Carlo Bonomi, 54 anni, imprenditore nel settore biomedicale, fautore dell’innovazione per il mondo del lavoro e delle imprese, fortemente impegnato nel sociale, è il nuovo Presidente di Confindustria per il mandato 2020-2024.
Un’ elezione la sua che potrebbe rappresentare una forte cesura rispetto al passato del mondo confindustriale che, almeno negli ultimi tempi, non ha certo brillato per autonomia dal potere politico e spirito di iniziativa. Ora l’elezione, a larghissima maggioranza, di Bonomi può essere la svolta. Le prime indicazioni programmatiche del neo presidente vanno proprio in questa direzione. Sono, più che un programma per gli imprenditori italiani, un programma per il governo del Paese e il rilancio della sua economia. Con politiche di questo tipo l’Italia, senza colpa ferire e senza trovare nessun tipo di opposizione a livello europeo, ritroverebbe automaticamente il suo posto nelle istituzioni Comunitarie e potrebbe rivendicare un ruolo paritario con la Francia e la Germania.
Di seguito una sintesi in dieci punti delle prime indicazioni di Bonomi:
- Forte discontinuità con il passato;
- No alla politica dei bonus a tempo, a spesa sociale a pioggia, a politiche tipo Alitalia e a interventi marginali sul fisco;
- No al ruolo onnicomprensivo dello Stato;
- Riconoscimento del principio che reddito e lavoro derivano dalle imprese e dal mercato, dagli investimenti e dall’equilibrio della finanza pubblica;
- Privilegiare gli investimenti sulla spesa corrente;
- Recupero in tre anni dei punti di PIL persi nel 2020 e dei tre punti persi nel periodo 2008/2019;
- Riduzione strutturale del maxi-debito italiano attraverso un piano pluriennale;
- Maxi Piano Strategico 2030/2050 basato sul riconoscimento del ruolo centrale delle imprese per lo sviluppo del Paese e su cinque linee d’intervento qualificanti: innovazione e ricerca, capitale umano, sostenibilità ambientale e sociale, nuove forme organizzative e contrattuali e qualificazione e sostegno all’export;
- Riforma dello Stato e della P.A., il tutto incentrato sul riequilibrio delle competenze fra centro e periferia, un nuovo fisco per la crescita, un welfare centrato su i veri bisogni e un riequilibrio della spesa sociale oggi fortemente sbilanciata sulla previdenza;
- Ripensare scuola e università per stabilire nuovi obiettivi formativi rispetto al mondo attuale e alle necessità del mercato del lavoro.
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