Ho dovuto davvero penare per trovare in rete le parole testuali del prof. Barbero, mi era sfuggito che si trovavano su “La Stampa” di ieri 21 ottobre. Avevo il giornale in casa ed invece ho annaspato a lungo nelle decine e decine, forse centinaia, di reazioni giornalistiche, contro-interviste, dichiarazioni sul Web, molte delle quali scandalizzate.
Ecco il testo incriminato:
“… vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. E’ possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi ?“
Di Barbero già non mi era piaciuta l’opposizione al Green Pass, soprattutto il suo farsi alfiere dei docenti universitari scandalizzati e restii a mostrare, Loro (!?), il possesso di autorizzazioni amministrative, come dei semplici dipendenti.
Tutte tesi che, soprattutto dopo Freud, tradiscono un sottostante, banale: “Ma lei non sa chi sono io!!!”
Ora il prof. entra a gamba tesa nel “problema della donna”, forse più scivoloso del virus.
“A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina” diceva Andreotti (io vo tranquillo tanto sono ateo), ma come non pensare che grazie a questo colpo di teatro le tre conferenze su donne celebri: Teresa di Calcutta, Caterina di Russia e Nilde Iotti (una vera “insalata cappuccina”) che il prof. terrà al grattacielo Intesa San Paolo di Torino, non riceveranno una colossale promozione di risonanza e di pubblico? Certo, anche tante critiche, ma in fondo torna sempre il vecchio adagio almirantiano: basta che se ne parli, anche male, purché se ne parli: “aggressività, spavalderia e sicurezza di sé”, cribbio.
Dalle ammissioni di Freud:
“La grande domanda a cui non ho mai risposto e a cui non ho ancora potuto rispondere, nonostante i miei trent’anni di ricerche sull’anima femminile, è “Che cosa vuole una donna?””
a
“La donna, la donna, la donna, o l’omo?” (“Berlinguer ti voglio bene”, Benigni), lo sanno anche i gatti che il tema è ad alto rischio, figuriamoci poi a sparare giudizi sulla “differenza strutturale” delle donne, come ha fatto Barbero.
Innanzitutto, anche se le parole dell’intervista si concludono con il punto interrogativo, quella del prof. è un’evidente domanda retorica.
“… vale la pena di chiedersi se …” non introduce una domanda, ma esprime proprio quello che pensa Barbero.
Apprendiamo quindi che, secondo lui, “aggressività, spavalderia e sicurezza di sé” sono importanti requisiti per raggiungere il successo. Li sceglie così i suoi assistenti?
Strano, da un docente universitario mi aspettavo: “competenza, imparzialità, senso critico”, invece evidentemente quel trinomio “rampantista” è lo stesso per Barbero come per Cristiano Ronaldo … ed una lunghissima schiera.
Mi sentirei di dire, rovesciando il discorso, che ci vorrebbe proprio una società che non ponesse al centro come requisiti di successo “aggressività, spavalderia e sicurezza di sé”.
Inoltre, visto che la domanda posta è retorica intanto possiamo assumere che per Barbero vi sono “differenze strutturali tra uomo e donna”.
Bella ovvietà: la donna partorisce esseri umani e l’uomo no, ci saranno delle differenze? … e poi non siamo tutti, forse, diversi gli uni dagli altri ed allo stesso tempo sotto altri profili: uguali?
Le parole però si tirano dietro tutta una cultura, come dice spesso il prof. Galimberti, e la parola “struttura” è tra quelle molto gravide di significati soprattutto dopo Saussure, Levi Strauss, Althusser, Foucault … e appunto lo strutturalismo.
Cosa intende Barbero per “strutturale”?
A cosa attribuisce la supposta carenza femminile di “aggressività, spavalderia e sicurezza di sé”? Agli effetti psicologici di una diversa costituzione fisica o all’influenza delle “strutture” in senso proprio che come tali non hanno niente di fisico, ma tutto di antropologico-culturale ed anche storico?
Nel primo caso Barbero dovrebbe dimostrare che le differenze fisiche producono nell’uomo “aggressività, spavalderia e sicurezza di sé” e nella donna meno. Questo forse non sarebbe difficile, ma solo perché dalla notte dei tempi il maschio ha muscoli più forti e, dopo l’epoca matriarcale descritta da Bachofen, ha preso il potere grazie ad essi, ed allora che senso ha presentare questi caratteri come doti positive di successo, oggi?
Nel secondo caso se “strutturale” è inteso appunto in senso “strutturalista”, cioè antropologico culturale è evidente che hanno pienamente ragione le donne a dire di essere discriminate a vari livelli in una società in cui gli uomini detengono ancora la maggioranza del potere, per non parlare dei paesi più sottosviluppati dove questa sottomissione è totale in virtù della presenza di tribalismi ancora fortemente radicati.
La domanda iniziale dell’intervista era questa:
“Barbero, arrivando a oggi, come mai, secondo lei, le donne faticano non solo ad arrivare al potere, ma anche ad avere pari retribuzione o fare carriera?”
Io avrei risposto.
“Non si è mai visto nessuno ridurre di buon grado i propri privilegi, non ci sono dubbi che su scala planetaria la maggiore quantità di potere è detenuta ancora dagli uomini che faranno il possibile per non farselo strappare”, ma con una risposta simile forse nessuno avrebbe saputo della mia conferenza su Teresa di Calcutta, Caterina di Russia e Nilde Iotti.
Dispiace che la “rete” abbia promosso la cazzata a veicolo pubblicitario anche in ambito culturale.
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