parti si auspica con toni entusiastici l’eliminazione dei brevetti farmaceutici per i vaccini contro il Covid, quale rapida “soluzione” alla tragedia della pandemia.
Tutti gli schieramenti politici hanno salutato positivamente la dichiarazione di Biden a favore di una sospensione straordinaria delle protezioni alla proprietà intellettuale dei brevetti per i vaccini anti Covid, il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Ghebreyesus, saluta apertamente la scelta americana come “un atto monumentale nella lotta contro il Covid” mentre il nemico appare, più del virus, la “Big Pharma”.
L’Italia, dal canto suo, dimentica di citare la parola brevetti nei comunicati post dichiarazione americana Significativa in tal senso la presa di posizione italiana a qualche ora da quella tedesca: “i vaccini sono un bene comune globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali”.
Più diretta, Angela Merkel afferma che la protezione della proprietà intellettuale è fonte di innovazione e dovrà rimanerlo anche in futuro. Fortemente convinta del fatto che la sospensione dei brevetti non sia una soluzione all’esigenza di una maggiore forza produttiva, ha ribadito che a frenare non sono i brevetti, lo sono semmai gli alti standard qualitativi richiesti, tanto che le stesse aziende che stavano firmando centinaia di accordi di licenza, a seguito delle dichiarazioni americane si stanno inevitabilmente bloccando.
Un bel pasticcio, soprattutto se si pensa che l’annunciata deroga alle norme mondiali sui brevetti dovrà essere approvata all’unanimità dai 164 Paesi del Wto, che la prossima riunione plenaria dell’Organizzazione mondiale sul commercio è prevista per il 30 novembre e che le parole provengono dall’America che, nei fatti, si è rifiutata di cedere agli altri Paesi anche quantità minime dei vaccini prodotti negli Stati Uniti.
Il concetto dell’appropriazione legato a quello della produzione non è certo nuovo, come quello più noto dell’abolizione della proprietà privata, così come non possiamo dimenticare che anche in materia brevettuale esistono deroghe previste per legge, a fronte di un equo compenso. Che fine ha fatto nel dibattito l’equo compenso?
Ciò che forse potremmo provare a comprendere in questa furia iconoclasta da “eliminazione di claims” è che dovremmo pur cominciare ad apprendere qualche lezione dalla pandemia. La prima è che la convivenza con i virus e le loro mutazioni è destinata a durare a lungo e che la via migliore è quella di collaborare con gli innovatori incoraggiandoli attraverso l’equa remunerazione e non l’appropriazione delle loro invenzioni.
La seconda che basterebbe rispolverare il dibattito aperto in Italia nel 1978, quando finalmente cadde il divieto della brevettazione dei farmaci, per comprendere che proprio la brevettazione, e non il divieto di essa, costituisce il metodo più idoneo a conseguire la soddisfazione del diritto alla salute.
E da ultimo che la lotta alle Big Pharma non è la cura di una politica che ha sempre messo l’innovazione e ricerca nel fanalino di coda, incentivando la dismissione di interi settori produttivi e riecheggiando oggi il leitv motive del pericolo di possedere.
Mentre impariamo la lezione di come si possa immunizzare l’Italia da un superlativo Checco Zalone e dalla sua Vacinada almeno quanto le generazioni passate lo appresero dal “basta un poco di zucchero” di Mary Poppins a ricordo del nobile gesto del polacco Sabin ai tempi dell’antipolio assunto sulla zolletta di zucchero, mi pare che il dibattito sui vaccini e sulle deroghe alla brevettazione non possa attendere oltre nel cedere alla tentazione della serietà.
Daniela Mainini Avvocato, Presidente Centro Studi Grande Milano
Beppe
Un ragionamento serio e ponderato che rigugge dalla demagogia per sparare notizie ad effetto, che poi generano solo rancori.
Daniela Mainini
grazie Beppe. E’ davvero importante ritornare sul terreno della discussione approfondita. DM