Con l’avvento del nuovo governo il tema dell’autonomia differenziata ai sensi dell’art.116 della Costituzione è tornato prepotentemente in auge grazie anche all’attivismo del ministro Calderoli. Prima dell’avvento del Covid-19 il tema era già stato avviato con l’approvazione di tre distinti documenti di intesa con tre regioni richiedenti, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, questi ultimi del tutto simili e particolarmente spinti quanto a decentramento. Altre regioni, con delibere dei consigli regionali, avevano dato mandato alla giunta per iniziare a formulare le intese con lo Stato. Il nuovo governo è recentemente intervenuto con due provvedimenti, un disegno legge “Disposizioni in tema di autonomia differenziata di cui all’art.116 della Costituzione, comma terzo”, di cui è stata resa pubblica una versione quasi definitiva, e due articoli (art.141 e 143) della Legge di Bilancio 2023 (divenuti nella versione finale votata dalle Camere rispettivamente Comma 788 e i Commi 791-804).
Gli elementi salienti dello schema di Dlgs sono i seguenti. All’art.1 si fissano i principi generali per l’assegnazione delle competenze (legislative e delle funzioni amministrative) connesse con il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’art.116 della Costituzione. All’art. 2 si definiscono, in modo più preciso, le modalità procedurali di approvazione delle intese tra Stato e una Regione richiedente. All’art.3 si asserisce, in modo categorico, che la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) è condizione per il trasferimento delle funzioni di cui all’art. 117 della Costituzione, 2° comma e lettera m), tra cui sanità, assistenza, istruzione e infrastrutture di trasporti. Al riguardo, si indica un termine per questa operazione: entro 12 mesi dall’approvazione del disegno legge sull’autonomia. E’ evidente come questo sia il passaggio più delicato dell’intera procedura per arrivare all’autonoma differenziata.
Per la verità, la determinazione dei LEP è un’operazione a carattere generale, che non è quindi finalizzata esclusivamente all’applicazione dell’autonomia differenziata, in quanto definisce la responsabilità dello stato centrale nella fornitura dei servizi sociali corrispondenti. Ai LEP corrisponde, applicando i costi standard, la formazione di un fabbisogno finanziario la cui copertura potrebbe incontrare vincoli macro-finanziari, con la conseguenza di condizionare il finanziamento delle regioni. E’ la conseguenza del meccanismo di perequazione top down implicito, secondo cui viene fissato l’esborso dello Stato compatibile con gli equilibri di finanza pubblica, quindi, aggiungendo la capacità fiscale aggregata, si ha il fabbisogno finanziario da distribuire, che in generale non coincide con il fabbisogno determinato dai costi standard applicati ai LEP. Questo divario tra quota distribuita alle regioni e fabbisogno standard effettivo è già verificabile nella sanità, quando le risorse nel Fondo sanitario non sono sufficienti. Così l’attuazione dell’autonomia differenziata, secondo lo schema di Dlgs, per quanto fondata sui LEP, viene limitata dalle risorse attualmente sostenute dallo Stato per i servizi e le funzioni da devolvere.
Infine, all’art. 4, c.2 del disegno di legge si specifica che le intese Stato/Regione richiedente dovranno disciplinare, con una Commissione paritetica, le modalità di finanziamento integrale delle nuove funzioni delegate con forme coerenti con l’art.119 della Costituzione, che, appunto, fissa i principî generali delle modalità di finanziamento delle autonomie territoriali (come specificatamente richiesto dallo stesso art.116). Anche questo passaggio sembra porre un problema ostativo rilevante dato che, in effetti l’art.119, e la L.D. 42/2009 di applicazione, non hanno, a distanza di più di 10 anni, avuto seguito. Quindi il primo passo dovrebbe proprio essere la definizione del nuovo schema della finanza regionale su cui innestare il finanziamento dell’autonomia differenziata, invece di definire prima questo.
In soccorso a questa esigenza viene il PNRR che prevede, come milestone, cioè come obbiettivo qualitativo, l’attuazione della normativa sul federalismo fiscale regionale entro il 2026. Sono state poi aggiunte milestone parziali, secondo cui entro il dicembre del 2023 sarà fornito un aggiornamento della normativa e saranno individuati i trasferimenti Stato/regioni da fiscalizzare ai sensi dell’art.119, comma 3. Entro il dicembre del 2025 si avrà la definizione dei LEP e dei Fabbisogni Standard per le materie che riguardano i diritti civili e sociali ex la lettera m) del comma2 dell’art.117.
L’art.143 della LdB 2023, per accelerare i tempi della realizzazione della autonomia differenziata, istituisce una Cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che entro 6 mesi deve effettuare una ricognizione normativa sulle materie di cui all’art.116; attuare una ricostruzione della spesa storica sostenuta dallo Stato nell’ultimo triennio sulle materie da devolvere; individuare le materie riferite ai LEP e determinare i LEP stessi con il supporto della Commissione tecnica sui fabbisogni standard e sotto il vincolo dell’invarianza delle risorse finanziarie. Un vero e proprio tour de force! Meglio sarebbe stato seguire i tempi PNRR di attuazione del federalismo, simmetrico cioè applicabile per tutte le RSO indipendentemente dall’autonomia rafforzata. L’attuazione specifica della LD 42/2009 per le RSO è regolata, sia nelle fasi di transizione che a regime, dal Dlgs 68/2011, inapplicato per oltre dici anni. Ora, come detto il PNRR ha dettato tempi più espliciti, per cui la materia deve essere rimessa finalmente all’ordine del giorno.
Il Dlgs 68, in primo luogo, indica le risorse fiscali che affluiranno alle regioni come tributi specifici, ai quali si aggiungeranno i trasferimenti perequativi. In particolare, viene rideterminata l’addizionale all’IRPEF, per sostituire i trasferimenti soppressi, e introdotta una compartecipazione all’IVA riferita al territorio regionale. In merito vale la pena ricordare che nel frattempo è stata predisposta la Legge Delega sulla riforma fiscale, anch’essa una milestone PNRR. In merito ai tributi regionali questa prevede la trasformazione dell’addizionale regionale all’IRPEF in una sovrimposta sul gettito localmente riscosso del tributo sul reddito e l’abolizione dell’IRAP, senza una decisione univoca sul tributo da utilizzare in sua vece; al momento la candidata principale è un’addizionale all’IRES.
In secondo luogo, il Dlgs 68, classifica le spese regionali e istituisce il fondo perequativo sul fabbisongo, da un lato, a garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni afferenti ai diritti civili e sociali (ex art.117, 2° comma, lettera m), e dall’altro, per le altre spese per consentire una perequazione sulla capacità fiscale. Pertanto, le Spese LEP (standardizzate), destinate al finanziamento delle funzioni per il soddisfacimento di diritti sociali e civili sono coperte in primo luogo dalla Capacità fiscale, che è rappresentata da tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito, valutato ad aliquota e base imponibile uniformi, è attribuito localmente. Si tratta essenzialmente della compartecipazione all’IVA e della sovrimposta IRPEF (questa in sostituzione dell’addizionale) e il tributo che andrà a sostituire l’IRAP. A integrazione si aggiunge un trasferimento verticale a carattere perequativo sui Fabbisogni standard (FS). Le Spese non Lep, destinate al finanziamento delle altre funzioni, troveranno copertura nell’autonomia tributaria, ovvero tramite la modifica dell’aliquota base dei tributi propri, entro i limiti della legislazione statale, più un trasferimento perequativo orizzontale sulla capacità fiscale (CF). Questo schema garantisce l’equità territoriale, consentendo cioè un’eguaglianza dell’accesso ai diritti sociali e civili ai cittadini indipendentemente dalla loro collocazione geografica e PIL pro-capite, e garantisce un margine di autonomia tributaria.
In questa graduale fase di attuazione del federalismo regionale simmetrico si innesta, con l’art 143 della LdB, il processo di decentramento differenziato. Poiché, per quanto attiene alle forme di finanziamento delle condizioni particolari di autonomia devono essere coerenti con l’articolo 119, i criteri debbono attenersi alle indicazioni in precedenza descritte. Quindi per le funzioni devolute che generano nuove Spese Lep si applicherebbe una specifica maggiorazione, rispetto all’aliquota base, della compartecipazione IVA e/o una compartecipazione all’IRPEF, entrambe riferite ai territori. Per le nuove Spese non Lep la regione dovrebbe trovare il finanziamento nell’esercizio dell’autonomia di variare la propria capacità fiscale o nei risparmi generati dall’autonomia differenziata. Federalismo simmetrico e asimmetrico si fonderebbero dunque in un unico modello omogeneo di finanziamento.
In conclusione, l’autonomia differenziata per particolari funzioni che valorizzano le specificità dei territori può costituire un’opportunità per rilanciare l’istituto regionale, per lo più oggi deludente. Tuttavia, se il corrispondente finanziamento non sarà inserito in un contesto generale di riforma della finanza delle Regioni, nel solco della L.D. 42/2009, contravvenendo agli impegni PNRR, peraltro richiamati dall’art. 141 della LdB, l’autonomia differenziata non potrà assumere quell’indispensabile carattere di variazione al margine che la Costituzione intende assegnarle e non di regime speciale rivolto alle regioni richiedenti
Lorenzo Colovini
Mi piacerebbe chiedere al prof. Petretto la corretta interpretazione della frase: “Le Spese non Lep, destinate al finanziamento delle altre funzioni, troveranno copertura nell’autonomia tributaria, ovvero tramite la modifica dell’aliquota base dei tributi propri..”
Sembra di capire che mentre per le spese LEP ci sarà (ancorché attraverso i meccanismi complessi che cita) un’erogazione statale, per le non LEP le Regioni “autonomiste” si dovranno arrangiare tassando i propri cittadini e l’unica concessione che ne avranno sarà la “libertà” di aumentare la tassazione locale. Capisco giusto?