Riaprire o non riaprire? Questo è il dilemma, se sia più nobile soffrire i colpi di fionda e dardi d’atroce fortuna o, opponendosi, por fine a essi? Se sia più giusto immunizzare la vita d’ognuno, o anche evitare che questa stessa immunizzazione, spinta oltre un certo livello, distrugga, per altri canali, quella stessa vita che vuole immunizzare dal virus? Immobilizzandola nella sua entropia e solitudine sempre più radicale? Fino a ridurla a nulla? E così nella rete della salvezza non trovare più niente. Questo, l’alto dilemma della politica, ma non all’altezza della nostra pietosa, avvilente, improvvisata classe politica, dove un ministro della repubblica che, non per caso, si chiama “Boccia”, tutto previsto dalla nascita, richiamandosi alla responsabilità di quei governatori che vogliono riaprire, “boccia”, con sussiego formalistico e neutrale, una dichiarata volontà di rinascere. Una politica incapace di prendersi una qualsivoglia responsabilità che non sia controfirmata, in attesa del verbo, peraltro diviso, della scienza medica che nulla sa della catastrofe sociale e del futuro vuoto che si prepara, e della vita che nel frattempo si distrugge. Nessuno ricerca il punto dell’unione.
Ma si dice: c’è un limite insuperabile, la sacralità della vita. No, nulla è “sacro” nel mondo, tutto è ”profano”, laico, e proprio perciò rispettato, amato nella sua profondità e varietà; profano, laico, che non significa senza valore, anzi, esso è ciò che sta fuori di un luogo consacrato e proprio perciò, e solo perciò, ha valore, e perciò vive anche nel rischio, nell’equilibrio delle necessità della vita, sia della sua “zoé” sia della sua storia, del suo “bios”.
Aprire o non riaprire?
A fronte dell’esigenza di far ripartire il Paese ancora una volta tutti in ordine sparso, regioni, ministri e associazioni di categoria.
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